di Grazia e Guido Verna, giugno 2007
Dopo Kalwaria, ci dirigiamo verso Dębno, un villaggio del comune di Nowy Targ, nel sud della Polonia, nella regione del Podhale, ai confini con i monti Tatra, dove è possibile ammirare le più antiche chiese di legno di questo Paese. L’ormai amico tassista non le conosce e sembra piuttosto stupito della nostra richiesta di visitarle. Gli mostriamo, allora, un numero della rivista “Bell’Europa”, che abbiamo conservato da qualche anno proprio perché speravamo in questa visita. Zbigniew guarda, meravigliato, le foto, ma non ci pare granché convinto. Essendo però ormai arrivata l’ora di pranzo, ci invita ad una sosta per mangiare qualcosa. Accettiamo ben volentieri la sua proposta. Dopo un po’, quindi, si ferma davanti ad una specie di chalet, tutto di legno sia all’esterno che all’interno. Il ristorante si chiama Karczma Bida ed è molto carino e accogliente, con l’arredamento rustico, costituito da tavoli massicci, cassapanche, credenzine artigianali e attrezzi contadini alle pareti. Le grandi travi, ovviamente sempre di legno, e l’ampio camino rendono l’ambiente ancora più caldo e familiare. Ci sediamo, contenti per questa inaspettata e gradita sorpresa e Zbigniew ordina anche per noi: zuppa di barberosse, pirogi (ravioli ripieni di carne), agnello, tutto squisito, servito con tanto garbo e gentilezza da due ragazze in costume.
Riprendiamo il cammino fra qualche incertezza riguardo alle strade da percorrere e ai luoghi da raggiungere [non era ancora arrivato il tempo di internet e del navigatore, allora c’erano solo le “cartine”, ndr]. Le chiesette si trovano, infatti, in mezzo alle campagne, che si estendono in pianure fertili e appaiono tutte ben coltivate e curate. La nostra prima meta è la chiesa di S. Michele Arcangelo, la più antica: è lì che siamo diretti; nel frattempo sfogliamo la rivista e rivediamo la foto del parroco, padre Władylasw, seduto fra le panche. Se siamo venuti fin qui è anche per conoscerlo e per affrontare la stessa prova a cui padre Władylasw sottoponeva i turisti per verificare la loro “preparazione” e che ce lo aveva fatto diventare tanto simpatico. La prova consisteva in questo: chiedeva il loro aiuto per trovare almeno una reliquia del patrono di quel luogo santo. Avremmo risposto bene, se non altro perché, qualche anno prima, ci era capitato di assistere personalmente, nel santuario di S. Michele sul Gargano, ad un episodio analogo: un pellegrino, devoto e zelante, che chiedeva con garbo ma con insistenza al venditore di ricordini dove fosse sepolto il corpo del santo; e il venditore di ricordini infine rispose, ma a voce bassa, forse per rispetto del pellegrino: «Ma era un angelo, signore…».

Arriviamo in un piccolo agglomerato rurale, dove il tempo sembra essersi fermato. Le donne, umili contadine, ci osservano con grande attenzione; sui loro volti, scavati dalle rughe e dal tempo, stupore, curiosità e sorrisi. Finalmente ci siamo; dopo qualche incertezza e inversione di marcia, sembra impossibile, ma la foto del giornale prende consistenza, diventa viva e reale. La chiesetta del 1400, nella sua semplice architettura gotica, costruita di solo larice, senza nemmeno un chiodo di ferro, si staglia davanti a noi, con il suo tetto di assicelle di legno e la guglia affusolata. All’esterno notiamo un certo movimento, che ci garantisce che non è chiusa; mentre ci avviciniamo, guardiamo con ammirata curiosità il rosario formato da grandi sassi, adagiato sul prato verde circostante.


Ecco, c’è un matrimonio! Le ragazze, ai lati del vialetto, ognuna con un mazzo di fiori in mano, aspettano che escano gli sposi. I racconti delle badanti polacche delle nostre mamme prendono vita in queste immagini, che sembrano di altri tempi. Lei in bianco lungo, lui in grigio, ormai moglie e marito per sempre davanti a Dio, sorridono felici, anche a noi, testimoni inconsapevoli del loro sì.


Ora possiamo entrare, quasi soli, con il parroco, che però non è più il nostro “caro” padre Wladyslaw, ma è molto più giovane. Il prete comincia a parlare, naturalmente in polacco, e Zbigniew diventa il nostro interprete. Veniamo a sapere, così, che il primo spazio in cui ci troviamo, con semplici panche, è riservato rigorosamente agli uomini, separato da una parete di legno dalla chiesa vera e propria, a cui è possibile accedere attraverso un piccolo varco centrale. Lo superiamo e ci troviamo immersi in un’oscurità in cui risaltano con straordinario vigore, fino a prendere vita, i meravigliosi dipinti del soffitto e delle pareti. La spettacolare policromia [1] dei 33 colori, misteriosamente intatta nello scorrere dei secoli, forma 77 motivi geometrici e floreali che si rincorrono, si intersecano, si accarezzano in una indescrivibile armonia. Sotto il soffitto, spicca la trave centrale che sostiene l’antico crocifisso [2], realizzato nella forma naturale di un tronco, chiamato “l’albero della vita“. Nella semplicità della scultura, ci colpisce l’intensità dell’espressione di quel volto triste e dolente. Ai lati, la Madonna e S. Giovanni, presenze rassicuranti, che sembrano attutire lo strazio della crocifissione.



Ammirati da tanta antica e povera bellezza, quasi increduli per essere qui, seguiamo le spiegazioni del parroco, che il nostro amico ci traduce, presentandoci anche il meraviglioso trittico sopra l’altare maggiore; con il suo fondo in oro, è il punto più luminoso e brillante della piccola e oscura chiesa. La scena centrale rappresenta la Sacra Conversazione fra S. Michele, raffigurato come un cavaliere con spada e bilancia, la Madonna con il Bambino e S. Caterina [3]. Il tema della Sacra Conversazione [4] ci ha sempre affascinato molto. Ci viene da pensare alle parole, alle espressioni, agli sguardi muti e radiosi che i personaggi si scambiano, al loro linguaggio modulato in toni di celesti armonie, di lodi divine, di sussurri dolcissimi.


Ma le sorprese della “chiesa di legno” non sono finite…
(continua)
Grazia e Guido Verna
giugno 2007
………………………
[1]Nella descrizione della “nostra” chiesa proposta dalla parrocchia e presente oggi su Internet, si legge così: il “policromo” «Risale al 1500 circa e copre quasi tutto l’interno della chiesa. È realizzato in 33 colori e contiene fino a 77 temi in 12 disposizioni. I più comuni sono gli ornamenti floreali e geometrici, oltre a fili figurativi e animali, principalmente cervi. Le raffigurazioni di figure armate su cavalli che inseguono un cervo, S. Giorgio in abiti cavallereschi che uccide il drago e l’aquila jagellonica».
Il link di riferimento è http://podrozestarszegopana.radom.pl/debno/index.html
[2] Nella stessa descrizione, l’antico Crocifisso è descritto così:«È probabilmente il monumento più antico della chiesa e proviene dalla chiesa precedente. Le sue braccia sono i rami naturali dell’albero. Alle loro estremità e in basso ci sono tre scudi circolari con gli emblemi degli Evangelisti. Su entrambi i lati del crocifisso sono presenti figure lignee della Madre di Dio e di S. Giovanni Evangelista. Secondo la leggenda, il crocifisso fu portato dal fiume e depositato sulla riva, e da lì fu trasferito nella chiesa».
[3] Sempre nella medesima descrizione, per la Sacra conversazione può leggersi questo: «L’altare maggiore. Si tratta di un trittico del primo quarto del XVI secolo, uno dei monumenti più preziosi della pittura gotica su tavola. Il dipinto principale mostra la Madre di Dio con il bambino Gesù circondato da S. Michele Arcangelo con spada e bilancia e S. Caterina d’Alessandria. È una composizione comune nel Medioevo chiamata Sacra Conversazione. Nei quattro pannelli laterali, sono rappresentati a sinistra S. Giovanni Evangelista e S. Stanisław e a destra S. Giovanni Battista e S. Nicola.»
Il link di riferimento è http://podrozestarszegopana.radom.pl/debno/index.html
[4]«L’iconografia della Sacra conversazione è la rappresentazione della Madonna in trono, circondata da santi e talvolta alla presenza del donatore o dei donatori del dipinto. Può anche rappresentare un colloquio su temi dottrinari e teologici, in presenza della Vergine Maria con il Bambino Gesù.
Esempi – L’opera che probabilmente è il primo esempio di questo tema è la Pala di Annalena del Beato Angelico (1430-1440 circa); secondo altri storici dell’arte è la Madonna del canonico van der Paele di Jan van Eyck (1436) o la Pala di Brera di Piero della Francesca (1472-1474)». (Da Wikipedia, voce Sacra conversazione)
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