di Gianluca Zappa

In occasione del Dantedì ho pubblicato sul web un video in cui presento quella che, fino a prova contraria, ho definito una mia scoperta. La spiego subito e poi aggiungo varie considerazioni. Si tratta del verso centrale della Divina Commedia. L’ho individuato con una semplice divisione: i versi del poema sono in totale 14.233, la cui metà dà 7.116,5. Se ci si mette con un po’ di pazienza a sommare il numero dei versi di ciascun canto a partire del primo, si arriva al numero 124 del canto XVII del Purgatorio. Siamo in effetti nei canti centrali non solo della cantica, ma di tutto il poema.

Il verso in questione recita:

Questo triforme amor qua giù di sotto

si piange…

Basta osservarlo con attenzione e si resta davvero stupiti, per due motivi. Il primo è che, guarda caso, non si tratta di un verso perfettamente conchiuso in se stesso (come, ad esempio, “Nel mezzo del cammin di nostra vita”), ma che finisce nel verso successivo, cioè presenta quello che si definisce un enjambement, un’aggiunta; per restare al numero che abbiamo trovato con la divisione, uno 0,5 in più. Questo, insomma, non è il verso 124, ma proprio il 124,5. E’ solo un caso?

Ma il secondo e ben maggiore motivo di stupore è che al centro del verso c’è una parola che è davvero il cuore stesso della Divina Commedia, “amor”, e questa parola arriva con forza al lettore grazie ad una cesura, una pausa molto accentuata (grazie anche al fatto che “amor” è una forma tronca) che cade dopo la sesta sillaba di un endecasillabo a maiore. Quella parola inoltre non è solo il centro del verso, ma proprio il soggetto logico della frase.

Ce n’è abbastanza per avanzare l’ipotesi che qui Dante ci abbia messo la mano. Qualcuno potrebbe obiettare: ma quando scrisse il verso già sapeva che sarebbe arrivato ad un numero complessivo di 14.233 endecasillabi? Ritengo che questo sia inverosimile, però non sapremo mai se, scritto tutto il poema, questo grande poeta dalla mente ordinatrice e pianificatrice sia poi andato a ritoccarne il centro.

In ogni caso l’alternativa è ammettere che si sia qui in presenza di una casuale, fortuita coincidenza. Il che sarebbe ancor più stupefacente, in un poema che conta migliaia di versi.

Dante, abbiamo già detto, ha edificato una cattedrale e questo suo edificio doveva essere bello. Nell’estetica medievale la bellezza passava per la constructionis elatio, cioè per la complessità della costruzione, della corrispondenza delle singole parti, come lui stesso spiegava nel De vulgari eloquentia (II 4 7). Nel Convivio, poi, aveva chiaramente espresso il suo ideale estetico: “Quella cosa dice l’uomo essere bella, cui le parti debitamente si rispondono, per che de la loro armonia risulta piacimento” (I 5 13).

E’ questo un ideale di bellezza che si alimenta di un ordine, di una geometria, che magari resta anche segreta, ma c’è. E’ qualcosa che facciamo difficoltà a capire, noi che viviamo in una cultura che vive di disarmonie, di contrasti, ma che non possiamo dimenticare quando ci avviciniamo al poema di Dante. Per cui la cura del centro preciso della Commedia, di quel verso, di quella parola, è in totale accordo con questo ideale di bellezza. Anche perché le corrispondenze diventano significative, cioè parlano, dicono qualcosa, non sono appena messe lì per una specie di gioco. Come del resto avviene in tutti i testi sacri, e la Commedia è un “poema sacro”.

Vorrei farlo capire con alcune ulteriori osservazioni. La parola amor è dunque al centro esatto, in un verso, il 124, la cui somma delle cifre dà il numero 7. Ora, questo numero, come ha dimostrato in modo molto convincente il grande dantista Charles Singleton (e la sua dimostrazione parte proprio dal rinvenimento di un ordine nascosto), è il più ricorrente proprio in questi canti centrali del poema, tanto che Singleton l’ha definito “il numero del poeta”. Tutto si tiene. Ma questa scoperta che genera stupore, proprio come avviene a Dante nel poema spinge a farsi altre domande. Quando per la prima volta la parola amor (sì, proprio nella sua forma tronca) compare nel poema? E’ nel primo canto dell’Inferno:

Temp’era dal principio del mattino

e ‘l sol montava ‘n su con quelle stelle

ch’eran con lui quando l’amor divino

mosse di prima quelle cose belle…

Il verso che contiene la nostra parola è il 39, presenta cioè due numeri fondamentali in Dante per il loro simbolismo, il tre (la Trinità) e il nove (la Trinità per se stessa) che è il numero del miracolo, il numero di Beatrice. E a questo punto chiediamoci quando questa parola, nella sua forma tronca, appare per l’ultima volta nel poema. Dovremo arrivare in fondo, all’ultimissimo celeberrimo verso, “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, dove ci colpirà, oltre alla presenza della nostra parola, anche il verbo “movere” e il sostantivo “stelle”. Insomma, il verso 39 di Inferno I, e i suoi paraggi, e il verso 145 di Paradiso XXXIII mostrano delle precise corrispondenze. E il verso 145 è caratterizzato da numeri che, sommati, danno il 10, su cui è costruito, come sanno gli appassionati di Dante, tutto l’impianto del poema. Tre, nove, sette, dieci… tutte cifre molto significative. Cominciamo a capire che cosa vuol dire che una cosa è bella quando “le parti debitamente si rispondono”?

Il nostro compito però non è finito qui, anzi, comincia ora un percorso ancor più interessante C’è infatti da chiederci perché mai Dante abbia messo amor al centro del suo poema, di cosa ci sta parlando in quel punto preciso. Per ora soprassediamo, non senza però aggiungere che una scoperta di questo tipo può aiutarci a pervenire al cuore del messaggio del poeta e quindi può indirizzare tutta la lettura della Commedia.

Non sono il primo ad essermi interessato di questo centro; penso di essere il primo ad averlo assegnato a quel verso (Singleton, ad esempio, ne individua un altro). Qualcuno potrà anche smentirmi, gliene sarò grato. Tuttavia resta un fatto: se questo verso è stato già individuato, non se ne parla affatto, non si è divulgata abbastanza la scoperta, che invece a mio parere ha un’importanza estrema, come credo di avervi fatto capire.

Resta che nel cuore della Commedia, per un caso fortuito o, meglio, per una precisa strategia, c’è la parola amor. E questo ci riempie di meraviglia e di gratitudine.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi