di Guido Verna
2011
7. Il saccheggio dei sassoni e l’arrivo di Padre Cirillo
La guerra dei trent’anni era, però, solo all’inizio.
Nel 1631, gli “sconfitti” — nella fattispecie i sassoni — tornano alla riscossa e attaccano Praga, soprattutto nei suoi elementi cattolici. Santa Maria della Vittoria e il suo convento vengono saccheggiati. Il Bambino viene profanato, mutilato e buttato tra le rovine.
La città fu sconvolta da quella che sarà ricordata come la “grande peste di Praga”, che causò la morte di quasi la metà dei suoi abitanti. I praghesi andavano a pregare il loro Bambino a S.Maria della Vittoria, ma il suo posto era vuoto, desolatamente vuoto. Chissà dov’era…
Nel convento dei Padri Carmelitani Scalzi di Malá Strana, proveniente dall’analogo di Monaco di Baviera, era intanto arrivato, prima della guerra, Mikulas Schockvilberg, un giovane frate originario del Lussemburgo, dal nome complicato, che — al momento di prendere i voti, forse perché destinato a diventar famoso — fu provvidenzialmente semplificato, in Cirillo della Madre di Dio. Era un “affezionato” del Bambino, davanti il cui altare era solito celebrare la liturgia quotidiana. La guerra, però, lo costrinse a stargli a lungo lontano.
Tornò a Praga solamente nel 1637, tre anni dopo la firma della Pace, per restarci tutta la vita. Forse gli si riempirono gli occhi di lacrime, quando vide le condizioni in cui era ridotta la “sua” chiesa, la chiesa del Bambino. E forse le lacrime gli rigarono il volto quando venne a sapere che lo Jezulátko era scomparso e nessuno sapeva dove fosse. Si mise a cercarlo dappertutto e infine lo ritrovò, rovinato e impolverato, con un lacero vestitino blu, tra la “robaccia” raccolta e ammucchiata dietro l’altare.

Devotamente, lo posò di nuovo al suo posto e si inginocchiò per ri-cominciare a pregarlo. Ma nella semioscurità della chiesa, sentì una vocina che diceva: «Abbiate pietà di me e io avrò pietà di voi», per poi aggiungere:«Restituitemi le braccia e io vi restituirò la pace. Se mi mostrerete devozione, io non vi abbandonerò» [15].
Padre Cirillo, allora, tolse il vestitino al Bimbo e scoprì che gli erano state “amputate” entrambe le braccia, mozzate dalla iconoclastia dei protestanti.
Andò subito dal Priore, per renderlo edotto di questa tristissima menomazione, senza però essere creduto; inoltre — si lamentò lo stesso Priore — il convento versava in gravi difficoltà economiche e quindi non c’erano certo soldi da spendere per l’artigiano-ortopedico.
Padre Cirillo portò a dormire il Bambino nella sua cella, chiedendo aiuto al cielo. Che esaudì le preghiere: qualche tempo dopo, infatti, uno sconosciuto malato portò «[…] cento soldi d’oro, tutti per restaurare la statuetta». Anche in questo caso, però, il Priore fu di tutt’altro avviso: tutti questi soldi per una statuetta così malridotta? Meglio ordinarne una nuova, di legno — chissà: forse avrà pensato “più bella”, “più moderna”, come tanti, insopportabili “Priori” dei tempi nostri — e magari utilizzare il resto dei soldi per risistemare il convento.
Ma la nuova statuetta, messa al posto della “vecchia”, ebbe subito un problema, perché appena «[…] collocata sull’altare, un pesante candelabro le cadde addosso e la mandò in pezzi». Nemmeno questo, però, bastò a far cambiare idea al Priore, per cui la Provvidenza dovette attivare con una procedura amministrativa: il trasferimento del Priore.
8. L’intervento della Signora
Ma alla Provvidenza sfuggiva che spesso il “mondo dei Priori” ha una sua omogeneità. Infatti, nemmeno il nuovo Priore credette al racconto del povero Padre Cirillo e forse per togliersi di torno questo “fissato”, fece questa concessione, che in realtà era una sfida la statuetta: «Va bene […] lo farò aggiustare ma solo a patto che il Bambin Gesù aiuti il nostro convento». Padre Cirillo si ritirò in preghiera davanti ad essa — non ancora sull’altare attuale — ma poco dopo gli fu detto di andare in chiesa perché c’era una sconosciuta che voleva parlare con lui.
Era un Signora che «Emanava uno strano splendore [e] nobiltà d’animo […] [e che] parlò con dolcezza al padre, disse che era suo desiderio che il convento non vivesse più nella miseria e gli donò dei soldi. Subito dopo si allontanò, senza che il frate potesse ringraziarla» [16].

Si era mossa anche la Madre — pareva — per poter pagare “il dottore e l’intervento“ per il figlio ferito! Padre Cirillo corse a raccontare tutto al Priore, che forse considerò ormai inguaribile la sua “fissazione” e decise ancora che il denaro della Signora avrebbe dovuto essere utilizzato per «[…] cose ben più importanti del restauro di una qualche vecchia statuetta».
Padre Cirillo tornò sconsolato nella sua cella, dove però sentì di nuovo quella vocina: «Portami all’ entrata della sacrestia, lì troverai una persona, che avrà pietà di me!” ».

Il buon Padre ci andò e «[…] vide entrare in chiesa un uomo in pena. Era un ufficiale dell’esercito imperiale. Un uomo che, nel corso dei lunghi anni di guerra, aveva visto e conosciuto mille sofferenze, e molti bambini feriti e mutilati. Fissò il Santo Bambino e non riuscì a sopportare la vista del suo povero corpicino senza braccia. Domandò della sua sorte e poi, a sue spese, lo fece riparare. E le cronache antiche riportano che, per la sua pietà e nobiltà d’animo, quest’uomo ricevette una grazia: tutti i dispiaceri e le difficoltà, che doveva affrontare ogni giorno nel suo matrimonio e nel suo mestiere, si dileguarono d’improvviso» [17].
(continua)
Guido Verna
2011
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[15] M.(?) Santini,op.cit., pp.30-31
[16] Ibid., p.36.
[17] Ibidem.
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