Stefano Aviani Barbacci, 20/03/2020

CESSATE-IL-FUOCO A IDLIB: SCONFITTI I MILIZIANI, LA TURCHIA SCENDE A PATTI

Stefano Aviani Barbacci, 20/03/2020

Alcuni giornali ci hanno ricordato nei giorni scorsi il nono anniversario dell’inizio della guerra in Siria. Una crisi cui ci siamo pian-piano abituati e che torna sulle prime pagine più che altro per le ripercussioni sul problema delle migrazioni e dei profughi. I Paesi europei e la UE gestiscono malamente le conseguenze della tragedia senza interrogarsi sulle cause. E se ne comprende bene la ragione: tra quelle cause ci siamo anche noi. Una gestione puramente opportunistica che trova la sua massima espressione nell’aver fatto della Turchia il guardiano dei flussi migratori tra Europa e Medio Oriente.

Ma la Turchia è dentro al conflitto siriano fin dagli inizi, avendo anch’essa dato sostegno ai miliziani stranieri infiltrati in Siria per rovesciarne il governo. Tramontata la prospettiva del regime change, l’esercito turco ha occupato Afrin, è intervenuto contro i curdi a Est dell’Eufrate e protegge l’enclave jihadista di Idlib. Al tempo stesso, Ankara ha intessuto un complesso dialogo diplomatico con Mosca la quale ha consentito allo stabilirsi di “posti di osservazione” turchi in Siria nella speranza di un rallentamento del conflitto e nella prospettiva del riconoscimento da parte di Ankara del diritto dello stato siriano alla propria integrità territoriale.

Con un piede tra i jihadisti di Idlib e l’altro nei colloqui di pace di Astana, la politica di Erdogan appare ambigua ed imprevedibile nei suoi possibili sviluppi. Fatto sta che quando il 5 Marzo del 2020 il premier turco si è recato a Mosca per concordare un cessate-il-fuoco a Idlib, erano appena crollate in Siria, dopo 20 giorni di combattimenti, le residue speranze turche di riconquistare la strategica località di Saraqib e di lì tagliare l’autostrada M-5 che collega Damasco con Aleppo. Una chiara sconfitta per i miliziani filo-turchi e per i regolari turchi che li avevano apertamente sostenuti.

Miliziani filo-turchi del FSA ad al-Bab (Siria): l’uniformità dell’equipaggiamento suggerisce il ruolo di paamilitari al fianco dell’esercito turco.

Senza rompere con Ankara, Mosca ha tenuto il punto sul controllo esclusivo dello spazio aereo e, con i jet russi e siriani sempre in volo, le speranze turche si sono dissolte come neve al sole. Il 28 Febbraio la Turchia aveva chiesto una risoluzione a proprio favore da parte della NATO e dunque il sostegno degli alleati euro-americani per imporre una no-fly-zone sulla provincia siriana di Idlib. Puntuali, i grandi giornali titolavano di bombardamenti russi mirati su scuole e ospedali (che non hanno trovato conferme sul campo*) offrendo una sponda “umanitaria” al ricatto di Erdogan: “se non sarà no-fly-zone sarà genocidio a Idlib”.

La risoluzione a favore dei turchi è stata tuttavia bloccata dalla piccola Grecia (che con la Turchia ha aperti non pochi contenziosi) e la vendetta di Erdogan non si è fatta attendere: l’esercito di Ankara ha iniziato a trasferire a ridosso del confine ellenico migliaia di “profughi siriani”. In verità una massa eterogenea di persone che alcune fonti descrivono come costituita solo in minor parte di siriani e in misura maggiore di afghani, iracheni, turkmeni e pakistani cui il governo turco avrebbe promesso un accesso facile in Occidente. In ogni caso, ci troviamo di fronte a un cinico gioco.

Fallito il tentativo militare di recuperare il pieno controllo della provincia di Idlib (operazione “Spring Shield”), ad Erdogan non è rimasto altro da fare se non tornare al tavolo delle trattative con Putin. L’accordo firmato la settimana scorsa a Mosca ha il chiaro significato di una vittoria per la Siria, perché certifica la liberazione dal controllo straniero di ben 2.343 km2 di territorio nazionale, garantisce ai siriani il pieno controllo dell’autostrada M-5 e sottopone l’autostrada M-4, fino a ieri sotto il controllo dei jihadisti, al controllo congiunto di pattuglie russo-turche.

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Veicoli blindati della Polizia Militare russa percorrono la M-5 in direzione di Saraqib (nella provincia di Idlib) dopo la sconfitta dei turchi e il cessate-il-fuoco.

Passo dopo passo la Siria recupera il controllo delle proprio territorio, ma ciò non sembra sufficiente a garantire una pace duratura e sempre nuovi ostacoli si frappongono alla conclusione del conflitto. Quando finirà? Riad Sargi, direttore della CARITAS siriana, ha risposto così in una recente intervista: “la guerra in Siria finirà quando la maggior parte delle nazioni straniere avrà tolto le sanzioni alla Siria e i miliziani stranieri se ne saranno andati. Allora la riconciliazione e il perdono riempiranno i cuori di tutti i siriani”. Sono trascorsi 9 anni, siamo in tempi di Coronavirus, perché non dargli finalmente ascolto?

NOTE

(*) Dopo l’ingresso della Polizia Militare russa nelle aree liberate della provincia di Idlib, alcuni edifici dichiarati distrutti da bombardamenti russo-siriani dai media sono stati riconosciuti e fotografati integri, le immagini sono state messe a disposizione della stampa internazionale.

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