«Bisogna dunque distinguere, per non errare, la verità della fede dalle cose della fede. La verità della fede è manifesta alla nostra ragion naturale, ma non già le cose della fede. Perciò ella si chiama luce tra le tenebre; mentr’ella è insieme oscura e chiara.»

E’ questo un argomento estremamente significativo perché:

«La conciliazione della fede e della ragione è anche più importante che la conciliazione della rivelazione e della scienza; perché la scienza è figlia e serva della ragiona»(F.M. Moigne, Gli splendori della fede, p. 30)

O come ancora ebbe a scrivere Cornelio Fabro, mettendo in risalto il valore che ha questo problema, considerato come ultima determinazione della questione della verità, nei confronti dell’esistenza concreta in cui siamo chiamati a porci nella libertà difronte all’Assoluto:

<<Il problema dei rapporti fra ragione e fede.. può ben essere detto un nido di difficoltà … e si presenta come il nodo di tutti i problemi sulla risoluzione ultima della verità dell’esistenza per l’uomo itinerante nel tempo. Ma per il cristiano – e per il teologo in particolare che è la guida ed il buon Samaritano in questo viaggio che tocca alla tangente il cielo e l’inferno, ossia che decide il significato e l’esito del problema della salvezza – il rapporto di ragione e fede corrisponde al problema … della possibilità della salvezza sul piano oggettivo della conoscenza e dell’appropriazione della «verità che salva…come l’analogia dei nostri concetti metafisici permette di afferrare il senso e la convenienza dei misteri rivelati: altrettanto la sete di salvezza e di amore, l’orrore della morte e l’aspirazione alla vita, inclinano lo spirito finito ad «abbandonarsi» allo Spirito che è Amore infinito, perché all’amore nella sua istanza radicale non può mancare il suo oggetto.» (Fabro La Rivelazione cristiana, in Momenti dello spirito)

E’ per questo motivo che essendo la filosofia la più alta manifestazione della razionalità umana, la Rivelazione Divina interroga specialmente essa, e lo fa radicalmente, andando alla profondità del problema esistenziale che è risolvere lo stesso problema dell’intero, del tutto, dell’esperienza originaria. Come scrive il teologo fondamentale Tanzella Nitti ( La dimensione apologetica.., pp.11-12):

         <<La ragione cui la dimensione apologetica della Teologia fondamentale deve fareappello è la ragione che coinvolge tutto l’uomo, la sua razionalità filosofica e la sua razionalità scientifica, ma anche le ragioni più intime dell’esistenza umana e del senso comune, […]Si tratta, ancora, di una ragione… rispettosa della logica del ragionamento e sempre aperta a nuovi e più profondi livelli di intelligibilità. Si tratta di una ragione umana che dalla razionalità scientifica ha imparato a riflettere entro orizzonti spazio-temporali di respiro cosmico, che sanno spingersi verso l’infinitamente grande e indagare l’infinitamente piccolo, giungendo ad una comprensione del mondo, della vita e del loro evolvere nel tempo, con la quale il pensiero filosofico, e dunque anche quello teologico, devono saper dialogare e confrontarsi. Ma la ragione umana alla quale l’annuncio cristiano si rivolge — ed è questo un aspetto della massima importanza ai fini di quanto si dirà più avanti circa i preamboli della fede — è una ragione la quale, pur consapevole della sua apertura all’infinito e quindi della sua capacità di interrogarsi sull’intero del reale e sul senso del tutto, si riconosce non competente a fornirne le risposte davvero ultime, accettando invece che queste le vengano narrate, perché conscia che i fondamenti del proprio conoscere giacciono nel mistero dell’essere, ricevuto e non posto, ascoltato ma non detto.>>

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