1. Premessa e limiti
2. Il “quadro” dell’epoca nel Regno di Napoli
2.1 Sul versante “laico”
2.2 Sul versante “religioso”
3. Dai pirati ai corsari: i corsari saraceni e la Bolla delle Crociata
4. Le necessità economiche per ri-organizzare la Real Marina
5. La soluzione: la Bolla della Crociata. La sua natura e i «privilegi» acquisibili
6. Il “lancio” e la necessità di cambiare il “predicatore”
7. La condizione religiosa dei sudditi e la sensibilità percettiva dei “vertici”
8. Perché sant’Alfonso accettò la predicazione della Crociata
9. Spunti di Dottrina sociale della Chiesa: i doveri del “cittadino cristiano” verso le necessità dello Stato
9.1 Nella prima Notificazione di annuncio della Concessione (mons. Filangieri, 1778)
9.2 Nell’Istruzione ai parroci e ai predicatori (mons. Filangieri, 1778)
9.3 Nel nuovo “lancio” della Crociata (mons. Filangieri, 1779)
9.4 Nella reiterata sollecitazione a partecipare alla Crociata (mons. Filangieri, 1782)
9.5 Nella Notificazione del card. Capece Zurlo (1788)
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C’è, infine, un aspetto che, presentando la Bolla, fu più volte sottolineato dai Vescovi napoletani, un aspetto che, come anticipato d’esordio, ritengo di un certo rilievo — almeno nella mia prospettiva culturale dichiaratamente cattolica — e perciò meritevole di essere messo in luce: è quello relativo alla Dottrina sociale della Chiesa inerente i doveri del “cittadino cristiano” verso le necessità dello Stato, in particolare quando è in gioco la libertà di professare la propria religione.
Di tale aspetto mi limiterò a ricordarne solo gli elementi desumibili dai primissimi documenti (33).
9.1 Nella prima Notificazione di annuncio della Concessione (mons. Filangieri, 1778)
Già nella prima Notificazione del 1778 (vedi Documento 4) in cui annuncia la concessione della Bolla, l’arcivescovo Filangieri, dopo aver premesso i motivi che l’avevano generata ― e cioè: «[…] i mali gravissimi, che sono a tutta la riviera di questo Regno cagionati dalle frequenti rapine de’ Corsari Maomettani, professori di una superstizione che autorizza l’infame loro mestiere» (p.79) ―, rileva come «Non bastano a resistere le forze ordinarie dello Stato […][per] proteggere il commercio de’ nostri mari […][e] per frenare l’attività di questi Ladroni famelici […] [che mette] in pericolo la roba, la libertà, la vita di tanti nostri Concittadini, e con queste la Religione medesima» (Ibidem). Pertanto, per «[…] impedire i progressi degl’Infedeli congiurati a danno de’ Cristiani» (Ibidem), era necessaria ed opportuna una contribuzione annuale dei fedeli per irrobustire le «forze marittime» di modo che «[…] si possa efficacemente ripulsare [sic] la grave e continua incursione che infetta tutti i nostri lidi» (pp.79-80).
Proprio questo e solo questo «[…] è l’intendimento del Pontefice e del Re, […] semplicemente invitarvi a concorrere con ispirito di Religione ad un’opera di pubblico interesse» (p.80). Da qui l’esortazione ai fedeli a contribuire generosamente alla Crociata che, si sottolinea, «[…] non è una legge»ma è da intendersi piuttosto come «[…] un indulto, un privilegio, un beneficio legittimamente ordinato al profitto spirituale di chi vuole all’opera riferita contribuire» (Ibidem), decidendo liberamente di acquistare la Bolla.
Più avanti, il vescovo ribadisce che «[…] la Crociata nel suo carattere nativo altro non è, che un’opera di pietà, la quale ha sempre per oggetto un interesse pubblico del Popolo Cristiano», a fronte «[…] di un bisogno grave, che interessa la Religione» (pp.81-82) in quanto «[…]i Barbari dell’Africa, che professano la medesima superstizione [la religione maomettana, ndr], congiurano a nostro danno; e ci mettono nell’obbligo di una grave e perpetua difesa» (p.82), che è il fine del contributo richiesto attraverso la Bolla della Crociata, l’«opera di pietà» proposta e «[…] fondata tutta sopra puri e semplici motivi di carità Cristiana, la quale corrobora il vincolo sociale» (Ibidem). É un dovere dei fedeli «[…] anche in qualità di Cittadini a non riguardar con indifferenza un interesse pubblico di questo genere: il commercio impedito, la perdita di tanti Individui, l’esorbitante prezzo del riscatto, ed altri incomodi non piccioli dello Stato, provenienti da questo assassinio detestabile, dovrebbe impegnare la cura e l’onestà civile di tutti i membri, che sono a questo corpo associati» (Ibidem).
Il «bisogno urgente» di contribuire alla soluzione di questi problemi non è però solo un dovere che compete ai fedeli in quanto Cittadini, bensì, ben di più, li riguarda anzitutto come un «oggetto di Religione»:«Noi vi presentiamo questo bisogno urgente, come un oggetto di Religione, né intendiamo di proporvelo sotto altre vedute, non meno legittime, che le religiose; supponghiamo [sic] tutti i motivi politici sensibilissimi nel cuore de’ Buoni, che s’interessano per lo riposo pubblico; pretendiamo solo, che questi motivi medesimi siano consecrati [sic] dallo Spirito della Religione; affinché divengano più attivi; ed a voi, che adempirete nel medesimo tempo le parti di onorati Cittadini, e di sinceri Cristiani, riescono per doppio titolo più fruttuosi» (pp.81-82) (34).
9.2 Nell’Istruzione ai parroci e ai predicatori (mons. Filangieri, 1778)
Anche nell’Istruzione (vedi Documento 6) che mirava a «[…] fissare alcune Regole che sono […] i caratteri della Disposizione Pontificia, domandata dal Re, per lo bisogno, che ha lo Stato di una guardia marittima, capace di proteggere una riviera immensa, esposta alle dannosissime incursioni de’ Barbari dell’Affrica [sic]. […] (p.85) e che fu preparata nello stesso anno a beneficio dei parroci e dei predicatori della Bolla «nella Città e nel Regno di Napoli», l’arcivescovo Filangieri ribadì attraverso essa ― peraltro, resa più incisiva dalla sua articolazione ― il dovere dei fedeli cattolici a farsi carico anche dei problemi dello Stato e a partecipare alla loro soluzione.
I predicatori avrebbero dovuto «[…] colle maniere che stimeranno più proprie e più efficaci», far «a tutti sentire»:
«I. che la Crociata non è una legge, ma una concessione; e perciò non porta obbligo veruno né sottomette a veruna pena coloro, che non vorranno concorrervi.
II. che la Crociata è un’opera di pietà; e perciò l’uomo religioso non deve trascurarla: il soccorso del Prossimo è un grande oggetto della virtù Cristiana.
III. che la Crociata è un’opera pubblica; e perciò l’onesto Cittadino vi dee contribuire: l’interesse dello Stato è l’oggetto principale della virtù Civile.
IV. che la Crociata è un’opera vantaggiosa per lo Tutto, e per le Parti, che vi concorrono; per lo Tutto, perché influisce nella sicurezza dello Stato, e ne’ progressi del commercio; per le Parti, che vi concorrono, perché somministra loro l’uso delle grazie e delle facoltà dal Pontefice nella Bolla disposte.
V. Che l’opera della Crociata consiste nella rata del sussidio annuale ordinata all’accrescimento delle forze marittime contro a’ Corsari Maomettani […]» (p.86)
9.3 Nel nuovo “lancio” della Crociata (mons. Filangieri, 1779)
Qualche mese dopo, nel gennaio 1779, l’arcivescovo Filangieri ritenne ― se mi è permesso un poco elegante linguaggio “moderno” ― di dover rinnovare il “lancio” di quella Crociata «felicemente introdotta» nel Regno (vedi Documento 7), della quale torna a sottolineare, come si tratti di un’«Opera grande, che fisserà l’ostacolo irrepugnabile alla rapacità de’ Corsari Affricani, soli disturbatori della pace di un Regno, che per ogni altro riguardo tutto riposa nel seno della sicurezza e della prosperità» (p.87). Ma se d’esordio mons. Filangieri aveva attribuito alla Crociata il merito di far «conoscere quanto [i fedeli cattolici fossero] […] sensibili agl’interessi della Religione e dello Stato» (Ibidem), forse è lecito dubitare un po’ sul numero dei fedeli «sensibili», che probabilmente era risultato non adeguato alle aspettative, tanto è vero che, per la predicazione della stessa, nello stesso anno si sarebbe fatto ricorso ai Redentoristi di sant’Alfonso.
Più avanti, l’arcivescovo ― prima di dare una giustificazione, per così dire, di carattere antropologico alla necessità di questo suo nuovo intervento ― ricordò come la Bolla contenesse «[…] amplissime concessioni d’Indulgenze, e di altre Grazie, così spirituali come temporali, disposte tutte in favor di chiunque volontariamente contribuisce una rata di sussidio, per aumentar le forze marittime, alla difesa di questi lidi continuamente infestati da una moltitudine innumerabile di Assassini Maomettani.» (Ibidem).
Come prima notato, forse a fronte delle risposte inferiori alle attese da parte dei “regnicoli”, l’arcivescovo reiterò il suo intervento a favore della partecipazione alla Crociata. E sulla base delle considerazioni che l’uomo, ogni uomo, «[…] per quanto sia di genio liberale ed onesto, ha non di rado la debolezza di anteporre i suoi anche più piccoli interessi a’ più grandi del suo Fratello» e che «[…] la moltitudine [degli uomini] senza motivi efficaci di vantaggio privato riguarda sovvente [sic] un bisogno pubblico con indifferenza.» (Ibidem), fondò questa sua seconda sollecitazione allo scopo di «[…] muovere e animare le vedute del ben pubblico con questo privato kincitamento». (pp.87-88)
I vantaggi, rilevò ancora l’arcivescovo, che il Santo Padre offriva a chi avrebbe contribuito all’Opera della Crociata ― «la sicurezza della Religione, il riposo dello Stato, la libertà del Commercio esteriore» (p.88) ― avrebbero prodotto benefici effetti sociali, dei quali avrebbero goduto tutti, anche quei «piccioli spiriti» che in genere non si curano «di vederne l’origine» e perciò sono «incapaci di contribuire […] ad un bisogno straordinario della Società, di cui sono più tosto [sic] il peso, che il sollievo». (Ibidem)
Grazie a Dio, nell’articolazione sociale, non ci sono però solo i «piccioli spiriti», ma anche «i grandi Geni»,cioè quelli che «[…] riconoscono nella sorte del Tutto quella della Parti, [e] son penetrati sempre dalla cura generosa di promuoverne la felicità». E se i primi sono un peso per i bisogni della società, questi ultimi al contrario sono«[…] uomini utili, che vivono per giovare, sono il decoro dell’umanità», che svolgono una salutare funzione di pedagogia sociale, ponendosi da esempio, con il loro comportamento, sia per «[…] ispirare il gusto della beneficenza» sia per rivolgere«[…] il rimprovero perpetuo a quelle anime vili, che sembrano nate a se sole, anime isolate, debitrici sempre a DIO, al Principe, allo Stato degli atti più legittimi del vincolo sociale» (Ibidem).
9.4 Nella reiterata sollecitazione alla partecipazione alla Crociata (mons. Filangieri, 1782)
Tre anni dopo ― forse perché l’incremento della partecipazione all’Opera generato dalla predicazione dei Redentoristi era ritenuto ancora insufficiente per raggiungere rapidamente e compiutamente gli scopi prefissati ― l’arcivescovo Filangieri tornò a sollecitare i «Cittadini Cristiani». Cogliendo l’occasione della consueta notifica annuale della Bolla, rivolse loro un messaggio ricco ancora di spunti, almeno nella citata prospettiva di Dottrina Sociale della Chiesa (vedi Documento 12).
Premesso anzitutto che la Bolla della Crociata ―comunque considerata, cioè o come«soccorso straordinario introdotto per un bisogno pubblico»o piuttosto come«un vantaggio privato proposto a chiunque vorrà soccorrere» ― «[…] dovrà esser sempre un oggetto non indifferente agli occhi del Cittadino Cristiano, cioè, dell’uomo pio, giusto, benefico» (p.94); premesso altresì che essa origina da una pesante e concreta situazione storica, essendo figlia di un «[…] bisogno pubblico [che] nasce da’ pericoli e da’ danni, che cagionano neli nostri Mari le violenze de’ Corsari Maomettani» (Ibidem); subito dopo ricorda di nuovo i vantaggi, sia sociali che individuali, che quelli che la acquistano potranno ottenere: «[…] l’utile privato si deriva da due fonti: l’uno è il comodo dello Stato, che si distribuisce per mille vie a tutti l’Individui, che lo compongono; l’altro è la partecipazione dell’Indulgenze, e delle altre Grazie nel Breve disposte a favor di coloro, che vorranno contribuire al soccorso»(Ibidem).
Non nasconde lo scopo a cui la Bolla ― «[…] un espediente il più efficace a fondar la prosperità di questi Regni» per i quali «[…] il Commercio è il veicolo delle ricchezze» ― tende: si tratta del «[…] disegno di ordinare la Marina Militare, per proteggere con successo la Marina di Commercio, turbata e impedita dalle invasioni degli Assassini Affricani» (Ibidem). Ma si tratta di un disegno non di poco conto, bensì «vasto e dispendioso» per il cui compimento «non bastano […] le forze ordinarie dello Stato [bensì è necessaria] […] una Guardia estesa; corrispondente all’ampiezza de’ Mari, che da tutte le parti bagnano i nostri Regni, corrispondente al numero degli Aggressori, uomini arditi, barbari, famelici, animati dalla stessa loro superstizione, che giustifica, e quasi consacra il mestiere, il più ingiusto, il più brutale, il più aborrito» (Ibidem).
Si era di fronte ad un «bisogno pubblico», che, se non soddisfatto, non avrebbe permesso di sostenere e vincerequella «guerra continua e pericolosa» resasi necessaria per liberare le navi del Regno che solcavano il Mediterraneo dai continui attacchi dei pirati saraceni, che avevano messo in seria crisi le sue attività commerciali, che, per i suoi abitanti, rappresentavano «la sorgente più fruttuosa de’ beni temporali» (p.95).
Per soddisfare tale bisogno, il Re ― non volendo imporre ai suoi sudditi l’obbligatorietà della contribuzione con una tassa specifica ― ritenne più opportuno domandare «al Santo Padre il Breve della Crociata» che, concedendo benefici religiosi, avrebbe sollecitatoil loro«genio religioso e sociale» e quindi la loro partecipazione alla contribuzione, anche perché in tal modo risultava non più obbligatoria bensì solo volontaria.
E per chi avesse ritenuto improprio o comunque poco vantaggioso l’istituto della Crociata, l’arcivescovo non si peritò di ricordare come «[…] le Nazioni di Europa sono alle prime Crociate debitrici de’ progressi più considerabili della Navigazione e del Commercio [e come] queste destarono il gusto delle scoverte [sic]». D’altra parte, la Crociata in questione, continuava l’arcivescovo, veniva proposta «[…] per quella parte che riguarda principalmente la Religione», chiarendo subito come quest’ultima, se da un lato «[…] non giustifica, né consacra mai un’aggressione, riputata [sic] sempre ingiusta, e sempre detestabile», dall’altro, al contrario,«[…] giustifica e consacra sempre una difesa, per renderla più efficace ed animata, e massimamente contro a’ nemici, trasportati per distruggerla, o per contaminarla». Ed è proprio questo lo spirito con cui «[…] si dispongono le Crociate, nelle quali si afferiscono Indulgenze ed altre Grazie, non tanto per determinare, quanto per rimunerare la pietà sincera de’ Cittadini Cristiani, che contribuiscono al soccorso dove trovasi in pericolo la Religione» (Ibidem). Infine, Mons. Filangieri ricordò quel principio di salute sociale che aveva già ricordato in passato: «[…] le Parti sono prospere a proporzion [sic] della prosperità del Tutto; […] quindi la cura del ben [sic] comune dee [sic] tanto interessare un Individuo della società civile, quanto l’interessa la cura del ben privato e particolare» (Ibidem).
9.5 Nella Notificazione del card. Capece Zurlo (1788)
Nel 1783, come successore di Mons. Filangieri, fu nominato il card. Giuseppe Capece Zurlo, che nei suoi documenti avrebbe confermato la medesima convinzione sulla moralità sociale del «cittadino cristiano» (35).
Nella Notificazione del 1788 (vedi Documento 14), presentando di nuovo la Bolla, ne ricordò anzitutto «[…] le amplissime indulgenze, che vi sono annesse, le facoltà spirituali comunicate ai Confessori, la permissione di usare cibi più salubri e meno dispendiosi», per poi rilevare che ciò che la rende degna della cura dei buoni cittadini cristiani è «[…] massimamente l’uso del denaro» con cui l’avrebbero sostenuta, in quanto, per essi, «[…] niuna cosa più disdice, che il riguardare con indifferenza un bisogno dello Stato» (p.97); spiegando, subito dopo, i motivi di queste affermazioni: perché «[…] l’amore del ben [sic] pubblico è il primario dovere di chi vive in società; e questo stesso amore santificato dalla Religione distingue i Figlioli della Chiesa. Chi vive a se solo; chi non vive per giovare, disonora sempre il carattere che professa nell’ordine così civile, come religioso».
In questo particolare frangente storico, l’urgenza di provvedere ad un pressante «bisogno pubblico» aveva spinto all’istituzione della Crociata, malgrado questa si presentasse con una dimensione “economica” non trascurabile, «proporzionata all’estensione de’ Mari» da difendere, come già aveva messo in risalto mons. Filangieri nella sua Notificazione del 1782.«Una folla di Corsari Maomettani ― scrisse al riguardo il card. Zurlo ― infesta questi Mari, disturba il Commercio esteriore, e mette sempre in pericolo le Fortune, la Libertà, la Vita di tanti atti ed industriosi Cittadini. É necessaria dunque la Difesa, ed una Difesa proporzionata all’estensione de’ Mari, che si debbono proteggere, e alle forze di tanti Aggressori. La Marina Militare, che a tal’effetto da giorno in giorno sempre più aumenta, porta un dispendio enorme, che gravita straordinariamente sugli Interessi dello Stato, e lo mette nel bisogno di un sussidio, che possa alleviarne il peso». (pp.97-98)
E un buon «Cittadino Cristiano», di fronte a queste necessità dello Stato, non può tirarsi indietro, “deve” «[…] contribuire a questo sussidio [che] è quella Opera di pietà, [proposta] […] sotto il nome di Crociata», perché sono in gioco non solo «la tranquillità pubblica [e] la libertà del Commercio [ma addirittura] la sicurezza medesima della Religione», di modo che «gl’interessi Politici, e Religiosi sono interessi comuni. [E] la cura generosa di promuoverli, non solo è il decoro della umanità; ma è il mezzo più legittimo di parteciparne». (p.98)
(fine)
Guido Verna
giugno 2019
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Note preliminari
A) tutti i richiami indicati nel testo e nelle note solo col numero di pagina si riferiscono al libro che è stato lo stimolo e il filo conduttore di questo scritto:
Aldo Caserta [Mons. (1919-2017)], La “Bolla della Crociata” nel regno di Napoli, Athena Mediterranea, Napoli 1971.
Analogamente si sono assunti con la medesima numerazione del libro e con i titoli assegnati dal suo autore i seguenti Documenti ad esso allegati [A.V.P. = Archivio Vescovile di Pozzuoli]:
― Mons. Serafino Filangieri (1713-1782), Arcivescovo di Napoli,
Documento 4 (pp.79-82) – Prima Notificazione dell’Arcivescovo di Napoli per annunciare la concessione della Bolla della Crociata (A.V.P., Cruciatae obolum, fasc.I, n.1), 1778.
Documento 6 (pp.85-86) – Istruzione ai Parroci (A.V.P., Cruciatae obolum, fasc.I, n.3), 1778.
Documento 7 (pp.87-88) – L’arcivescovo Filangieri spiega di nuovo gli scopi della Crociata (A.V.P., Cruciatae obolum, fasc.I, n.10), 21 gennaio 1779.
Documento 12 (pp.94-96) – Mons. Filangieri insiste perché i fedeli contribuiscano all’opera della Crociata (A.V.P., Cruciatae obolum, fasc.II, n.15), 27 gennaio 1782.
― Card. Giuseppe Capece Zurlo (1711-1801)
Documento 14 (pp.97-98) – Notificazione del card. Giuseppe Capece Zurlo: effetti positivi della Crociata (A.V.P., Cruciatae obolum, fasc.IV, n.29), 20 gennaio 1788.
― Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787)
Documento 11 (p.93) – Circolare con cui S.Alfonso comunica ai suoi religiosi l’incarico ricevuto dal Re di predicare la Crociata, 18 novembre 1779.
B) Tutti gli URL riportati, salvo diversa indicazione, sono stati consultati il 10 dicembre 2018.
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(33) A proposito dei documenti «relativi al primo anno della pubblicazione» non mi sembra inutile segnalare ― benché fuori dalla prospettiva in cui ci stiamo muovendo ― il «particolare interesse» attribuito ad essi da mons. Caserta per il fatto che «[…] costituiscono lo specchio della prassi seguita nella diffusione delle Bolle e successiva raccolta delle offerte la quale, con alcune varianti, si ripeterà negli anni successivi: a) gennaio-marzo: invio ai parroci delle circolari a stampa o manoscritte per la pubblicazione da farsi nella successiva quaresima. b) maggio-settembre: raccolta delle somme e rendiconti. c) ottobre-dicembre: preparazione per la promulgazione della Bolla della Crociata dell’anno successivo». (cfr. p.31)
(34) Il vescovo Filangieri si “appoggia” anche al passato, ricordando nello stesso Documento che: «Il primo Pontefice che ne propose il piano per soccorrere al [sic] Cristianesimo di Oriente, riscosse in una illustre adunanza di Prelati un suffragio generale: fu allora da tutti riconosciuta la degnità [sic] e l’efficacia di questo mezzo per impedire i trascorsi funesti di un potente Aggressore, che meditava lo sterminio del Cristianesimo, e s’ingegnava di sostituire in suo luogo la superstizion [sic] profana e brutale dell’Arabo Impostore» (p.82)
(35) Il Cardinale Zurlo utilizzò più volte il termine di «cittadino cristiano», trattandosi evidentemente di «[…] un concetto che aveva assai caro» che fondava sulla convinzione «[…] che il cristiano non può prescindere dalla sua qualità di membro dello Stato, cointeressato al bene di esso, al bene di tutti gli altri cittadini». Circa la presunta e lamentata illegittimità dell’istituto della Crociata, riaffermò, al contrario, la sua natura di «opera pubblica mossa dallo spirito di carità», mentre ― circa l’opportunità di mantenere separate le necessità della Chiesa da quelle dello Stato ― sostenne che quando “problemi” come la pirateria saracena mettevano a rischio la sicurezza generale, entrambi erano obbligati a partecipare alla loro soluzione. Nel caso specifico ― come spiegò già nella circolare del 1786 ―, «Questa Sicurezza interessa lo Stato e la Religione; perché non solo influisce a salvare le fortune, la libertà, la vita di tanti utili cittadini’ ma influisce ancora a preservarli dal pericolo di cedere alla superstizione, o sedotti, o costretti dagli incomodi [sic] intollerabili di una lunga e crudele schiavitù» (pp.32-33)
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