di Grazia e Guido Verna, giugno 2007
7. Kalwaria Zebrzydowska e il «grande Mistero della fede, che nasconde dentro di sè»
«Più spesso, però, venivo qui da solo e, camminando lungo le stradette di Gesù Cristo e di sua Madre, potevo meditare i loro santissimi Misteri, e raccomandare a Cristo, mediante Maria, i problemi particolarmente difficili e di singolare responsabilità nella complessità del mio ministero. Posso dire che quasi nessuno di questi problemi è maturato se non qui, mediante l’ardente preghiera dinanzi a questo grande Mistero della fede, che Kalwaria nasconde dentro di sé». [1] (San Giovanni Paolo II)
Giovanni Paolo II, nel 1979, in occasione della visita al “nostro” Santuario Mariano cominciò così il suo discorso: «Non so addirittura come ringraziare la Divina Provvidenza, che mi è dato ancora una volta di visitare questo luogo. Kalwaria Zebrzydowska, il Santuario della Madre di Dio, i luoghi sacri di Gerusalemme legati alla vita di Gesù e della sua Madre, riprodotti qui, le cosiddette “Stradette”».

A «questo luogo», Karol Woityla era particolarmente affezionato, da quando, arcivescovo di Cracovia, «le decisioni più difficili le portava spesso [qui] […], dove lo si vedeva spesso camminare su e giù, rosario in mano, sviscerando un problema nella preghiera» (p. 232).
In più, non mancava mai, sia da sacerdote, sia da vescovo, alle due grandi rappresentazioni sacre (durante la Settimana Santa e ad agosto, per la Dormizione e l’Assunzione di Maria), che si svolgevano in «questo luogo» e che tanto disturbavano i “governanti di allora” e che tanto restavano incise nelle menti e nei cuori dei fedeli polacchi. [2]
Non potevamo non visitare, anche se un po’ di corsa e in modo sommario, «questo luogo», innanzitutto per la devozione verso il “Papa polacco”, ma un po’ anche per le “belle” storie connesse alla sua fondazione.
Una volta i governatori erano felicemente “diversi”. Nei primi anni del XVII sec., il voivoda (governatore) di Cracovia, Mikołaj Zebrzydowski — dopo che sua moglie aveva avuto una visione di Cristo — fece costruire sul monte Żarek una cappella dedicata alla Crocifissione del Signore, per un motivo che oggi per molti può apparire totalmente incomprensibile: la fece costruire perché la sua famiglia, durante la Quaresima, potesse disporre di un luogo in cui fosse possibile pregare con più concentrazione e, quindi, più intensamente, come richiedeva il periodo liturgico “forte”. Successivamente, fece erigere una cappella dedicata alla Tomba del Signore e poi via via altre sedici. [3]

Ma non erano solo i governatori di una volta ad essere felicemente “diversi”: lo erano anche i loro figli. Come Jan, il figlio di Mikołaj, che, morto il padre nel 1620, in una ventina d’anni, fece costruire altrecinque cappelle “passionali” e otto cappelle mariane; ampliò e migliorò qualcuna delle cappelle costruite dal padre; infine, costruì la cappella del Ritrovamento della Santa Croce e l’Eremo di Sant’Elena. [4]
Anche il figlio di Jan, Michał Zebrzydowski come il nonno, si occupò del convento e fece costruire una cappella per il quadro miracoloso della Madre di Dio.
Kalwaria Zebrzydowska nacque, dunque, come un santuario della Passione, come memoria del Calvario. Il culto mariano sopravvenne solo successivamente, dopo che il nobile Stanisław Paszkowski aveva portato nella chiesa di Kalwaria l’immagine della Madonna col Bambino che il 3 maggio 1641 aveva lacrimato sangue.

Kalwaria Zebrzydowska non è, comunque, solo la Via Crucis e la Via Matris che si incrociano e quasi si abbracciano, non è solo le “chiesette” e le “stradette” ma è anche la grande basilica dedicata a Santa Maria degli Angeli e il convento dei Frati Bernardini [così in Polonia vengono chiamati i Frati Minori della Regolare Osservanza, ndr], che ebbero in affidamento la Basilica fin dal 1604, cioè dalla sua fondazione, addirittura dal voivoda Mikołaj Zebrzydowski (come è riportato da un documento firmato presso il castello reale di Wawel nel dicembre 1602).
Entriamo nella grande basilica: nel suo interno barocco, possiamo ammirare, sull’altare principale, quell’immagine in argento della Vergine che è molto venerata in Polonia, com’è evidente dalla devozione dei tanti pellegrini, che, in ginocchio e in religioso silenzio, La pregano intensamente. Anche noi tre — ormai siamo in tre…— ci soffermiamo a lungo davanti a quella dolcissima materna presenza, per poi uscire sulla spianata del Paradiso, davanti alla chiesa, dove si radunano i fedeli al termine della lunga Via Crucis.


Ci piacerebbe percorrere almeno un po’ dei sei chilometri del suo sviluppo, magari per avvertiremeglio il«grande Mistero della fede, che Kalwaria nasconde dentro di sé» ma il rapido e preoccupato sguardo di Zbignew al suo orologio, ci fa capire che oggi non è proprio possibile farlo, perché le “vecchie chiese di legno” sono ancora lontane.
Mentre andiamo via, ci viene da pensare a quelle dieci “chiesette”, comuni alle due vie, la via di nostro Signore e la via di nostra Signora, che simboleggiano l’intrecciarsi delle vite di Gesù e Maria. In particolare, ci piacerebbe vedere quella a forma di cuore (almeno così abbiamo letto in qualche guida), eretta per ricordare l’incontro del Salvatore con la Madre, lungo il cammino del Calvario.


San Giovanni Paolo II ai visitatori come noi aveva fatto una richiesta:«a tutti coloro che qui continueranno a venire, chiedo di pregare per uno dei pellegrini di Kalwaria, che Cristo ha chiamato con le stesse parole dette a Simon Pietro: “Pasci i miei agnelli… Pasci le mie pecorelle” (Gv 21,15-19). Vi chiedo: pregate per me qui durante la mia vita e dopo la mia morte».
Saliamo in macchina felici di averlo fatto.
(continua)
Grazia e Guido Verna
giugno 2007
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Le indicazioni di pagina senza altra indicazione si riferiscono a brani tratti da:
George Weigel, Testimone della Speranza, 1999, Mondadori, Milano
[1] Giovanni Paolo II, Discorso in occasione della Visita al Santuario Mariano diKalwaria Zebrzydowska, 7 giugno 1979 [durante il suo Pellegrinaggio Apostolico in Polonia (2-10 giugno 1979)]. Tutte le citazioni di san Giovanni Paolo II che si trovano nel paragrafo hanno la medesima origine.
Il testo completo è riportato nel link seguente:
[2] «Quella del Venerdì Santo è stata immortalata dal regista Krzysztof Zanussi nel suo film Da un paese lontano (1981), in cui narra la vita di Karol Wojtyla» (Guida verde Touring Club Italiano, Polonia).
[3] Le sedici cappelle — che rappresentano il Palazzo di Pilato, il Sepolcro del Signore Gesù, il Giardino degli Ulivi, la Cattura di Gesù Cristo, la Casa di Anna, la Casa di Caifa, il Palazzo di Erode, il Sepolcro della Madre di Dio, la Casa della Madre di Dio, il Carico della Croce, l’Ascensione, il Cenacolo, il Cuore di Maria, la Seconda Caduta (Portale Occidentale), San Raffaello, l’Eremo dei Cinque fratelli polacchi con la cappella della Santa Maria Maddalena — non sono propriamente le consuete stazioni della Via Crucis, ma sono evidentemente tutte legate alla Passione del Signore.
[4] Dalla nostra Guida “ufficiale” leggiamo: «Lungo il colle del santuario si dispongono le 42 cappelle della Via Crucis, che riproducono edifici di Gerusalemme sulla via del Calvario, secondo la descrizione datane dall’olandese Christian Adrian Cruys (Cristianus Adrichomius) alla fine del XVI secolo» (Guida verde Touring Club Italiano, Polonia). I conti non tornano e non abbiamo tempo (ce ne vorrebbe proprio tanto!) per verificare chi abbia ragione.
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