di Alessandro Bartoli
Forse è giunto il momento di smettere di assistere passivamente alla strage che quotidianamente viene perpetrata in Italia a seguito della interruzione volontaria della gravidanza. Quotidianamente viene compiuta questa mattanza che è diventata legale solo nel ventesimo secolo quando per millenni tutte le civiltà si sono ritrovate concordi nel celebrare la vita e la maternità.
Se da un lato è giusto e doveroso appoggiare tutte le iniziative concrete cha vanno a favore della vita e la assistenza delle madri o più generalmente delle famiglie che anche per difficoltà economiche non sono in condizione di mantenere una nuova vita, credo che si debba passare alla azione per contrastare su un piano anche giuridico la promozione di una pratica inumana ma che si è fatta oramai consuetudine in virtù di una legge che ha sdoganato l’ aborto rendendolo legale.
Il comune cittadino che sia profondamente contrario a questa pratica deve sottostare ad una imposizione giuridica che gli impone di finanziare questa pratica senza poter opporsi. Le nostre tasse finanziano il servizio sanitario nazionale per il cui tramite l’ interruzione volontaria della gravidanza viene fornita all’ utente finale che se ne serve per portare a compimento il suo obiettivo.
La prova che tale pratica sia riconosciuta quantomeno meritevole di una obiezione è certificata dalla possibilità – per il medico – di esercitare il suo rifiuto a partecipare all’ intervento. Il medico è così un obiettore che – tramite l’ esercizio di questa facoltà – si astiene dall’ essere parte attiva dell’ I.V.G.
Il comune cittadino che abbia lo stesso pensiero non viene però tutelato. In altre parole non è dato impedire che il frutto del suo lavoro – o meglio quella parte del suo lavoro che finisce in tasse – sia destinato ad un simile abominio.
Da qui l’ idea di esercitare una sorta di “obiezione fiscale” quale resistenza attiva per impedire che la quota parte delle mie tasse vadano a finire a sostenere quelle pratiche.
L’ importo delle tasse che paghiamo è una somma indistinta che va a finanziare la macchina statale, in modo uniforme; non si paga una somma per la giustizia, una somma per la difesa, una per la sanità. Ma nulla ci vieta di fare un calcolo – approssimativo – per calcolare quanto annualmente costa al servizio sanitario nazionale il servizio specifico per l’ interruzione delle gravidanze.
Calcolata questa somma sul totale è così possibile replicare – per ciascuno – quanta sarebbe la quota parte che dell’ intera imposta versiamo per finanziare l’ I.V.G.. Si tratta di qualche euro – immagino. I calcoli non li ho fatti ma un tentativo si può fare. E c’è chi l’ ha gia fatto. Segnalo una esperienza già in atto presso la Comunità di Don Benzi che ha dettato le linee guida per praticare l’ obiezione.
Individuata la somma, questa si versa – anziché nel totale come emerge dal modello unico – ad un associazione pro-vita mandano la documentazione alla Agenzia delle Entrate.
Certamente ci sono contro indicazioni dettate dalla risposta dello Stato ad un versamento inferiore rispetto a quello che emerge dalla dichiarazione dei redditi. Lo Stato si attiva con un procedimento esecutivo per l’ importo non versato, più le sanzioni ed interessi. Ma qui il discorso di complica.
Ma d’altra parte se vogliamo continuare ad essere contrari solo a parole, dobbiamo solo stare zitti e buoni.
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