di Padre Ubaldo Terrinoni O.F.M. Cap.
- La libertà: dono e conquista
La cultura moderna lancia allettanti e assillanti messaggi all’uomo della strada, al giovane privo di esperienza: “tu sei libero; nulla e nessuno al di sopra e al di fuori di te, tu l’unico arbitro delle tue scelte e delle tue risoluzioni, puoi disporre di te e delle tue potenzialità come meglio credi, senza dover rendere conto a nessuno; tu sei il “dio” di te stesso. E purtroppo questa cattiva scuola ha illuso e tradito innumerevoli giovani inesperti e ha moltiplicato alienazioni, depressioni e suicidi.
Il messaggio biblico invece si fa più cauto e annuncia che l’uomo, e soprattutto il cristiano, è destinato a vivere nella libertà. Ed è per questo che l’apostolo Paolo si produce in una vigorosa affermazione: Voi fratelli siete stati chiamati a libertà (Gal 5,13). E chi è che chiama? – E’ Dio! Dio dunque non è il nemico della libertà, non è colui che dispone limiti e che sistema paletti alla libertà; al contrario, egli è la sorgente è la fonte della libertà; egli ama la nostra libertà più di quanto l’amiamo noi stessi. Egli è il Dio libero e desidera ardentemente che lo seguiamo da persone libere.
E’ lui che ce ne fa dono! Mette “dentro” di noi il germe della libertà, germe che ha bisogno della nostra personale collaborazione per crescere ed espandersi e farci risultare veramente liberi. Sicché la libertà è un dono e una conquista: è un dono perché il Signore nel giorno del battesimo ha messo in ognuno di noi il piccolo “seme” che, tuttavia, ha bisogno di una conquista, cioè ha bisogno di collaborare con l’Alto per destituire di ogni potere qualche eventuale “faraone” terreno che pretendesse annidarsi dentro di noi e farla da padrone e gestirci a suo piacimento.
Del resto, si sa che non c’è vera libertà senza esercizio di liberazione: e dunque, liberare la vita, lo spirito, il cuore dagli idoli muti e schiavizzanti per risultare realmente persone libere. Quali idoli? Il potere, l’avere, il piacere, la gloria, il denaro, la ricerca del benessere, l’affermazione del proprio “io”, la frenesia dell’azione, dell’apparire, del riuscire, dell’imporsi…Dunque, liberarci da qualcosa o da qualcuno per appartenere ad un altro. Così il popolo di Dio, che è schiavo del potente faraone d’Egitto, si libera dalla pesante schiavitù per passare sotto la signoria di Dio.
“Dio è il Dio della libertà – afferma lo scrittore ebreo Martin Buber (1878-1965) -. Egli che possiede tutti i poteri per costringermi, non mi costringe; mi fa partecipe della sua libertà”. Dio gradisce l’adesione libera e non la costrizione. Pertanto, attenzione al vento di follia che oggi soffia impetuoso: ognuno può scegliere le più gravi aberrazioni, considerate come un sacrosanto diritto. E guai a farglielo notare o a obiettare qualcosa: si viene bollati come intolleranti, retrogradi, fascisti; si viene accusati di attentare alla libertà del singolo.
Infine merita ricordare che la libertà è sulla linea dell’essere e non del fare. E qui può nascondersi un madornale equivoco! Si dice: “Io sono libero e perciò faccio quel che voglio”; “io sono libero e perciò faccio quel che mi pare e piace”. Questa è stata la scelta dissennata del figliol prodigo: vivere la libertà senza l’ombra di alcun limite. E si è ritrovato in una situazione umana così critica che per sopravvivere è stato costretto a un lavoro umiliante: pascolare i porci…! (Lc 15, 11-32). Dunque, non ci si inganni: la libertà è sulla linea dell’essere: io sono libero se mi impegno ad essere quel che devo essere secondo il progetto di Dio; collaborando a questo progetto mi realizzo e vivo e gusto in pienezza la libertà!
- “Camminate secondo lo Spirito”
L’apostolo Paolo suggerisce anche “la via” sicura per non cedere a tendenze deviazionistiche: Camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne (Gal 5,16). Si comprende facilmente che l’apostolo vuole evidenziare che la potenza dello Spirito è ben più forte di quella della carne. Sappiamo per esperienza che le insidie quotidiane del male sono senza numero; sono sempre delle imboscate pericolose e subdole. Anzi, l’uomo si trova di continuo tra due potenti forze in contrapposizione: La carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; questi infatti si oppongono fra loro (Gal 5,17).
E tuttavia è possibile la vittoria! Perché lo Spirito è nella nostra anima e anche nel corpo come precisa Paolo: Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? (1Cor 6,19). Dunque egli abita in noi (Rom 8,9) e non sta inattivo, non è presenza passiva, inerte. Al contrario, ci lavora febbrilmente per trasformarci in sua “dimora” sempre più splendida, eliminando anche le più piccole ombre del male.
Anzi, nella lettera ai Galati, Paolo passa a distinguere gli esiti, cioè i differenti risultati di chi si affida alle tendenze della carne e di chi si affida alle tendenze dello Spirito. Per i primi, egli parla di “opere della carne” (vv. 19-21), per gli altri invece di “frutto dello Spirito” (vv. 22-23). Sono “opere” perché restano all’esterno dell’uomo e non contribuiscono affatto alla sua crescita e alla sua maturazione; anzi per molti aspetti l’uomo viene danneggiato e come bloccato, congelato nelle sue potenzialità.
L’azione dello Spirito invece viene qualificata come “frutto” (al singolare), perché corrisponde alle più profonde e più autentiche esigenze dell’uomo e conferisce un concreto apporto alla maturazione e alla formazione di una personalità robusta e sicura. E mentre nel contesto delle “opere” il denominatore comune è l’egoismo, nel contesto del “frutto” invece è l’amore; l’amore che diventa fonte di pace, di gioia e di libertà. Si, l’amore non può esistere senza libertà; l’amore è l’espressione più bella, più alta e più perfetta di libertà; dilige et fac quod vis scrive sant’Agostino (“ama e fa quel che vuoi”), ama ed eccoti libero!
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