di Guido e Grazia Verna

2 febbraio 2019, Presentazione di Gesù al Tempio

1. Kazhakstan: la «terra inumana» che uno straordinario miracolo ha fatto diventare umana

2. I “campi” in Kazhakstan

3. I polacchi nei “campi” kazaki

4. Il Grande Miracolo

5. Il Santuario di Oziornoje e la Regina della Pace

6. Astana, la capitale di un’altra “pace”

7. Gli altari e “Le 12 stelle nella corona di Maria Regina della Pace”

8. La stella della Regina della Pace di Oziornoje

9. La stella di Oziornoje e la preghiera corale della Polonia

5. Il Santuario di Oziornoje e la Regina della Pace

I cattolici polacchi capirono perfettamente e non dimenticarono.

E quarant’anni dopo, a maggio del 1990― quindi, solo qualche mese prima di quel fatidico 25 ottobre in cui il Kazakhstan, dopo 71 anni, avrebbe proclamato la sua indipendenza, finalmente libero dal giogo comunista sovietico ― gli abitanti di Oziornoje, dopo aver ottenuto a marzo il permesso da Mosca, cominciarono a costruire una chiesa per la loro parrocchia dedicata alla Regina della pace, che qualcuno ha poi incominciato a chiamare la “Piccola Medjugorie”. «Alla costruzione parteciparono tutti gli abitanti del villaggio, assistiti dai cattolici di altri paesi della zona. La gente di Oziornoje racconta che aiutavano sia i bambini che gli anziani, che portavano un mattone alla volta» (24).

Il tributo di onori per la Regina della pace da parte dei Polacchi non venne mai meno nel tempo, anzi si potrebbe dire che via via si è trasformato in un crescendo.

La parrocchia, negli anni della costruzione della chiesa, era affidata a un sacerdote polacco, arrivato in Kazakhstan come missionario, don Tomasz Petadestinato in futuro ad assumere incarichi sempre più importanti(25). Don Tomaszla resse fino all’agosto del 1999, quando dovette lasciarla perché nominato Amministratore Apostolico di Astana.

La parrocchia e la sua chiesa in costruzione cominciarono anzitutto a “impreziosirsi” della statua della Regina della pace, ricevuta in regalo il 14 dicembre 1991 dal sacerdote olandese don Nico Hoogland, lo stesso che per entrambe aveva proposto la dedica mariana (26). L’anno successivo, nel 1992, a lavori ancora in corso, la statua fu benedetta dal cardinale Józef Glemp (1929-2013), il primate di Polonia. Nel 1993 la nuova chiesa era finalmente terminata e il 27 giugno mons. Jan Paweł Lenga ― allora Amministratore Apostolico del Kazakhstan e dell’Asia centrale e vescovo titolare di Arba ― poté consacrarla. Era una bella chiesa bianca, con la facciata incorniciata tra due torri un po’ tozze ma che cercavano slancio verso l’alto ― forse, chissà, per assomigliare un po’ a Medjugorie… ― con il loro tetto a cuspide sormontato da una semplice e snella croce metallica.

Il 25 ottobre 1994 ancora il vescovo mons. Lenga proclamò la Regina della Pace di Oziornoje  patrona del Kazakhstan e dell’Asia centrale, mentre l’anno successivo, il 25 giugno 1995, ― il giorno della festa solenne della Regina della Pace di Medjugorie, lo stesso giorno in cui per la prima volta, nel 1981, la Madonna aveva parlato ai veggenti ― mise «il Kazakistan e tutta l’Asia Centrale sotto la [Sua] protezione [e] ogni anno il Vescovo rinnova questa consacrazione» (27).

Il 25 marzo 1996 fu dato inizio alla pratica dell’Adorazione quotidiana al Santissimo Sacramento, mentre l’anno dopo, dal 22 al 25 giugno 1997, cioè nella ricorrenza della medesima festa solenne, la parrocchia di Oziornoje fu visitata dalla statua della Madonna di Fatima. E proprio in occasione di quella visita così importante, il 24 giugno, festa di san Giovanni Battista, i fedeli cattolici di Oziornoje, a grato ricordo del grande miracolo ricevuto, alzarono al cielo la “loro” Madonna. In mezzo a quel lago ― un lago che esiste ancora, sebbene di dimensioni ogni anno variabili, e che nel 2017, nel centenario delle apparizioni di Fatima, tornò per una volta ad essere grande e pescosissimo ―, piantarono un lungo palo su cui posero la statua della Madre del Signore che teneva tra le mani una rete piena di pesci. Non era, però, una statua qualsiasi; si potrebbe dire, se mi si passa l’espressione, che si trattava di una scultura per loro assolutamente “d.o.c.” perché era stata realizzata in Polonia ed era stata benedetta nella loro patria comune solo qualche giorno prima (il 3 giugno, a Poznan) da san Giovanni Paolo II (1920-2005) durante uno dei suoi viaggi apostolici!

Poi, nel giugno 1998, il vescovo Jan Paweł Lenga consacrò una croce alta 12 metri eretta sulla vicina collina di Wołyńskiej come monumento alla memoria delle vittime del comunismo nei “campi” kazaki.

L’anno successivo, dal 24 al 27 giugno 1999, ― quindi sempre in occasione della festa della Regina della Pace ― la parrocchia accolse le reliquie di santa Teresa di Gesù Bambino.

A settembre del 2000, il Primate della chiesa polacca card. Józef Glemp visitò per la seconda volta il Santuario di Oziornoje, celebrando ― su un altare da campo posto sotto la grande Croce sulla collina ― una Messa nella cui omelia espresse «la speranza che in pochi anni la parola Oziornoje sarebbe stata pronunciata insieme alle parole di Fatima, Lourdes, Czestochowa e Guadalupa»; in quell’occasione benedisse quattro lapidi murate sul basamento della Croce, con la stessa preghiera, ma ognuna in una lingua diversa (kazako, polacco, russo, tedesco): «A Dio / Gloria al popolo / Pace ai Martiri / Il Regno dei cieli al popolo kazako / Gratitudine al Kazakhstan / Prosperità». La grande Croce, come rilevò mons. Peta, «si può dire che si trova al centro dell’Eurasia indicando verso l’Est e l’Ovest, rispettivamente, Hiroshima e Fatima» (28). In quello stesso anno, il 15 agosto, festa dell’Assunzione, prese avvio l’annuale Giornata della gioventù, con la pratica della Via Crucis che si snoda dal Santuario alla collina della grande Croce, ai cui piedi si conclude. Quel giorno, come dicevano con una punta di sano orgoglio i suoi abitanti, Oziornoje diventa “il paese più giovane del Kazhakstan”.

Un anno dopo, nel settembre 2001, i cattolici polacchi “sopravvissuti” molti non da discendenti ma ancora in vita ai tremendi gulag kazaki raggiunsero l’apice della soddisfazione per la loro fedeltà e la loro eroica capacità di sopportazione: dal 22 al 25 di quel mese, infatti, la “nuova” nazione in cui erano stati costretti a vivere ebbe l’onore di ricevere la Visita Pastorale del “loro” grande Papa! E san Giovanni Paolo II ― nell’Angelus pronunciato dopo la Messa solenne celebrata il 23 settembre nella Piazza della Madre Patria di Astana ― ricordò proprio Oziornoje e la sua Regina della Pace: «In questo momento voglio anche recarmi in pellegrinaggio spirituale al vostro Santuario mariano nazionale, situato presso Oziornoe. In esso voi, carissimi Fratelli e Sorelle, venerate la Vergine col titolo di “Regina della Pace”. Prostrato ai suoi piedi, prego per l’intera Nazione del Kazakhstan: per le sue Autorità e per i cittadini, per le famiglie, i giovani, i bambini e gli anziani, per i sofferenti e per i bisognosi» (29). In occasione dello stesso Angelus, nel saluto in lingua polacca aggiunse: «Vi voglio assicurare [ai polacchi che vivono nel Kazakhstan, ndr] che il mio cuore non vi ha mai dimenticati. Nella preghiera ogni giorno affidavo alla bontà di Dio voi e tutta la Chiesa del Kazakhstan. Oggi gli rendo grazie per voi, perché continuamente vi concedeva la potenza dello Spirito Santo, grazie alla quale avete conservato la fede dei vostri padri, nonostante prove e persecuzioni di vario genere. Anche a voi un grazie di cuore per questa fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Vi prego, perseverate nel rendere tale testimonianza» (30). 

Come già ricordato, nel 1995 il vescovo mons. Lenga aveva affidato la terra kazaka e tutta l’Asia Centrale alla Regina della Pace di Oziornoje, rinnovando ogni anno tale affidamento. Ebbene, durante la sua Visita Pastorale nel 2001, «il Papa Giovanni Paolo II ― come ricordò l’arcivescovo mons. Peta ― ha rinnovato personalmente questa consacrazione nella capitale, insieme con tutti i vescovi e sacerdoti del nostro paese, visitando spiritualmente Osornoje. Lo stesso giorno, il Papa ha designato questo luogo come il Santuario nazionale del Kazakistan» (31).

6. Astana, la capitale di un’altra “pace”

Ricapitolando brevemente, era stato nel maggio del 1990 ― l’anno in cui il Kazakhstan era tornato ad essere libero ― che gli abitanti di Oziornoje avevano cominciato a costruire la chiesa per la loro parrocchia, inaugurata poi nel 1993 e dedicata a quella Regina della Pace proclamata, nel 1994, patrona del Kazakhstan e dell’Asia centrale.

Ma un anno dopo la riconquistata libertà, nel 1991, era stato eletto Presidente del paese Nursultan Ábishuly Nazarbayev, un politico da sempre comunista, con un cursus honorum, da questo punto di vista, impeccabile (32) e quindi, presumo, con una notevole preparazione “di base” che lo avrà portato senz’altro a conoscere, studiare e apprezzare la “dottrina” comunista sul senso strumentale da dare alla parola “pace” (o a termini sostanzialmente equivalenti, come “distensione” o “coesistenza pacifica”). In altre parole, Nazarbayev aveva ben chiaro lo scopo del suo uso ricorrente, quasi ossessivo, teso a indebolirne il significato originario, fino a distorcerlo nella prospettiva comunista, per rendere più agevole la penetrazione e l’avanzata della stessa ideologia (33). Il Piccolo dizionario politico sovietico non solo non nascondeva questo fine, ma anzi lo descriveva con sintetica e esemplare chiarezza: «La distensione determina una situazione favorevole a una più ampia diffusione nel mondo dell’ideologia comunista e dei valori del socialismo, e favorisce lo sviluppo di una battaglia ideologica offensiva, nelle condizioni di una pacifica coesistenza tra stati a diverso regime sociale» (34). Dunque, non propriamente quella “pace cattolica” che il Catechismo sintetizza mirabilmente in questi termini: «La pace non è la semplice assenza della guerra e non può ridursi ad assicurare l’equilibrio delle forze contrastanti. La pace non si può ottenere sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l’assidua pratica della fratellanza. È la “tranquillità dell’ordine”. È “frutto della giustizia” (Is 32,17) ed effetto della carità» (35).

Nazarbayev spostò anzitutto la capitale da Almaty ― situata troppo al sud e troppo vicina ai confini kirghisi e cinesi ― verso il centro geografico del Paese, costruendola quasi ex novo (36) e chiamandola Astana, a prima vista con poca fantasia, dal momento che Astana in kazako vuol dire semplicemente “capitale”. Chissà ― mi chiedo ― se a muoverlo verso quella decisione, non sia stata, oltre alla considerazione geografica, anche una preoccupazione di tutt’altra natura: il rischio di lasciare l’esclusiva della “pace” alla Regina di Oziornoje! Chissà ― mi chiedo ancora ― se, tra i desideri e gli obbiettivi che si era posto quando aveva deciso di costruire dal niente questa “nuova” città, non ci siano stati anche quelli di destinarla, già da allora, a diventare non solo la capitale amministrativa del Paese, ma anche quella della “sua“ pace.

Nazarbayev ― al quale, peraltro, va riconosciuto il generoso comportamento del suo governo per il terremoto che nel 2009 colpì in Abruzzo la zona de L’Aquila (37) ― volle Astana modernissima, in qualche caso addirittura futuristica, ma al tempo stesso anche misteriosa ed enigmatica con riferimenti ispiratori “antichissimi”.

Da quest’ultimo punto di vista, senza entrare negli scivolosi terreni esoterici (38), mi limiterò a ricordare, nella prospettiva di quanto stiamo raccontando, una delle sue costruzioni più significative: il Palazzo della Pace e della Riconciliazione, forse più noto come la Piramide della Pace (39).

TalePalazzo ― progettato da uno degli studi di architettura più importanti e celebrati del mondo, quello dell’inglese Sir Norman Foster, conosciuto come Foster and partners ― fu inaugurato nel 2006, in tempo per aprire le sue porte a quel Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali che per la prima volta si era svolto ad Astana nel settembre del 2003 (40) e che Nazarbayev aveva deciso di far diventare un appuntamento fisso a cadenza triennale.  

Lo spirito che ispirò il progetto del Palazzo può cogliersi chiaramente dal sito Internet dello studio di architettura britannico: «Il Palazzo della pace e della riconciliazione è stato concepito come una sede permanente per il Congresso e un centro globale per la comprensione religiosa, la rinuncia alla violenza e la promozione della fede e dell’uguaglianza umana» (41).

La sua molteplice articolazione è poi descritta nel modo seguente: «oltre a rappresentare le fedi religiose del mondo, […] ospita un teatro dell’opera da 1.500 posti, strutture educative [per esempio, una nuova “università della civiltà” e una biblioteca] e un centro nazionale per i vari gruppi etnici e geografici del Kazakistan. Questa diversità programmatica è unificata nella pura forma di una piramide alta 62 metri con una base di 62 x 62 metri. […] [con] un vertice di vetro colorato […] La sala delle riunioni [dei delegati per le trattative di pace] si trova nella parte superiore dell’edificio, è sollevata e sostenuta da quattro pilastri inclinati ― “le mani della pace”. Gli ascensori portano i delegati in uno spazio di ricevimento simile a un giardino da dove salgono alla sala tramite una rampa a chiocciola» (42).

All’interno della Piramide ― dove, nei suoi 25 piani, trovano posto anche i luoghi di culto di tante religioni diverse (Ebraismo, Islam, Cristianesimo, Buddismo, Induismo, Taoismo ed altre)(43) ―sono inoltre identificabili tre livelli, a luce crescente: in quello più basso è situato il teatro-auditorium, in quello intermedio il Centro di ricerca delle religioni mondiali (The Research Center of World Religions) col grande tavolo circolare, in quello più alto, al vertice, la sala delle riunioni (Meeting Room) per gli incontri dei politici (per la pace ma forse non solo…), anch’essa col suo tavolo circolare ma più piccolo e con le pareti interamente vetrate ― chissà, forse perché tutti potessero ammirare anche da lontano gli sforzi per la pace e la fratellanza… ―, impreziosite da vetrofanie di enormi colombe bianche.

7. Gli altari e “Le 12 stelle nella corona di Maria Regina della Pace”

Nel 2008 i cattolici polacchi ― con un’iniziativa «[…] nata come risposta a numerosi appelli della Madonna e al desiderio di realizzare l’eredità spirituale del grande Avvocato di Pace San Giovanni Paolo II» (44) ― costituirono l’associazione “Comunità Regina della Pace”, un’opera di apostolato internazionale, che statutariamente anzitutto si poneva tra gli obiettivi il compimento di azioni finalizzate alla pace tra i popoli, alla riconciliazione tra le persone e alle buone relazioni tra le religioni, muovendosi però all’interno non di una prospettiva irenista bensì di un rigoroso quadro di “pace cattolica”. Ciò emerge con luminosa chiarezza dagli altri obbiettivi che i fondatori vollero aggiungere a quello citato: la promozione dell’Adorazione Perpetua del Santissimo Sacramento, la diffusione della devozione alla Divina Misericordia, l’indirizzo delle preghiere per la pace nel mondo alla IV Stazione («Gesù incontra sua Madre») della Via Dolorosa a Gerusalemme, la costruzione in questa IV stazione dell’altare dell’Adorazione Eucaristica. Lo spirito che avrebbe dovuto animare questa Comunità è riportato, in sintesi mirabile, nella presentazione da essa stessa redatta per la sua pagina Internet: «la vera pace è un valore conquistato non dalla forza militare, politica o economica, ma in ginocchio» (45).

L’altare situato presso la IV stazione della Via Crucis di Gerusalemme fu consacrato il 25 marzo 2009, ma successivamente fu trasferito a Betlemme nella Cappella dell’Adorazione Perpetua del Santissimo Sacramento adiacente alla Grotta del Latte vicino alla Basilica della Natività, dove fu inaugurato il 3 marzo 2016. L’opera fu ideata da Mariusz Drapikowski e realizzata ― insieme al figlio Kamil e a dodici collaboratori ― nel suo laboratorio artistico di Danzica, con lo stile particolare che gli era proprio. Un prezioso Ostensorio, costituito dal profilo della Madonna che stringe a sé l’Ostia (46), fu rappresentato nell’elemento centrale di un trittico di una pala d’altare, che, chiusa, ha una forma quadrata ricca di significati (47). Prima di volare verso la sua destinazione finale, il Trittico ― noto anche come Il Trittico di Gerusalemme ― si fermò a Roma per essere benedetto dal Pontefice, Benedetto XVI (48).

Ma questo altare della IV stazione doveva essere solo il primo di una serie di dodici altari (49), perché, secondo la Comunità, per conseguire i dichiarati obbiettivi di pacificazione era necessario che tutto il mondo fosse avvolto da preghiere e da adorazioni. Perciò l’Opera si dilatò e divenne quella che sarebbe diventata famosa con il nome The 12 Stars, cioè «Le 12 stelle nella corona di Maria Regina della Pace» (50), con chiaro riferimento alle dodici stelle della «donna vestita di sole» del Libro dell’Apocalisse di san Giovanni: «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle» (Ap12,1). Si pensò, in sostanza, all’istituzione di dodici Centri Internazionali di Adorazione Perpetua del Santissimo Sacramento per la Pace, caratterizzato ciascuno da uno specifico altare, ma tutti legati da un medesimo filo conduttore: l’Ostensorio con la Madre di Dio che stringe a sé il Figlio eucaristico per offrirlo a noi (51). 

La realizzazione di quello di Gerusalemme, dunque, rappresentò solo la prima stella. Due anni dopo, nel 2011, fu accesa la seconda presso il Santuario della Regina della Pace di Medjugorje, sempre attraverso un’opera artistica dello studio Drapikowski, questa volta un Ostensorio alto due metri donato dai pellegrini di tutto il mondo.

La scelta di Medjugorje non fu “casuale”, ma fu invece dettata dal fatto che proprio qui Piotr Ciolkiewicz, ― il giovane laico polacco che avrebbe dato il primo e decisivo impulso alla Comunità ― durante il suo pellegrinaggio del 2006 in occasione del 25 anniversario delle Apparizioni, proprio qui, come disse lui stesso, «mentre ero in preghiera nella cappellina dell’adorazione mi venne in mente un pensiero: portare questa pratica [l’Adorazione Perpetua per la pace in tutto il mondo] nella terra di Gesù». [Ibidem]

8. La stella della Regina della Pace di Oziornoje

La memoria kazaka dei cattolici polacchi, come la loro fede e la loro gratitudine, non si affievolisce col tempo, anzi sembra quasi rafforzarsi.

Se è vero che la seconda stella realizzata fu quella di Medjugorie, è vero anche che il secondo “pensiero” era stato per Oziornoje, che solo nella realizzazione sarebbe diventata la terza stella, come scrisse a marzo del 2011, lo stesso Eco di Medjugorie: «Il primo posto c’è già: Gerusalemme […]. Il secondo posto è Oziornoje, la Piccola Medjugorje Asiatica, dove è tutt’ora in corso l’Anno Mariano annunciato il 12 settembre 2010» (52).

Quando l’arcivescovo mons. Tomasz Peta chiese di inserire tra le dodici stelle  anche quella delKazakhstan, cioè la Madonna Regina della Pace di Oziornoje, Mariusz Drapikowski e i suoi collaboratori ― col loro stile inconfondibile e raffinato, quasi da orafi, che prevedeva l’uso di ambra, oro e pietre preziose ― realizzarono per il Suo altare un’enorme pala, che da chiusa formava un quadrato (con lati da due metri e mezzo), mentre, aprendosi, diventava un polittico a cinque scomparti  (largo ben sette metri e mezzo).

Mariusz Drapikowski, in un’intervista del 2012 (53), confessò come l’ispirazione per questa opera gli fosse derivata dal poema di san Giovanni Paolo II il Trittico romano. Meditazioni, in particolare dalla terza parte, quella intitolata Colle nel paese di Moria (54), il monte sulla cui sommità Dio aveva ordinato ad Abramo di condurre il figlio Isacco per sacrificarlo (55). Spiegò altresì che «l’altare mostra il messaggio del Vangelo di San Luca, il cosiddetto Vangelo della Misericordia, e contiene le reliquie dei due santi della Misericordia: Santa Faustina Kowalska [1905-1938] e il Beato Giovanni Paolo II» (56).

Quando la pala è chiusa a forma di quadrato, su di essa sono evidenti altri due quadrati, ciascuno con un cerchio inscritto, nel cui centro, costituito da un terzo cerchio, sono raffigurati, tra tanti angeli disposti sulle due circonferenze concentriche più esterne, santa Faustina Kowalska e san Giovanni Paolo II, i due grandi polacchi apostoli della Divina Misericordia. Sopra di loro, l’artista ha voluto rappresentare la Santissima Trinità, in cui, ― sono le sue parole ― «Dio Padre sorregge il corpo del Figlio tolto dalla Croce, per significare l’esaltazione di Cristo e la dimensione salvifica della sua morte» (57).  Ai quattro angoli del quadrato più grande, sempre secondo l’artista, «viene [invece]  presentata la storia di Abramo e la sua alleanza con Dio, che sono un simbolo della futura Passione del Salvatore», a conferma di come «l’ispirazione per una così vivida rappresentazione fu per me [fosse stata per lui] il Trittico romano diGiovanni Paolo II, e specialmente la sua terza parte riguardante Abramo, che è anche il patrono del Kazakistan, accanto a Maria, Regina della Pace» (58).

Quando invece la pala si apre nei suoi cinque elementi, in quello centrale, all’interno di un grande cerchio dorato, è rappresentato l’Ostensorio in cui può “leggersi” agevolmente il profilo della Madre ― anch’esso dorato, ma anche ravvivato da tante pietre multicolori ― che “abbraccia” l’Ostia con il luminoso alone bianco che la circonda e, a sua volta, è “abbracciata” da una stilizzata rete da pesca, argentea e con piccoli inserti d’ambra, a ricordare proprio il “miracolo dei pesci”. Infine, sulla figura di Maria e in corrispondenza dell’Ostia, come se scendessero da Essa, spiccano i grani rossi di una corona del Rosario, forse in ricordo dell’enciclica Ecclesia de Eucharistia: «Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia» (59).

8. La stella di Oziornoje e la preghiera corale della Polonia

L’altare di Oziornoje rappresentava la quintessenza della “polonesità”. Dopo che il Pontefice Benedetto XVI l’aveva benedetto a Roma, in san Pietro, il 10 ottobre 2012, all’inizio dell’Anno della Fede, tutta la Polonia volle inginocchiarsi davanti ad esso, per “caricarlo” delle sue adorazioni e delle sue preghiere prima che fosse trasportato presso la sua destinazione definitiva, in quella terra kazaka che era stata irrorata dal sangue di tanti propri fratelli.

Cominciò così la lunga peregrinazione dell’Altare attraverso i santuari e le cattedrali più significative della nazione polacca ― ma anche con due “uscite” in Germania, nella cattedrale di Colonia e nel santuario mariano di Altötting tanto caro a Benedetto XVI ―: da Danzica a Wałbrzych (25 novembre 2012); e poi a Krzeszów, a Wroclaw, a Oleśnica, a Luboń, vicino Poznan, a Varsavia, a Kraków-Łagiewniki, a Bydgoszcz, a Katowice, a Gniezno, a Częstochowa e infine a Lubaczów (7 maggio 2013). A Częstochowa, intanto, il 3 maggio, nel Santuario della Madonna Nera di Jasna Góra, l’Altare era stato consegnato ufficialmente alla Chiesa kazaka, con una solenne cerimonia celebrata in unione con l’Episcopato Polacco, alla presenza degli arcivescovi mons. Józef Michalik (presidente della Conferenza episcopale polacca) e mons. Tomasz Peta (Presidente della Conferenza episcopale del Kazakhstan) e dell’Ambasciatore del Kazakhstan in Polonia, Erik Utembajew.

Un mese dopo, all’inizio del giugno 2013, l’Altare arrivò finalmente in Kazakhstan. Fu affidato, per le prime e solenni adorazioni eucaristiche, alla Chiesa kazaka nella cattedrale metropolitana di Astana, durante il primo Congresso Eucaristico (6-7 luglio 2013), presente l’arcivescovo mons. Józef Kowalczyk, Primate di Polonia. Ora, finalmente, era davvero pronto per l’ultimo e definitivo trasferimento ad Oziornoje, dove, da due anni, era tutto altrettanto pronto per accoglierlo. Il 3 luglio 2011, infatti, ― nella messa solenne celebrata a conclusione del Congresso Mariano di Petropavlovsk, la città kazaka più vicina ―, il suo Santuario della Madonna Regina della pace era stato ufficialmente incorporato tra “Le 12 stelle della Corona di Maria” e, in più, gli era stato concesso il titolo di Santuario Nazionale.

Nel giugno 2014 l’altare “La Stella del Kazakhstan” fu sistemato in una cappella di nuova costruzione, perché potesse essere continuata con maggiore tranquillità la pratica ― che, peraltro, durava incessantemente dal 25 marzo 1996 ― della preghiera e dell’adorazione del Santissimo Sacramento, il cui inizio ufficiale sarebbe avvenuto un mese dopo, il 2 luglio 2014. La Stella del Kazakhstan poteva finalmente accendersi. Ad accenderla, con una solenne celebrazione eucaristica, fu il cardinale Robert Sarah, a quel tempo Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum.

Da allora, dalle porte del Santuario di Oziornoje immagino che ogni giorno esca un vento caldo e profumato: quello generato dalla Corona del Rosario, e ancor più rinvigorito, riscaldato e profumato dalla Coroncina delle dodici stelle alla Regina della Pace di san Luigi Maria Grignion de Monfort e dalla Coroncina alla Divina Misericordia di santa Faustina, che si intrecciano e si annodano tra loro ― Corona e Coroncine ― in un’unica. straordinaria preghiera.

Immagino ancora che in “quel” vento che pettina la steppa, chi ha un orecchio sensibile possa anche cogliere quel «canto in onore della Madonna, composto dopo la liberazione, […]:Nella steppa del Kazakistan mi hanno aperto le porte e li ho incontrati con il Rosario in mano», quando quella «terra inumana»diventò finalmente “umana”.

Post-Scriptum

Il 1° settembre 2018 ― a completare il peculiare legame tra la Polonia e l’Opera The 12 stars, cioè «Le 12 stelle nella corona di Maria Regina della Pace» ― un altro dei dodici altari fu inaugurato a Niepokalanów, la Città dell’Immacolata fondata da san Massimiliano Kolbe (1894-1941). L’altare ― realizzato come gli altri dallo stesso laboratorio artistico ― era stato benedetto a Roma da papa Francesco il 29 agosto 2018.

Gli autori Mariusz e Kamil Drapikowski, in un’intervista alla rete televisiva cattolica polacca EWTN, rilasciata nella Cappella dell’Adorazione perpetua di Niepokalanów prima dell’inaugurazione dell’altare, raccontarono un episodio che merita di essere ricordato. Accadde che, mentre erano in corso i lavori, il parroco don Andrew Sasiadek, trovò casualmente una lettera di san Massimiliano, fino ad allora sconosciuta, in cui il santo confidava il suo sogno di costruire una grande chiesa «[…] con una statua dell’Immacolata che, aprendo le braccia, avrebbe tenuto con amore suo Figlio Gesù nell’Eucaristia» (60), proprio come quella progettata dai due artisti. Questa lettera fu percepita sia da Piotr Ciołkiewicz, presidente della “Comunità Regina della Pace”, sia da Mariusz Drapikowski come un segno di conferma della Divina Provvidenza sulla bontà del progetto realizzato.

Guido Verna

   2 febbraio 2019, Presentazione di Gesù al Tempio

(fine)

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(24) N. Rykowska, cit., p.747.

(25) Nel 2001 – ricevuta la consacrazione episcopale da san Giovanni Paolo II – mons.Peta divenne Vescovo titolare di Astana; poi, nel maggio del 2003, fu nominato arcivescovo della nuova provincia ecclesiastica kazaka, con l’erezione dell’Arcidiocesi, sempre di Astana, intitolata alla Beata Vergine Maria. Oggi è il Presidente della Conferenza Episcopale kazaka.

(26) In tutto il paragrafo, per le informazioni sui fatti e la loro cronologia, ho fatto riferimento al sito web

https://tomaszpys.wordpress.com/oziornoje/

(27) T.Peta,  cit.

(28) Ibidem.

(29) Giovanni Paolo II, Angelus, Astana 23 settembre 2001, Piazza della Madre Patria, in occasione della Visita Pastorale in Kazakhstan e Viaggio Apostolico in Armenia (22-27 settembre 2001).

(30) Ibidem.

(31) T.Peta,  cit.

(32) Il Presidente Nursultan Ábishuly Nazarbayev, in carica dal 1991, è un prototipo esemplare di un certo  postcomunismo. Il suo cursus honorum è “ammirevole”: Presidente del Soviet Supremo della Repubblica

Socialista Sovietica Kazaka (per pochi mesi nel 1990), Primo Segretario del Partito Comunista Kazako (per due anni, dal 1989 al 1991), Primo Ministro della Repubblica Socialista Sovietica Kazaka (per cinque anni, dal 1984 al 1989), Deputato del Soviet dell’Unione del Soviet Supremo dell’URSS, appartenente al Partito Comunista Kazako (da sempre, fino al 1991), poi, dal 1999 ad oggi, al Partito Popolare democratico  (Nur Otan). Inoltre, dal punto di vista “religioso”, egli «Per lungo tempo ha professato il suo ateismo ma in seguito ha cercato di mettere in evidenza la sua “eredità culturale musulmana” sin dalla fine degli anni novanta quando cominciò a combattere impetuosamente contro il terrorismo islamico nel Kazakistan»[dal sito web https://it.wikipedia.org/wiki/Nursultan_Nazarbaev ].

(33) Pace è una classica «parola-talismano», nella prospettiva del pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira,descritta e analizzata nel suo saggio Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo, Edizione de “L’Alfiere”, Napoli 1970, cioè come uno stratagemma che«[…] consiste, essenzialmente, nell’impiegare con una tecnica accortissima certi vocaboli più o meno elastici, proprio per agire in un modo molto sui generis sulla mente di individui, gruppi o grandi collettività» (p.40). Nella Prefazione, Silvio Vitale (1928-2005), uno dei due traduttori del saggio (l’altro è Giovanni Cantoni) fa la seguente, puntuale considerazione: «[…] è un errore ritenere che il comunismo consideri preferibili, nella sua opera di sovversione e di conquista del mondo, le tecniche della violenza rispetto a quelle della persuasione. Pur adottandole entrambe, dà indiscutibilmente il primato alle seconde. E, tra le seconde, alla propaganda frontale e diretta preferisce quella indiretta ed implicita. Il motivo è in ciò che sia la violenza sia la propaganda esplicita determinano parallele reazioni di difesa e di rigetto in chi le subisce, mentre la persuasione indiretta e implicita non provoca reazioni adeguate, anzi dispone gli spiriti a sottovalutare la pericolosità della medesima» (pp.5-6).

(34) Mihail Geller – Aleksandr Nekrič, Storia dell’URSS. Dal 1917 a Eltsin, trad. it., Bompiani, Milano 1997, p. 725. La citazione completa da cui ho stralciato quanto riportato nel testo è la seguente: «Il Piccolo dizionario politico spiega, in un linguaggio accessibile a tutti i militanti del partito: ”Nelle condizioni della distensione internazionale, la lotta ideologica tra il capitalismo e il socialismo non si estingue, anzi diventa più complessa e assume forme sempre più diversificate. La distensione determina una situazione favorevole a una più ampia diffusione del mondo dell’ideologia comunista e dei valori del socialismo, e favorisce lo sviluppo di una battaglia ideologica offensiva, nelle condizioni di una pacifica coesistenza tra stati a diverso regime sociale”.

La “coesistenza pacifica” o “distensione” è ― per riprendere una delle espressioni predilette da Lenin, che amava citare quest’idea di Clausewitz ― la prosecuzione della guerra con altri mezzi.

Per l’Occidente, la “linea generale” della politica estera sovietica consisteva nella “distensione”, cioè nel fatto che la possibilità di ottenere “una pace duratura dipendeva dalla risoluzione dei problemi politici…” . Nel linguaggio politico sovietico la “pace stabile” esiste soltanto nel contesto assegnatole da Stalin, allorché intitolò l’organo del movimento comunista internazionale Per una Pace stabile, per una democrazia popolare. La “pace stabile” non è che un passo verso la democrazia popolare”».

Oltre a questa lunga citazione, ho ritenuto opportuno aggiungerne anche un’altra dal medesimo libro di  M.Geller – A.Nekrič: «L’incomprensione occidentale della politica sovietica appariva chiaramente dalla definizione datane dai due campi. “Distensione” significa “allentamento”. Invece, secondo il Piccolo dizionario politico sovietico, l’enciclopedia del propagandista di partito, la “distensione” (razrjadka, in russo) è il frutto di “un incessante rafforzamento delle posizioni del campo socialista”, una sconfitta delle “forze imperialiste”.

La “distensione internazionale” era, dunque, il nuovo nome dato a una politica le cui basi erano già state tracciate da Lenin che amava ripetere: “Non appena saremo abbastanza forti da battere il capitalismo nella sua globalità, lo afferreremo subito per la collottola”. […] Alle origini del potere sovietico, il VII congresso straordinario del partito [1918, ndr] aveva preso una decisione che diventò Poi legge per la politica estera sovietica: “Il Congresso sottolinea in particolare il fatto che il Comitato centrale autorizza a rompere in qualsiasi momento tutti gli accordi di pace con gli stati imperialistici e borghesi e, altresì, a dichiarare loro guerra”.

Il periodo di disorientamento succeduto alla morte di Stalin, acuito dalla profonda crisi economica rivelatasi durante la lotta per il potere, aveva costretto la nuova direzione a rinunciare alla politica di “guerra fredda”. La risoluzione del XX Congresso del partito (1956) proclamava: “La linea generale della politica estera dell’Unione Sovietica è stata e resta il principio leninista della coesistenza pacifica fra gli stati con diverso regime sociale”» (p. 724).

Si tratta di due citazioni, tra le tante possibili, che, pur non esaurendola, mi sembrano sufficientemente descrittive della strumentalità della parola “pace” (o “distensione” o “coesistenza pacifica”) come veniva intesa dai comunisti.

(35) Catechismo della Chiesa Cattolica, approvato in forma definitiva da papa Giovanni Paolo II il 15 agosto 1997 con la lettera apostolica Laetamur Magnopere. L’11 ottobre 1992 era stato approvato in prima stesura dallo stesso papa con la costituzione apostolica Fidei Depositum, n.2304.

(36) La città era stata fondata nel 1830, chiamandosi Akmolinsk. Successivamente, nel 1961 prese il nome di Celinograd. nel 1992 quello di Akmola, infine, nel 1997, quello attuale.

(37) Il Kazakhstan ha finanziato, con 1,7 milioni, i lavori di restauro ―peraltro conclusi solo dopo quattro anni ― nella città abruzzese dell’Oratorio San Giuseppe dei Minimi.

(38) Cfr. nel sito web  http://www.eastjournal.net/archives/4272. L’articolo di Valerio Pierantozzi segnalato con questo link è solo uno tra i tanti assumibili come esempio.

(39) Senza avventurarmi nella simbologia massonica, mi sembra però non inutile rammentare come nella tetra società totalitaria descritta nel suo famosissimo romanzo 1984, George Orwell [pseudonimo di Eric Arthur Blair (1903-1950)] immagini tutti i suoi quattro Ministeri (della Pace ― «che si occupava della guerra» ―, della Verità ― «che si occupava dell’informazione, dei divertimenti, dell’istruzione e delle belle arti», modificando continuamente il passato per allinearlo alle ultime scelte del Grande Fratello ―, dell’Amore ― «che manteneva la legge e l’ordine pubblico» ― e infine dell’Abbondanza ― «responsabile per gli affari economici») ubicati in palazzi a forma di piramide, «di aspetto e dimensioni simili» al Ministero della Verità, alto trecento metri, sulla cui facciata si potevano leggere i tre slogan propri dell’unico Partito al potere (il Socialismo inglese, che nella neolingua orwelliana è chiamato semplicemente Socing): «la guerra è pace», «la libertà è schiavitù», «l’ignoranza è forza».

(40) Nel Congresso del 2003 la Santa Sede fu rappresentata dal cardinale slovacco mons. Jozef Tomko.

(41) Nel sito webhttps://www.fosterandpartners.com/projects/palace-of-peace-and-reconciliation/

(42) Ibidem.

(43) NelKazhakstan tra i suoi quasi diciotto milioni di abitanti si contano 129 etnie e 40 religioni. Secondo il Rapporto 2018 sulla Libertà religiosa nel mondo, pubblicato dalla fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre, le religioni hanno queste consistenze: musulmani 69,5%, cristiani 26,1%, Agnostici 3,4%, altri 1%.

(44) Nel sito web della Comunità http://www.reginapacis.pl/en/association-idea/

(45) Ibidem.

(46) Mariusz Drapikowski sottolineò come la Madre di Dio rappresentasse «l’annuncio della Nuova Gerusalemme, in cui non ci sono più lacrime o pianto, l’immagine di un mondo cambiato, nuovo, che è la luce di Dio e la lampada dell’Agnello». Nel sito web

https://www.przewodnik-katolicki.pl/Archiwum/2014/Przewodnik-Katolicki-52-2014/Wiara-i-Kosciol/Nasz-Bog-jest-Panem-rzeczy-niemozliwych

(47) Cfr. nel sito web https://www.medjugorje.ws/it/echo/echo-204/ .

Nel link è descritta anche la “lettura” dell’opera, che mi piace riportare integralmente: «Vale la pena soffermarsi un po’ più a lungo nella descrizione di quest’opera, che ci conduce in un passaggio simbolico dalla Vecchia alla Nuova Alleanza attraverso un portone. Visto esternamente, infatti, il trittico sembra un grande armadio di bronzo, con delle figure in rilievo che illustrano la Gerusalemme Terrena. Al centro, il Cristo Crocefisso ed al suo fianco Giovanni Paolo II nell’atto di celebrare l’Eucaristia – il Sacrificio che è anche promessa di vita eterna. In alto, la Parusia di Cristo Sommo Sacerdote, la sua seconda venuta. “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo”. È compiendo il passaggio che si accede all’Agnello Immolato, posto al centro ― sul libro dai sette sigilli ormai aperti ― in mezzo a quattro scie di ghiaccioli di cristallo: “L’Angelo mi mostrò poi un fiume di acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dall’Agnello” (Ap 22,1).

Aprendo il trittico compiamo il nostro passaggio attraverso Cristo-Porta ed entriamo nella Gerusalemme Celeste. Subito si rivela l’atmosfera della Terra Nuova, del Cielo Nuovo, illuminata internamente da una sorgente di luce ― elemento importante nella visione di San Giovanni.

Sulle ali del trittico aperto i Due Testimoni simboleggiati da due olivi e due lampade ricordano la vocazione ed il compito di tutti i cristiani di dare una testimonianza leggibile e veritiera del proprio credo, vale a dire confessare fermamente la fede in Cristo di fronte al mondo. Il rifiuto di una tale testimonianza diventerà uno dei motivi del giudizio finale sul mondo. La sorte dei testimoni è simile al destino del loro Signore, perché sono il segno di contraddizione e compiono il sacrificio della vita, ma ricevono da Dio una vita nuova e la partecipazione alla Sua gloria.

Nella parte centrale del trittico infine c’è l’ostensorio. La sua forma richiama l’aspetto della Donna che tiene nel suo abbraccio il Cristo Eucaristico. La Donna–Maria, è la Madre del Redentore e del Popolo di Dio di tutti i tempi; ma è anche il simbolo della Chiesa che nello spazio della storia, tra grandi dolori, partorisce sempre di nuovo il Cristo. La Donna sofferente ― la Chiesa perseguitata ― appare come una magnifica Sposa in mezzo al caldo riflesso dell’ambra che la circonda.

Maria è l’annunzio della Nuova Gerusalemme dove non ci sono più né lacrime né pianto, la Gerusalemme che forma la visione del nuovo mondo trasfigurato, illuminato dalla gloria di Dio: “La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello” (Ap 21,23).

San Giovanni alla fine del suo libro ha espresso il suo desiderio ultimo e la sua attesa: “Vieni, Signore Gesù!(Ap 22, 20) Anche noi vogliamo riprendere la preghiera del “veggente di Patmos” che insieme al cristianesimo nascente gridava:Vieni, Signore Gesù! Vieni e trasforma il mondo! Vieni oggi e vinci con la pace!”.»

(48) Ognuno dei dodici altari doveva essere benedetto dal Santo Padre, perché, secondo Kamil Drapikowski, uno degli artisti che realizzano le opere, «Il momento della benedizione dell’altare è davvero unico, paragonabile al battesimo di un bambino. Dopo la benedizione, questa “nave” viaggia verso la sua destinazione e inizia a servire», aggiungendo che per loro «La gioia più grande viene dal fatto che serve, quando vediamo che le persone adorano il Santissimo Sacramento, quando i loro cuori si aprono e cominciano a ricevere la verità che Cristo è presente nel Santissimo Sacramento», nel sito web

  http://www.reginapacis.pl/en/1488-2/

(49) Dei dodici altari,nel presente scritto se ne citeranno solo quattro: quelli di Gerusalemme o Betlemme, di Oziornoje, di Medjugorie e di Niepokalanow. Altri quattro sono stati già realizzati o sono in via di realizzazione: a Yamoussoukro, capitale della Costa d’Avorio (nella Basilica di Nostra Signora della Pace); a Namyang, in Corea del Sud (nel Santuario della Madonna del Rosario); a Kibeho, in Ruanda (nel Santuario di Nostra Signora del Dolore); a Dagupan, nelle Filippine (nella Chiesa di san Giovanni Evangelista). (cfr. il sito web  http://www.reginapacis.pl/en/stars/ )

L’ubicazione degli ultimi quattro è in fase di definizione, anche se M.Drapikowski ha fatto sapere che «ci sono piani per aprire due centri di preghiera perpetua per la pace nelle Americhe e due in Oceania (in Australia e Papua Nuova Guinea)» (cfr. il sito web   http://m.ncregister.com/59021/d) .

(50) Nel sito webhttp://www.reginapacis.pl/en/association-idea/

(51) M.Drapikowski, per ciò che concerne gli ostensori, dichiarò: «La nostra ispirazione per la progettazione di questi ostensori deriva dalla lettura della Sacra Scrittura e dall’esegesi di San Giovanni Paolo II e Benedetto». Aggiunse, poi, che, durante fase di lavoro, furono celebrate nel mondo duemila messe perché gli esiti fossero stati il più possibile adeguati all’ispirazione. (cfr. il sito web http://m.ncregister.com/59021/d)

(52) Nel sito webhttps://www.medjugorje.ws/it/echo/echo-214/

(53) L’intervista è riportata in un articolo del sacerdote polacco don Mariusz Frukacz, nelsito web

https://it.zenit.org/articles/da-jasna-gora-a-czestochowa-verso-il-kazakistan/

(54) Cfr. Giovanni Paolo II, Trittico romano. Meditazioni, Libreria Editrice Vaticana, Roma 2003.

Le altre due parti si intitolano: la prima Torrente, la seconda Meditazioni sulla Genesi – Dalla soglia della Cappella Sistina. Il libro fu presentato il 6 marzo 2003 nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, con una Prolusione del card. Joseph Ratzinger e un Intervento del prof. Giovanni Reale.

(55) Nella sua Prolusione, il card. Ratzinger analizza in modo mirabile le tre parti del Poema, trovando, con la profondità teologica che gli è propria, i fili che le legano e il quadro generale che descrivono. 

(cfr. nel sito web

https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2003/03/06/0121/00333.html ).

(56) Nel sito webhttps://it.zenit.org/articles/da-jasna-gora-a-czestochowa-verso-il-kazakistan/

(57) Nel sito webhttps://www.przewodnik-katolicki.pl/Archiwum/2013/Przewodnik-Katolicki-5-2013/Wiara-i-Kosciol/Gwiazda-Kazachstanu

(58) Ibidem.

(59) Giovanni Paolo II,Ecclesia De Eucharistia, Lettera Enciclica Sull’Eucaristia nel  suo rapporto con la Chiesa, Roma 17 aprile 2003, Giovedì Santo,  Anno del Rosario, n.57. La citazione è all’interno del Capitolo sesto, intitolato Alla scuola di Maria, donna «eucaristica», dove, al n.53, può anche leggersi: «Se vogliamo riscoprire in tutta la sua ricchezza il rapporto intimo che lega Chiesa ed Eucaristia, non possiamo dimenticare Maria, Madre e modello della Chiesa. […] il rapporto di Maria con l’Eucaristia si può indirettamente delineare a partire dal suo atteggiamento interiore. Maria è donna “eucaristica” con l’intera sua vita. La Chiesa, guardando a Maria come a suo modello, è chiamata ad imitarla anche nel suo rapporto con questo Mistero santissimo». (Nel sito web

 http://www.vatican.va/holy_father/special_features/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_20030417_ecclesia_eucharistia_it.html )

(60) Cfr. nel sito webhttp://www.reginapacis.pl/en/decision-inspired-by-the-letter-of-st-maximilian-kolbe/

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