di Stefano Aviani Barbacci

Charles de Foucauld, canonizzato lo scorso anno, monaco nel deserto del Nord-Africa col nome di fratel Carlo di Gesù, in una lettera all’amico e accademico René Bazin, datata 29 luglio 1916, rispondeva alla domanda se i mussulmani delle colonie avrebbero mai potuto un giorno sentirsi cittadini francesi. Il tema è attualissimo: dopo 20 lunghissimi anni di presenza militare della NATO in Afghanistan e cifre immense spese nel controllo militare del territorio come pure in programmi di sviluppo e di modernizzazione del Paese, delle sue istituzioni e della sua cultura, i talebani entrano vittoriosi a Kabul. Peraltro bene armati di armi europee e americane (nei filmati dei TG). Uno sforzo ventennale di “democracy building” (come era solita definirlo Emma Bonino) si sbriciola nel giro di 72 ore. La “missione” dell’Occidente non ha sortito alcun risultato. In quanto ai media, ci hanno nascosto la gravità estrema della situazione fino all’ultimo giorno. Come è stato possibile questo esito? Saremo capaci di valutare criticamente quello che è accaduto? Credo che una chiave di lettura, certamente “politically uncorrect”, ma che ci viene da un santo che il mondo islamico lo conosceva bene, la si ricavi dal testo che segue (con un piccolo sforzo di attualizzazione). La conclusione di fratel Carlo, evidentemente, non ha più a che vedere con la politica o con i programmi di sviluppo o con la “democracy building”, ha a che fare con la fede e con il senso della vita (le ragioni per cui si vive) che ciascuno trae da ciò che più profondamente e intimamente crede. In cosa crede oggi l’Occidente? A questo livello si colloca la sfida…

«I musulmani potranno diventare veramente francesi? In via eccezionale, sì; ma in maniera generale, no. Molti dogmi fondamentali della religione islamica vi si oppongono. Con alcuni di questi, vi possono essere degli accomodamenti; ma con uno, quello del Mahdi, non c’è spazio di mediazione.
Ogni musulmano crede che, all’arrivo del giudizio finale, arriverà il Mahdi che dichiarerà la guerra santa e stabilirà l’Islam su tutta la Terra, dopo aver sterminato o sottomesso tutti i non-musulmani. All’interno di questa visione di fede, il musulmano considera l’Islam come la sua vera patria e ritiene che i popoli non-musulmani siano destinati, presto o tardi, ad essere sottomessi da lui, o al massimo dai suoi discendenti. Se è governato da una nazione non musulmana, egli considera questa situazione come una prova passeggera; la sua fede lo rassicura che ne uscirà e trionferà su coloro che al momento lo tengono sottomesso. Per questo, i fedeli islamici possono preferire una nazione a un’altra, possono preferire la sottomissione ai francesi piuttosto che ai tedeschi, perché sanno che i primi sono più accondiscendenti che i secondi; possono essere attaccati a questo o a quel francese, come si è affezionati ad un amico straniero; si possono battere con grande coraggio per la Francia, con sentimento d’onore e carattere guerriero, con spirito di corpo e fedeltà di parola, come i soldati di ventura del XVI e XVII secolo. Ma, in un senso più generale e senza eccezioni, finché sono musulmani, essi non saranno francesi, perché attenderanno, più o meno pazientemente, il giorno del Mahdi, quando sottometteranno la Francia. (…) In verità, il solo modo in cui queste persone possono diventare francesi, è che diventino cristiane».

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