1. Premessa e limiti
2. Il “quadro” dell’epoca nel Regno di Napoli
2.2 Sul versante “religioso”
3. Dai pirati ai corsari: i corsari saraceni e la Bolla delle Crociata
4. Le necessità economiche per ri-organizzare la Real Marina
5. La soluzione: la Bolla della Crociata. La sua natura e i «privilegi» acquisibili
6. Il “lancio” e la necessità di cambiare il “predicatore”
7. La condizione religiosa dei sudditi e la sensibilità percettiva dei “vertici”
8. Perché sant’Alfonso accettò la predicazione della Crociata
9. Spunti di Dottrina sociale della Chiesa: i doveri del “cittadino cristiano” verso le necessità dello Stato
9.1 Nella prima Notificazione di annuncio della Concessione (mons.Filangieri, 1778)
9.2 Nell’Istruzione ai parroci e ai predicatori (mons. Filangieri, 1778)
9.3 Nel nuovo “lancio” della Crociata (mons. Filangieri, 1779)
9.4 Nella reiterata sollecitazione a partecipare alla Crociata (mons. Filang., 1782)
9.5 Nella Notificazione del card. Capece Zurlo (1788)
—————-
Se si cerca il termine “Crociata”, ad esempio nel Dizionario di Storia della Treccani, si trova questa definizione: «Termine che indica le guerre combattute da eserciti cristiani contro i musulmani a partire dal sec. 11° con l’intento dichiarato di liberare il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Il concetto di guerra santa era già emerso nella lotta contro i saraceni in Italia meridionale, e poi nella Penisola Iberica» (1).
D’altra parte, l’accezione di “Crociata” come “guerra combattuta per motivi essenzialmente religiosi” è nettamente la più diffusa, così come lo è la convinzione che i motivi di tali “guerre” siano da ricercarsi nel solo ambito della lunga lotta tra cristianesimo e islam, relegando nell’ombra. o almeno in secondo piano, quelle intraeuropee conosciute come le Crociate del Baltico (1202-1224) e contro gli albigesi (1209-1229) (2). Inoltre, per estensione, nel linguaggio corrente, il termine “Crociata” viene utilizzato ― sempre con sprezzante valenza negativa ― per “bollare” a priori col marchio d’infamia da retrogradi quelli che, rispetto al mainstream dominante, combattono dalla parte “sbagliata” ― cercando perciò «[…] di sbarrare la strada al “progresso”» (3)― ogni battaglia di principio che tocchi temi di carattere morale o religioso.
Solo gli studiosi di professione ricordano talvolta quella diversa lettura della “Crociata” che la intende non solo come fatto bellico ma anche come una raccolta di fondi per una “buona causa” in cambio di benefici spirituali (4).
In questo scritto, il termine Crociata è da intendersi proprio in quest’ultima, dimenticata accezione. La Bolla della Crociata cui si fa riferimento fu, infatti, emessa perché dai suoi proventi fosse possibile ricavare il denaro necessario a rinnovare la flotta del Regno delle due Sicilie e sconfiggere finalmente i pirati saraceni che da secoli incombevano sulle sue coste. Essa «[…] consisteva [soltanto] in una modesta contribuzione annua [– peraltro, come vedremo, assolutamente volontaria –], proporzionata alla condizione sociale ed economica dei contribuenti, in cambio della quale i fedeli ottenevano la mitigazione della disciplina penitenziale in tempo di Quaresima ed altri benefici spirituali» (p.1) (5).
Tale Bolla della Crociata fu concessa nel 1777 dal papa Pio VI (1717-1799) e proclamata pubblicamente l’anno successivo. Essa ebbe una lunga vita: sul versante ecclesiale, durò quasi centotrent’anni, fino alla riforma della disciplina del digiuno quaresimale del 1906, quando finì spontaneamente (6). Nel corso degli anni i suoi scopi ― dagli iniziali “ammodernamento e rafforzamento” della flotta del Regno per combattere i pirati saraceni ― cambiarono più volte (7) e, almeno in un caso, dopo l’Unità d’Italia, furono in qualche modo anche sorprendenti (8).
Tuttavia, in questo scritto mi occuperò soltanto del primo periodo della Bolla, quello cioè che più direttamente si interseca con il contributo redentorista. Mi è sembrato opportuno, infine, mettere in risalto alcuni elementi di Dottrina sociale della Chiesa, a mio parere di qualche rilievo, che emergono dai documenti emessi in occasione della predetta Bolla dagli Arcivescovi di Napoli e che concernono i doveri dei “cittadini” nei confronti dello “Stato”.
(continua)
Guido Verna
giugno 2019
A) tutti i richiami indicati nel testo e nelle note solo col numero di pagina si riferiscono al libro che è stato lo stimolo e il filo conduttore di questo scritto:
Aldo Caserta [Mons. (1919-2017)], La “Bolla della Crociata” nel regno di Napoli, Athena Mediterranea, Napoli 1971.
Analogamente si sono assunti con la medesima numerazione del libro e con i titoli assegnati dal suo autore i seguenti Documenti ad esso allegati [A.V.P. = Archivio Vescovile di Pozzuoli]:
― Mons. Serafino Filangieri (1713-1782), Arcivescovo di Napoli,
Documento 4 (pp.79-82) – Prima Notificazione dell’Arcivescovo di Napoli per annunciare la concessione della Bolla della Crociata (A.V.P., Cruciatae obolum, fasc.I, n.1), 1778.
Documento 6 (pp.85-86) – Istruzione ai Parroci (A.V.P., Cruciatae obolum, fasc.I, n.3), 1778.
Documento 7 (pp.87-88) – L’arcivescovo Filangieri spiega di nuovo gli scopi della Crociata (A.V.P., Cruciatae obolum, fasc.I, n.10), 21 gennaio 1779.
Documento 12 (pp.94-96) – Mons. Filangieri insiste perché i fedeli contribuiscano all’opera della Crociata (A.V.P., Cruciatae obolum, fasc.II, n.15), 27 gennaio 1782.
― Card. Giuseppe Capece Zurlo (1711-1801)
Documento 14 (pp.97-98) – Notificazione del card. Giuseppe Capece Zurlo: effetti positivi della Crociata (A.V.P., Cruciatae obolum, fasc.IV, n.29), 20 gennaio 1788.
― Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787)
Documento 11 (p.93) – Circolare con cui S.Alfonso comunica ai suoi religiosi l’incarico ricevuto dal Re di predicare la Crociata , 18 novembre 1779.
B) Tutti gli URL riportati sono stati consultati il 10dicembre 2018.
(1) Cfr. http://www.treccani.it/enciclopedia/crociata_%28Dizionario-di-Storia%29/
(2) Tale atteggiamento nei confronti degli eventi connessi alle crociate intraeuropee é proprio degli «[…] storici tradizionali che li menzionano quasi di sfuggita [mentre] […] gli studi moderni tendono a sottolineare la [loro] importanza. La maggioranza degli studiosi ammette ormai che lo spirito di crociata assumeva svariate forme, solo una delle quali era la riconquista della Terrasanta» (Thomas Madden, Le Crociate. Una storia nuova, Lindau, Torino 2005, p.8)
(3) Francesco Pappalardo, Le crociate. L’Oriente e l’Occidente da Urbano II a san Luigi (1096-1270), in Cristianità, n. 265-266, Piacenza maggio-giugno 1997. «Le opinioni diffuse ancora oggi dai mezzi di comunicazione, da molti libri di testo e da alcuni studiosi a proposito delle crociate contribuiscono a darne un’immagine distorta e riduttiva. Questo atteggiamento generalizzato finisce per essere causa ed effetto del significato negativo assunto, nel linguaggio corrente, dal termine “crociata”, […] non senza conseguenze anche su larga parte del mondo cattolico, che subisce il ricatto, concettuale e semantico, del “Non vorrai fare una crociata?”».
(4) «Il termine “crociata” – di cui negli ultimi due secoli si è fatto un uso tanto generalizzato quanto ambiguo – ha un significato formalizzatosi in termini giuridici solo nell’elaborazione canonistica del secolo XIII (grazie soprattutto a Sinibaldo Fieschi, poi papa Innocenzo IV, e a Enrico di Susa meglio conosciuto come il “cardinale Ostiense”) e corrisponde a una pluralità di articolate azioni militari alle quali si estendono disciplina e prerogative proprie del pellegrinaggio e dei voti che in vista di esso ο durante esso si pronunziano in una forma esplicita e solenne, e perciò vincolante.
Parallelamente alla disciplina dei voti crociati, come si sa, si andò sviluppando nel corso del Duecento ― mano a mano che l’obiettivo originariamente proprio di quello che storiograficamente parlando si considera il “modello” del movimento crociato, vale a dire le grandi spedizioni dei secoli XI-XII per la conquista, la conservazione e la riconquista cristiana di Gerusalemme e dei Luoghi Santi della Cristianità, si andava complicando ― una prassi giuridica tendente a legittimare anche attività collaterali alla crociata considerate però importanti, anzi indispensabili per la sua riuscita: la predicazione anzitutto, e quindi il finanziamento delle singole imprese che s’identificava con i cinque fondamentali strumenti delle elemosine, delle donazioni, delle somme raccolte a titolo di redenzione o di commutazione del voto solenne di crociata (che era in linea di principio venalmente redimibile) dei lasciti testamentari, delle decime».
(Franco Cardini,Crociata e religione civica nell’Italia medievale. In: La religion civique à l’époque médiévale et moderne (chrétienté et islam), Actes du colloque organisé par le Centre de recherche «Histoire sociale et culturelle de l’Occident. XIIe-XVIIIe siècle» de l’Université de Paris X-Nanterre et l’Institut universitaire de France (Nanterre, 21-23 juin 1993) Rome : École Française de Rome, 1995. pp. 155-164. (Publications de l’École française de Rome, 213) in https://www.persee.fr/doc/efr_0223-5099_1995_act_213_1_4943)
(5) Se qualcuno dovesse ironizzare, farebbe bene a ricordare che non c’è giorno in cui non ci si chieda una partecipazione economica, ovviamente volontaria, per crociate “moderne”, generalmente tese ad aiutare la ricerca su malattie del “corpo” piuttosto che a ottenere benefici spirituali…
(6) Come riportato da mons. Caserta nella Premessa del suo libro, «la Crociata, mai soppressa ufficialmente, terminò spontaneamente quando nel 1906 fu riformata la disciplina del digiuno quaresimale» (p.2). Il «mai soppressa» si riferisce, però, solo al versante ecclesiale, perché, sul versante “laico” e statuale, con l’unità d’Italia il nuovo governo sabaudo non poté più tollerarla. Al riguardo, spiega ancora mons. Caserta: «La soppressione ufficiale della Crociata fu una conseguenza inevitabile del sorgere del Regno d’Italia; il Governo italiano infatti non l’avrebbe tollerata a meno che non avesse potuto appropriarsi dei suoi proventi, così come un tempo potevano fare i Borboni a pro della flotta; ma poiché un simile procedimento era davvero impensabile, data la tensione dei rapporti tra Santa Sede e Governo italiano, quest’ultimo non esitò a sopprimere l’istituto [il 31 dicembre 1861, con una circolare inviata ai Vescovi dell’ex-Regno delle due Sicilie], decidendo che “non si debba per l’avvenire riportarsi tra i cespiti finanziari il prodotto della Bolla della Crociata”» (p.53). L’intolleranza del Regno d’Italia verso l’istituto della Crociata forse fu ancor più acuita dal fatto che dal 1845 al 1877 fu vescovo di Napoli il Venerabile Card. Riario Sforza [Sisto, (1810-1877)] ― un grande pastore che riuscì a guadagnarsi la fama di «Borromeo redivivo» ― il quale «dopo l’ingresso di Giuseppe Garibaldi a Napoli, il 21 settembre 1860 […] fu espulso dalla città per aver sospeso i cappellani garibaldini ed essersi rifiutato di benedire la ‘crociata’ patriottica» e fu costretto per due mesi a rifugiarsi a Roma. «Richiamato [a Napoli] dalle autorità italiane, […] non tardò a scontrarsi con la politica ecclesiastica del governo e fu quindi nuovamente allontanato, il 31 luglio 1861. Rimase in esilio per cinque anni, soggiornando tra Roma, Terracina e Civitavecchia, e poté rientrare a Napoli solo il 6 dicembre 1866». Tuttavia, successivamente, «[…] si separò progressivamente dalla causa borbonica e cercò di instaurare un modus vivendicon le autorità italiane, per preservare al meglio gli interessi religiosi» [Luca Sandoni, voce Riario Sforza, Sisto, Dizionario biografico degli italiani, vol.87, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2016, in http://www.treccani.it/enciclopedia/sisto-riario-sforza_(Dizionario-Biografico)].
(7) Ad esempio, il 19 dicembre 1862, il papa Pio IX [1792; 1846-1878], in un Breve, concesse che i proventi dell’istituto della Crociata, «ormai soltanto ecclesiastico», fossero destinati dai Vescovi «alla formazione del giovane clero». Il Breve, comunque, «rimase sospeso» e negli anni successivi si ricorse a Rescritti Pontifici per permettere «ai Vescovi di usare [tali proventi] anche a vantaggio dei poveri delle rispettive diocesi il ricavato della Crociata» (p.55).
(8) Se ormai, per l’acquisto della Bolla, era diffusa l’abitudine di «chiedere riduzioni e sconti per collettività […] [come] orfanotrofi, istituti pii, case di suore, […] [fino] al Convitto del Liceo Vittorio Emanuele», è sorprendente come, dopo l’Unità d’Italia, «anche gli istituti diretti dallo Stato, cercassero di ottenere la Bolla e le annesse dispense, versando, in via non ufficiale, il denaro ai religiosi cui era affidata l’assistenza spirituale degli allievi». Ancor più sorprendente mi sembra il caso del Collegio Militare della Nunziatella, dove gli«[…] allievi, per disposizione del Ministero della Guerra, mangiavano carne tutti i giorni e più volte al giorno, anche nei giorni di digiuno, essendo considerati militari». Per porre fine a questa sgradevole «situazione spirituale» degli allievi e del personale, il Cappellano ricorse a un escamotage, facendo in modo che del «[…] pagamento della Bolla “[non] […] comparisse niente nei conti”, perché il direttore non avrebbe potuto acconsentire, né curare la riscossione» (p.61).
Commenti recenti