1.    Głogowiec, 1905           

2.    Aleksandrów, 1921       

3.    Łódź, 1922       

4.    Varsavia, 1924  

5.    Skolimòw e Varsavia, 1925       

6.    Cracovia, Łagiewniki, 1926       

7.    Varsavia, ottobre 1928 

8.    Vilnius, 21 febbraio 1929          

9.    Varsavia, 11 giugno 1929         

10.   Kiekrz, 7 luglio 1929     

11.   Płock, giugno 1930      

12.   Varsavia (Via Žytnia) – Walendów, novembre 1932-aprile 1933         

13.   Cracovia, Łagiewniki 18 aprile 1933      

14.   Czestocowa, 24 maggio 1933   

15.   Vilnius maggio 1933  –  febbraio 1935   

16.   Głogowiec e Varsavia, febbraio 1935    

17.   Vilnius, Pasqua 1935    

18.   Varsavia 21-25 marzo1936       

19.   Walendow 26 marzo 1936        

20.   Derdy maggio 1936      

21.   Cracovia, Łagiewniki 1936        

22.   Prądnik, nel sanatorio tra il 1936 e il 1937         

23.   Cracovia, Łagiewniki dal 27 marzo 1937           

24.   Rabka, 29 luglio -10 Agosto 1937         

25.   Cracovia, Łagiewniki 10 agosto1937     

26.   Cracovia, Ospedale Pradnik 21 aprile 1938       

27.   Cracovia, Łagiewniki 17 settembre 1938-5 ottobre 1938, giorno della morte       

12. Varsavia (Via Žytnia)-Walendów, novembre 1932-aprile 1933

Suor Faustina lasciò Płock nel novembre del 1932, per tornare a Varsavia per i cinque mesi della terza probazione — che sarebbe durata dal novembre 1932 all’aprile 1933 —, malgrado il parere contrario delle “professe perpetue” (1) , che, avendo saputo delle apparizioni e del quadro da dipingere, «[…] l’avevano considerata un’isterica con una fantasia malata» [EC, 206], contribuendo ad aggiungere al malessere fisico, che in quel periodo già l’affliggeva non poco, anche quello psicologico.

All’arrivo nel convento di via Žytnia, Gesù le aveva inviato un messaggio rasserenante e tonificante: «Figlia Mia, desidero che il tuo cuore sia modellato secondo il Mio Cuore misericordioso. Devi essere totalmente imbevuta della Mia Misericordia» [D, 167]. Invece, quando la Madre Maestra le chiese se avesse già fatto in quell’anno gli esercizi spirituali di almeno tre giorni che erano richiesti per la probazione, per lei le cose sembrarono mettersi ancora male. Non avendo fatto tali esercizi, suor Faustina pensò allora di fruire di quelli di otto giorni che si tenevano proprio allora nella casa di Walendów, una succursale a pochi chilometri dalla casa principale di via Žytnia, dove la Congregazione aveva una grande azienda, da circa trecento ettari (2).

Il Convento di Walendów

Ancora una volta, però, l’ostile contrarietà di una «certa persona» (3) sembrava dovesse mandare all’aria il suo buon proposito. Ma siccome Suor Faustina non era “sola” — non lo fu mai, d’altronde, da questo punto di vista… —, le cose presero rapidamente un’altra piega, come racconta lei stessa: «Dopo pranzo andai in cappella per una adorazione di cinque minuti. All’improvviso vidi Gesù che mi disse: “Figlia Mia, ti sto preparando molte grazie, che riceverai durante gli esercizi spirituali che comincerai domani”. Risposi: “Ma, Gesù, gli esercizi sono già cominciati e io non debbo andare”. E mi disse: “Tu preparati, perché domani comincerai gli esercizi spirituali; e in quanto alla tua partenza ci penso Io coi Superiori”. E all’improvviso Gesù scomparve» [Ibid.]. E subito dopo la Madre Generale la chiamò per comunicarle che sarebbe stata mandata a Walendów, per cominciare gli esercizi già il giorno dopo, perché per “combinazione” — poteva andarci non da sola ma insieme a Madre Valeria, una suora anziana. Suor Faustina “capì” subito: «Riflettei un momento dentro di me e dovetti riconoscere che le faccende a questo modo le poteva risolvere soltanto Gesù» [Ibid.].

Gli Esercizi spirituali a Walendów

Il Signore — dopo averle anticipato «[…] che quegli esercizi sarebbero stati un po’ diversi dagli altri» [D, 169] — le fece anche promesse legate ad essi, molto importanti per la sua vita spirituale. Anzitutto le promise che avrebbe eliminato dubbi e incertezze e — in più — avrebbe talmente rafforzato la sua anima che, anche se avesse voluto mettersi in agitazione, non sarebbe stato più in suo «potere». Ma aggiunse un’altra straordinaria promessa: «E come prova che sono Io che ti parlo, il secondo giorno degli esercizi andrai a confessarti dal sacerdote, che tiene gli esercizi. Andrai da lui appena terminata la meditazione e gli esporrai i tuoi dubbi, quelli che hai riguardo a Me e Io ti risponderò con la bocca di lui ed allora finiranno i tuoi timori. Durante questi esercizi osserva un silenzio così rigoroso, come se attorno a te non esistesse niente» [Ibid.].

Fu talmente rigorosa nell’osservanza del silenzio da passare per un tipo molto stravagante, come lei stessa racconta: «Come capita normalmente, agli esercizi vengono suore da varie case. Una di queste suore, che non avevo visto da parecchio tempo, venne nella mia cella e mi disse che aveva qualche cosa da comunicarmi. Non le risposi niente ed essa si accorse che non volevo rompere il silenzio. Mi rispose: “Non sapevo, sorella, che lei fosse un tipo tanto stravagante”, e se ne andò. Compresi che quella persona non aveva verso di me altro interesse se non l’appagamento del suo curioso amor proprio. O Dio, mantienimi fedele» [D,171].

Il Convento di Walendów

Gli Esercizi furono predicati da un gesuita di «vastissima cultura»(4), il padre Edmund Elter S.J.(1887-1955), che le apparve come un «[…] uomo [da cui] emanava la sensazione di una profonda vita interiore [e il cui] […] aspetto rivelava grandezza d’animo [mentre] la mortificazione ed il raccoglimento erano le [sue] caratteristiche» [D,172].

Dopo tante incertezze e timori — per ultimo quello che lei stessa considera tra le «tentazioni di satana» e che racconta così: «Satana mi spinge a credere che, se i Superiori hanno detto che la mia vita interiore è un’illusione, a che scopo chiedere ancora al confessore e affliggerlo per niente?» [D,173] —, finalmente andò a confessarsi da padre Elter, che “lesse” perfettamente nella sua anima, fissando punti che saranno fondamentali per lo sviluppo futuro della sua vita spirituale(5).

Anzitutto le confermò — e fu il primo — che i «[…] i rapporti di familiarità che ha con Gesù non sono un isterismo, né un sogno, né un’illusione» [D, 174] ma sono invece “veri”, autentici. Subito dopo, le rivolse un invito, a suo modo perentorio: «Sia fedele a queste grazie: non è permesso sfuggirle» [Ibid.]. Suor Faustina aveva, però, un’altra spina conficcata nel cuore: la richiesta di Gesù di dipingere il quadro che lo raffigurasse come le appariva, un compito per il quale si sentiva giustamente del tutto inadeguata, tanto che più volte pensò di rinunciare. Padre Elter forse pensava anche a questo quando le disse: «[…] se Gesù richiede qualche cosa che è o deve avvenire all’esterno, in tal caso, dopo aver preso accordi col confessore, lei deve fare quello che Gesù chiede, dovesse costarle qualunque prezzo» [Ibid.], dandole infine un importante consiglio di “preghiera”: «[…] deve parlare di tutto col confessore. Non c’è assolutamente un’altra via per lei. Preghi, sorella, per ottenere un direttore spirituale (6), poiché diversamente sprecherebbe questi grandi doni di Dio» [Ibid.].

Appena finita la confessione, suor Faustina ne avvertì subito gli effetti positivi: la sua anima fu prima inondata di «una gioia inconcepibile» [D, 175] e poi investita dalla «presenza di Dio […] da parte a parte» [Ibid.], ritrovandosi in un attimo immersa completamente in Dio fino a sentire e distinguere «le tre Persone Divine che abitavano» [Ibid.] dentro di lei.

Una ulteriore conferma dell’importanza di quello che era accaduto durante questi Esercizi fu quello che accadde durante la messa dell’ultimo giorno, quando, per la seconda volta, apparve a suor Faustina l’immagine di Gesù Misericordioso, come racconta lei stessa: «Dopo la rinnovazione dei voti e la S. Comunione ad un tratto ho visto Gesù, che mi ha detto amabilmente: “Figlia Mia, guarda il Mio Cuore misericordioso”. Quando guardai quel Cuore SS.mo uscirono gli stessi raggi che sono nell’immagine, come sangue e acqua e compresi quanto è grande la Misericordia del Signore. E di nuovo Gesù mi disse amabilmente: “Figlia Mia, parla ai Sacerdoti della Mia insondabile Misericordia. Le fiamme della Misericordia Mi bruciano: voglio riversarle sulle anime ma le anime non vogliono credere alla Mia bontà”» [D, 177].

Il ritorno a Varsavia per la terza probazione

Conclusi gli Esercizi di Walendów, suor Faustina tornò a Varsavia, nel convento di via Žytnia, per il periodo della terza probazione (7), durante il quale il Signore la arricchì ancora di sapienza e di spiritualità.

Il Convento di via Žytnia, oggi.

Cominciò, anzitutto, a comunicarle che avrebbe dovuto «[…] stare sempre davanti a lui come vittima» [D, 135], mentre, il giorno dopo, durante l’adorazione, le avrebbe spiegato il senso del suo sacrificio. E il giorno dopo, racconta, «la presenza di Dio mi trapassò da parte a parte. In quel momento la mia mente venne illuminata in maniera singolare. Davanti agli occhi della mia anima passò una visione, come quella di Gesù nell’Orto degli Ulivi» e tutte le sofferenze fisiche, morali e «[…] quelle di cui nessuno saprà mai nulla» [Ibid.].

La scelta di suor Faustina non era, però, obbligata, bensì — come accadrà sempre dal Fiat di Maria alla fine della storia —, affidata alla sua libertà: «Gesù mi fece conoscere che, anche se non avessi dato il mio consenso per tutto ciò, avrei potuto egualmente salvarmi e non avrebbe diminuito le grazie che mi aveva concesso e che avrebbe continuato a rimanere con me negli stessi rapporti di intimità; insomma che, anche se non avessi consentito a quel sacrificio, la generosità di Dio non sarebbe diminuita per questo. Ed il Signore mi fece capire che tutto il mistero dipendeva da me, dal mio consenso volontario a tale sacrificio con piena consapevolezza della mia mente. In quest’atto volontario e consapevole c’è tutta la sua potenza ed il suo valore di fronte alla Sua Maestà» [D, 136].

Il consenso di suor Faustina — il suo Fiat personale da cui sarebbero derivati tanti frutti per il nostro tempo — fu immediato e senza ombre e segnò una svolta nella sua vita di mistica (8): «Fa di me quello che Ti piace: mi sottometto alla Tua volontà. Da oggi la Tua santa volontà è il mio cibo. Con l’aiuto della Tua grazia, sarò fedele alle Tue richieste. Fa di me quello che Ti piace. Ti scongiuro, Signore, resta con me in ogni momento della mia vita» [Ibid.]. E nel momento in cui il Signore le disse di ritenerla la «delizia del Suo Cuore», si sentì «[…] consacrata. L’involucro del corpo è lo stesso, ma l’anima è un’altra: in essa dimora Iddio con tutta la sua predilezione; non un sentimento, ma una consapevole realtà, che niente mi può offuscare», fino a concludere «Un grande mistero si è intrecciato fra di me e Dio» [D, 137].

Suor Faustina diventava sempre più grande agli occhi del Signore, ma nel silenzio del cuore continuava a tormentarla il timore della sua inadeguatezza in relazione all’immagine da dipingere: «Una notte — racconta — ero di turno e soffrivo molto interiormente per il fatto di dover dipingere quell’immagine e non sapevo proprio che decisione prendere, dato che era un continuo volermi far credere che si trattava di un’illusione, mentre un sacerdote aveva detto che forse Iddio voleva essere adorato per mezzo di quella immagine; quindi bisognava darsi da fare per dipingerla. Ma la mia anima era molto stanca. Quando entrai nella cappellina(9), avvicinai il capo al tabernacolo, e bussai e dissi: “Vedi, Gesù, quante difficoltà ho nel dover dipingere quell’immagine”. E sentii una voce dal tabernacolo: “Figlia Mia, le tue sofferenze non dureranno a lungo”»[D, 152].

E quando nel vicino convento delle Suore della Famiglia di Maria — dove con le consorelle si era recata per l’adorazione — le apparve il Signore e da Lui apprese il tremendo “prezzo” che avrebbe dovuto pagare in caso di inadempienza — «Sappi che, se trascuri di dipingere quell’immagine e tutta l’opera della Misericordia, nel giorno del giudizio risponderai di un gran numero di anime» [D,154] — ne rimase profondamente scossa e agitata, ma infine ancora una volta convinta a fare la Sua volontà: «Queste parole mi erano penetrate profondamente nel cuore. Quando tornai a casa entrai nel piccolo Gesù (10), caddi con la faccia a terra davanti al SS.mo Sacramento e dissi al Signore: “Farò tutto quello che è in mio potere, ma Ti prego, Tu rimani sempre con me e dammi la forza di fare la Tua santa volontà, poiché Tu puoi tutto ed io da sola niente”» [Ibid.].

La ricchezza spirituale di questa permanenza a Varsavia sembrava non aver fine: doveva conoscere ancora la gerarchia degli attributi di Dio, e, infine, la preghiera fondamentale da offrire per i peccatori.

Durante l’Avvento, racconta suora Faustina, «il Signore mi elargì molta luce per farmi conoscere i Suoi attributi» [D,180], per primo la Sua Santità, per secondo la Sua Giustizia, per terzo «[…] l’Amore e la Misericordia. E compresi che l’Amore e la Misericordia è [sic!] l’attributo più grande. Esso unisce la creatura al Creatore. L’amore più grande e l’abisso della Misericordia li riconosco nell’Incarnazione del Verbo, nella Redenzione da Lui operata. E da ciò compresi che questo attributo è il più grande in Dio» [Ibid.].

Poi, un giorno, continuando nella Sua azione pedagogica, Gesù volle farle conoscere «l’amore di cui arde il [Suo] Cuore verso le anime» [D,186], anticipandone carisma e missione: «Invoca la Mia Misericordia per i peccatori; desidero la loro salvezza. Quando reciterai questa preghiera con cuore pentito e con fede per qualche peccatore, gli concederò la grazia della conversione» [Ibid.].E per la prima volta le insegnò la piccola preghiera che sarà poi recitata in tutto il mondo: «O Sangue e Acqua, che scaturisti dal Cuore di Gesù come sorgente di Misericordia per noi, confido in Te»[D,187, sottolineatura mia].

Nel periodo di Natale, il Signore aveva fatto sentire ancora una volta la Sua considerazione a suor Faustina, con questa affettuosa richiesta: «Voglio che tu Mi faccia compagnia, quando vado dalle ammalate» [D,183]. Ma per le suore che come lei appartenevano al “secondo coro” (11) non era previsto che potessero accompagnare il Santissimo Sacramento. Come aveva immaginato suor Faustina, ci pensò Gesù a sciogliere i nodi: e qualche minuto dopo, Madre Raffaella andò da lei per comunicarle che era stata scelta per quella mansione. «E per tutto il tempo della probazione — annotò compiaciuta suor Faustina — andai sempre, con la candela, a far compagnia al Signore e, in qualità di cavaliere di Gesù, procurai di cingermi sempre con una piccola cintura di ferro (12), dato che non sarebbe stato indicato andare vestita come al solito a fianco del Re. E quella mortificazione l’offrii per gli ammalati» [Ibid.].

Una volta, durante un’adorazione, il Signore le chiese di offrirsi «come vittima per una sofferenza, che doveva servire di riparazione nella causa di Dio, non solo in generale per i peccati del mondo, ma in particolare per le mancanze commesse in questa casa» [D,190]. Rispose che era pronta, ma Gesù le fece conoscere i patimenti che avrebbe dovuto soffrire, per cui, «per un momento la mia [sua] natura rimase spaventata» [Ibid.].

In fondo, però, non aveva deciso se accettare o meno il sacrificio richiestole da Gesù, scegliendo di rimettersi alla Sua volontà, pronta comunque a compierlo se lo avesse confermato. Ma il Signore non coarta mai la libertà delle sue creature: come sempre, pretende la loro accettazione, il loro Fiat personale. Caso mai, come fece con suor Faustina, aiuta a “capire” il valore del Fiat, di ogni Fiat: «il Signore fece capire che ero io a dover essere spontaneamente d’accordo ed accettarlo pienamente consapevole, poiché diversamente in questo caso non avrebbe avuto alcun significato. Tutto il suo valore consisteva nel mio atto volontario di fronte a Lui»[Ibid.].

Ma le fece “capire” e “conoscere” anchela responsabilità che deriva dalla libertà delle creature umane. Suor Faustina dimostrò subito di aver capito “bene”: «nello stesso tempo il Signore mi fece conoscere che dipendeva da me: potevo farlo, ma potevo anche non farlo. Ed allora risposi: “Gesù, accetto tutto, qualunque cosa Tu voglia mandarmi; confido nella Tua bontà” » [Ibid.].

Dette presto prova della sincerità di questa sua decisione quando accettò «di subire la spaventosa tentazione» — quella del suicidio — che tormentava una delle educande nella casa di Varsavia. Cessò di soffrire solo quando Gesù, dopo sette giorni, concesse la grazia alla ragazza tormentata [cfr. D, 192]. L’atteggiamento di farsi carico delle sofferenze delle ragazze le era, peraltro, consueto: «Prendo spesso su di me i travagli delle nostre allieve. Gesù me lo permette e lo permettono anche i confessori» [Ibid.].

Suor Faustina partì da Varsavia il 18 aprile 1933, diretta al convento di Łagiewniki a Cracovia, dove l’aspettava il turno di Esercizi spirituali preliminare al suo grande “passaggio di stato”: i voti perpetui. A Varsavia, aveva incominciato a vivere da “vittima sacrificale” per la Misericordia di Dio, facendosi carico delle sofferenze degli altri.

(continua)

Guido Verna

luglio 2016

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[D, num] Tutte le citazioni indicate con D e un numero, si riferiscono a Santa Maria Faustina Kowalska, Diario. La misericordia divina nella mia anima, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004 e alla sua articolazione. Mi riferisco allo stesso libro quando scrivo semplicemente Diario. Le frasi in grassetto compaiono nell’originale.

[EC, num] Tutte le citazioni indicate con EC e un numero (di pagina), fanno riferimento  a Ewa Katarzyna Czaczkowska, Suor Faustina Kowalska. Biografia di una santa, San Paolo, Cinisello Balsamo 2014.

(1) Il parere delle “professe perpetue”, cioè delle suore che avevano già presi i voti perpetui, era necessario ma non vincolante, cioè con solo valore consultivo. La decisione ultima era demandata alla Madre generale e al consiglio della Congregazione.

(2) L’azienda agricola di Walendów che, oltre ai terreni, comprendeva anche un mulino, gli edifici agricoli e l’abitazione — era stata regalata alla Congregazione della Beata Vergine Maria della Misericordia dal conte Gustaw [Karol Józef, (1850-1909)] Przeździecki nell’anno 1896.

(3) Suor Faustina non fece il nome di chi le era ostile, ma nel convento tutti la identificavano in Janina Bartkiewicz [cfr. EC,115], una suora anziana che la umiliò più volte.

(4) Ludmiła Grygiel, Misericordia Divina per il mondo intero. La mistica di Santa Faustina Kowalska, Cantagalli, Siena 2003, p.34. In nota, nella stessa pagina, l’autrice traccia questo breve profilo biografico di padre Elter: «Era indubbiamente il più istruito confessore incontrato da suor Faustina Kowalska. Aveva conseguito gli studi umanistici, teologici e giuridici a Varsavia, a Parigi e a Roma. Per molti anni insegnò teologia morale, omiletica e retorica alla Pontificia Università gregoriana. Mentre negli anni 1932-1935 soggiorno in Polonia, spesso predicava gli esercizi spirituali». Padre Elter morì’ a Roma il 27 agosto 1955

(5) Molti anni dopo questa confessione, padre Elter avrebbe scritto così di suor Faustina: «Quanto mi diceva e il modo in cui lo diceva, destarono in me la convinzione di aver a che fare con un’anima veramente eletta dal Signore Gesù. Fece su di me l’ impressione di “una santa”. Benché nel corso di oltre trent’anni della vita sacerdotale ho incontrato molti anime di grande santità, mai eccetto un altro caso– ho sperimentato una simile impressione di santità della persona con cui avevo parlato» [Ibid., nella stessa nota].

(6) Le preghiere furono accolte: il direttore spirituale, nella persona del beato don Michael Sopocko [(1888 -1975), beatificato  nel 2008] sarebbe arrivato qualche tempo dopo, provvidenzialmente “tagliato” per il ruolo da svolgere in relazione alla diffusione del culto della Divina Misericordia.

(7) Durante questo periodo, suor Faustina svolse la funzione di aiuto “suora-guardarobiera”. Per “guardaroba” si intendeva il magazzino dei capi di vestiario delle suore, corredato di un laboratorio di cucito, rammendo e riparazione dei capi usurati.

(8) «Maria Tarnawska, nel suo libro su suor Faustina, afferma che il momento in cui acconsentì a diventare una vittima e Dio accettò il suo consenso a unirsi a Lui il sacrificio per i peccatori, rappresentò una svolta nella sua vita mistica. Da quel momento Dio l’avrebbe fatta entrare “sempre più profondamente nell’essenza di quel rapporto” e avrebbe sviluppato “in lei la capacità di sacrificarsi in modo incondizionato”. Suor Faustina offrirà dunque in sacrificio per le colpe degli altri tutte le sue sofferenze fisiche e morali». [EC, 117-118]

(9) «Nel convento c’era una cappella grande, un po’ distante dall’abitazione delle suore, perciò ne era stata approntata un’altra più piccola, che le suore chiamavano “la cappellina” o “il piccolo Gesù”» [Nota 19, nel Diario, in corrispondenza del paragrafo 18].

(10) Vedi nota (9).

(11) La Congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia (CSBVMM) divideva le suore «in due cori, le così dette direttrici e le coadiutrici. Sull’appartenenza al coro decideva la Direzione della congregazione in base al grado di istruzione, all’età ed alle qualità della candidata. Compito delle suore direttrici era la direzione della congregazione e la conduzione degli istituti penitenziari. Le suore coadiutrici invece dovevano essere d’aiuto e dedicarsi prevalentemente ai lavori manuali» [Nota 134, nel Diario, in corrispondenza del paragrafo 183].

(12) «La “cintura di ferro” era una cintura speciale fatta con una rete pungente di ferro, che veniva usata come strumento di penitenza. Le suore potevano portarla solo col permesso della superiora e per un tempo limitato» [Nota 135, nel Diario, in corrispondenza del paragrafo 183].

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