di Grazia e Guido Verna
2. Il Wavel e la campana di Sigismondo
Ora ci attende il Wavel, il cuore antico di Cracovia e il luogo più famoso della Polonia, soprattutto per il suo valore simbolico; qui, infatti, sono stati incoronati e riposano quasi tutti i re polacchi.
La leggenda della fondazione della città narra che proprio in questo punto, sulla collina dominante un’ansa sulla Vistola, il leggendario Krak, principe e capo di una tribù slava (o il ciabattino Skuba, come riporta un’altra versione) uccise il drago che imperversava in un villaggio vicino, con uno stratagemma: un montone svuotato e riempito di zolfo, che il mostro ingurgitò in un solo boccone. Fu preso poi da una tale sete che corse in riva alla Vistola e bevve tanto fino a scoppiare.
Percorriamo la strada regale, la Droga Krolewska, viale dei solenni cortei dei sovrani, lungo il quale procedevano le cerimonie di incoronazione o si celebravano vittoriose campagne militari. Anche noi, per un attimo, ci sentiamo importanti come re, anche se, dopo aver camminato per un tratto, con la solennità che il luogo impone, troviamo molto più comodo noleggiare un bici-taxi.
Giungiamo sotto la fortezza che si erge su un colle calcareo, maestosa e consapevole della sua grande storia. Entriamo nella cattedrale dei Santi Venceslao e Stanislao, costruita fra il 1340 e il 1364, stracolma di opere d’arte, che, con le sue venti cappelle e la cripta, costituisce il più ricco e grande museo della Polonia, oltre che una sorta di Pantheon nazionale. Arazzi, sarcofagi, monumenti funerari di re, santi, poeti, eroi nazionali. Sotto la crociera, è il mausoleo del vescovo Stanislao (1079), con il sarcofago d’argento che contiene le reliquie del santo Ci fermiamo devoti davanti al Crocifisso Nero (alto quattro metri, del 1380) della regina Edvige che sembra avesse con lei ripetuti colloqui [1]. Lo preghiamo di far giungere la sua voce fino a noi. [Considerata la sua attualità, ci permettiamo un inciso, per qualcosa che farà arrabbiare un po’ i boldrinisti e che abbiamo scoperto solo oggi dalla voce Wikipedia Edvige di Polonia: «Edvige di Polonia, nota anche come Edvige d’Angiò o Jadwiga (Buda, 1373-1374 – Cracovia, 17 luglio 1399), fu regina (ufficialmente, però, il suo titolo era “re” anziché “regina”, per indicare che regnava per suo diritto e non in quanto consorte di re) di Polonia di origine ungherese» (ndr)]
Sostiamo davanti alla cappella di Sigismund, con la sua magnifica cupola dorata. Scendiamo nella cripta delle tombe reali, dove il 2 novembre 1946 il sacerdote Karol Wojtyla celebrò la sua prima Messa, anzi le sue tre prime Messe, perché questo è concesso nella solennità dei morti, giorno di più intensa preghiera per i defunti.
San Giovanni Paolo II, nel giorno della sua Ordinazione Presbiterale
Il sacerdote appena ordinato scelse la piccola cappella di San Leonardo, dell’Xl secolo, «per sottolineare il suo particolare legame spirituale con la storia della Polonia e per rendere omaggio a re, regine, vescovi, cardinali e poeti sepolti lì accanto, che hanno avuto un’importanza enorme per la sua formazione cristiana e patriottica. Alla presenza di qualche amico e dei resti mortali del re Giovanni Sobieski […] e del principe Jozef Poniatowski, don Woytila, con indosso i paramenti neri prescritti per quella giornata, offrì le tre Messe per il riposo delle anime della madre, del fratello e del padre» (p.102). Nella sua mente, i ricordi di una storia grande e dolorosa, di invasioni e saccheggi, di eroiche difese, ma in particolare la memoria di un giorno, scolpita a caratteri di fuoco: era il l° settembre l939. «Quella mattina Karol Wojtyla uscì di buon’ora dalla sua casa in via Tyniecka a Debniki, e si avviò verso la cattedrale. Era il primo venerdì del mese e, secondo l’usanza cattolica e la sua personale consuetudine, andava a confessarsi da padre Kazimierz Figlewicz, per servire poi la Messa. Entrato nella cattedrale, immersa nella penombra del mattino, oltrepassò la tomba di re Ladislao Jagellone e il feretro d’argento che ospita i resti di san Stanislao. Superato il monumento in marmo bianco in memoria della beata regina Edvige, consorte di re Ladislao e artefice insieme a lui della grande confederazione polacco-lituana, giunse all’altare della navata nord dove si venerano le reliquie di Edvige. Di fronte al grande nero crocifisso la regina si immergeva spesso nella preghiera, e, da quella croce “secondo la tradizione dei nostri antenati” (come recita un’iscrizione), Cristo le aveva parlato dei suoi compiti. Ma a farsi sentire nella cattedrale, durante quella Messa mattutina, furono altre voci, molto meno armoniose. Prima giunse il gemito stridulo delle sirene d’allarme. Seguirono il martellare delle batterie contraeree e le esplosioni delle bombe sganciate dalla Luftwaffe» (p.57).
Lo stesso percorso di quel l° settembre 1939 sarà compiuto nella cattedrale da Karol Wojtyla l’8 marzo 1964 alle 9,45 del mattino, per ricevere la nomina ad arcivescovo. «Accanto all’altare il cancelliere dell’arcidiocesi lesse ad alta voce, prima in latino, poi in polacco, la bolla pontificia che designava Karol Wojtyla arcivescovo metropolita di Cracovia. A questo punto l’arcivescovo si alzò, baciò l’altare e venne insediato sulla ‘cathedra’, il trono o seggio del vescovo, della cattedrale del Wavel» (p.225).
Un compito molto impegnativo attendeva Karol: difendere il suo popolo e la sua città contro uno Stato determinato a sradicare la nazione polacca dalla cultura cristiana in cui affondava le sue radici. Sacerdote-arcivescovo-papa-beato-presto santo. Siamo nella tua amata terra, Lolek, nella tua città, nella tua chiesa; ma per tanti anni ti abbiamo avuto vicino, memori della tua elezione, delle tue prime frasi in italiano; a te contemporanei, in una fase storica decisiva per il mondo intero. Sei stato sempre nostro compagno di viaggio, forte nella fede, duro come roccia, fragile e tenero nella malattia. Hai benedetto i nostri figli, li hai sollevati al cielo con le tue braccia vigorose, ma … il sorriso era dolcissimo. Ti rendiamo omaggio, Karol, nella tua Cracovia, proprio qui, al Wavel, dove è scritta parte della tua storia; ti diremo per sempre grazie. Preserva e difendi dal cielo quelle radici cristiane che oggi in Italia e in Europa troppi vogliono cancellare, sradicare, nella prospettiva di un vago e fatale nichilismo!!
Ancora emozionati, ci affrettiamo per visitare la torre con la campana di Sigismondo. Ma qui c’è bisogno del biglietto; lo acquistiamo alla Kassa da una suora arcigna e finalmente possiamo cominciare a salire gli stretti gradini che sembrano non finire mai. La campana infine conquistata meritava il sacrificio “ascensionale”. È una campana che incute rispetto: è stata fusa nel 1520 e viene fatta suonare nelle occasioni più importanti civili e religiose. Ha suonato quando è morto Giovanni Paolo II (mai una campana è stata più afflitta nel dare un annuncio…) e quando è stato eletto Benedetto XVI (allora era gioiosa!). Ma c’è anche un altro motivo per vederla! La tradizione vuole che chi tocca il suo grande batacchio, presto si sposi. Così, davanti alla immensa “Sigismonda” la cui mole fa un certo effetto, con qualche acrobazia riesco a toccarne il batacchio: ovviamente non pensiamo a noi (già maritati), ma a nostro figlio, perché sarebbe l’ora …
Letteralmente sommersi da un passato tanto denso e glorioso, dall’oscurità della cripta usciamo alla luce del sole e ne apprezziamo tutto il calore. Seguendo con lo sguardo i diversi stili architettonici: romanico, gotico, rinascimentale, barocco, arriviamo al palazzo reale e sostiamo un po’ nel suo cortile interno rettangolare; qualche foto, anche all’albicocco schiacciato sul muro, ma non possiamo vedere l’interno, perché è chiuso. Niente di meglio che una birra fresca nel baretto all’aperto, frequentato da polacchi in festa. Lo spettacolo rilassante della Vistola, con la sua grande ansa, ci trattiene più del dovuto, così non possiamo visitare la grotta del drago Smoc, perché è già tardi. Ma, guardando le acque tranquille del fiume, le immaginiamo piene delle coroncine di fiori con candele accese, che le ragazze depongono la notte di San Giovanni, per conoscere il loro futuro.
(continua)
Grazia e Guido Verna
giugno 2007
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Le indicazioni di pagina si riferiscono a brani tratti da:
George Weigel, Testimone della Speranza, 1999, Mondadori, Milano.
[1] Nella santa Messa per la canonizzazione della Beata Regina Edvige, celebrata domenica 8 giugno 1997da san Giovanni Paolo II a Cracovia, nella Spianata di Błonie, il grande polacco quasi all’inizio dell’omelia dice:”Edvige, hai atteso a lungo questo giorno solenne. «Gaude, mater Polonia»”; per aggiungere, più avanti, “Rendiamo grazie per la tua saggezza” e
“Più volte ti inginocchiavi ai piedi del Crocifisso/ di Wawel / per apprendere da Cristo stesso/ che la cosa più grande/ è l’amore” e
“Rallegrati oggi, Cracovia”! Gioisci, perchè è giunto finalmente il momento in cui tutte le generazioni dei tuoi abitanti possono rendere un omaggio di gratitudine alla santa Signora di Wawel.
La splendida omelia è comunque tutta da leggere. Si può trovare a questo link:
Nel Martirologio romano è scritto così: «A Cracovia in Polonia, santa Edvige, regina, che, nata in Ungheria, ricevette il regno di Polonia e, sposatasi con il granduca lituano Iaghellone, che prese al battesimo il nome di Ladislao, seminò insieme al marito la fede cattolica in Lituania.»
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