di Guido Verna
Scritto in occasione del Pellegrinaggio al Santuario di san Michele Arcangelo di Procida, il 1° ottobre 2017 per l’inizio dell’anno associativo dei miltanti di Alleanza Cattolica della Regione Campana

7. Come muoversi nel pellegrinaggio della vita
Come muoversi, allora?
Dunque, anzitutto e a fondamento: la riparazione della violazione iniziale del nostro antenato Adamo − quando, sollecitato dal demonio, volle essere come Dio − con il ri-posizionamento, alla scuola sapiente del «Chi come Dio?» di san Michele.
Ma anche alla grande scuola di Maria, che seppe riconoscere la Sua «Croce di via» [1] nell’arcangelo Gabriele, e col suo Fiat dichiarò di “voler” seguire la sua indicazione, un Fiat preceduto però dalla dichiarazione di ri-posizionamento «Ecco la serva del Signore».
È chiaro, dunque, che ciascuno si potrà muovere con profitto nel proprio personale pellegrinaggio verso il Paradiso − il “Grande pellegrinaggio” − solo dopo il suo convinto ri-posizionamento.
Come la storia “grande”, anche quella “piccola” della nostra vita − che in fondo è l’unica storia che per ognuno di noi conta davvero − scorre tra ri-posizionamenti continui, tra cadute e riprese. Ma non si sbaglierà mai direzione, se si farà attenzione alle proprie «Croci di via», anzitutto riconoscendole e poi accettandole, comunque si presentino − un amico o un libro, un’associazione o un avvenimento, un’immagine sacra o un santuario o un “piccolo pellegrinaggio” come quello di oggi.
Ma per chi è nato e cresciuto con la nostra specifica ragion d’essere ,c’è un di più: è necessario insegnare a “leggere” queste «Croci di via» alla luce, appunto, di questa ragion d’essere: vivere e combattere per la regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, per rendere cioè Cristo di nuovo Signore della società, che lo aveva misconosciuto e addirittura scacciato, e rimetterlo sul Suo trono; in altre parole, per reintrodurre, come criterio ispiratore delle scelte della società stessa e, quindi, dei suoi giudizi, il Decalogo.
La “nostra” festa è, dunque, la festa di Cristo Re.
Che però è uno strano Re, che nasce indigente e muore crocifisso.
Il Calvario, la Croce, la corona di spine sono il paradigma di questa Regalità, quindi possono — e debbono — essere anche il paradigma di chi come noi ha scelto di difendere questa strana Regalità nella storia e nell’agone pubblico .
8. Immagini per memorizzare il “Grande Pellegrinaggio”
Per descrivere e memorizzare meglio il nostro “Grande
pellegrinaggio”, cioè quello della nostra
vita — ma come momento di riflessione
vale anche per il “Piccolo pellegrinaggio” di oggi — ci si può aiutare con qualche immagine.
Innanzitutto, con quella di tre cartelli indicatori,
due alla partenza e uno all’arrivo: i primi due — «Quis ut Deus?» e «Ecce
ancilla Domini. Fiat mihi secundum verbum tuum» — hanno la funzione di
ricordarci lo spirito con cui intraprendere il pellegrinaggio, mentre quello all’arrivo
— «Christus vincit, Christus regnat,
Christus imperat» — descrive il premio conseguente al suo felice esito. Dunque:
da un lato il ri-posizionamento, dall’altro il fine.
E in mezzo, durante il cammino, le tante «Croci di via» piantate provvidenzialmente per noi e identificate ogni volta da quell’infallibile Tom Tom che ha l’algoritmo sviluppato sulla base di “quella” speciale cartellonistica iniziale e finale.
9. La luce della Croce sull’Europa
Come sintesi e pro memoria del nostro pellegrinaggio di oggi, ricordo ancora qualcosa di ciò che Benedetto XVI disse a Santiago de Compostela in quel viaggio spagnolo del novembre 2010.
Per ritrovare lo spirito autentico del pellegrino giacobeo — quindi di ogni pellegrino — Benedetto invitò a meditare sulle tante croci che si ritrovano lungo il Cammino, ognuna delle quali «accoglie e orienta ai crocicchi», quelle che con Oursel abbiamo chiamato le «Croci di via».

Santiago de Compostela, novembre 2010.
Ebbene, ogni croce, cioè la Croce, «[…] segno supremo dell’amore portato fino all’estremo, e perciò dono e perdono allo stesso tempo, dev’essere la nostra stella polare nella notte del tempo. Croce e amore, croce e luce sono stati sinonimi nella nostra storia, perché Cristo si lasciò inchiodare in essa per darci la suprema testimonianza del suo amore, per invitarci al perdono e alla riconciliazione, per insegnarci a vincere il male con il bene. Non smettete di imparare le lezioni di questo Cristo dei crocicchi dei cammini e della vita, [perché] in lui ci viene incontro Dio come amico, padre e guida»[2].
Che può travestirsi, si può aggiungere, non solo da uomo, ma anche da libro o da avvenimento, da associazione o da pellegrinaggio…
Benedetto chiuse così il suo discorso, immaginando forse che anche la Storia delle nazioni potesse — anzi dovesse — essere un pellegrinaggio: «O Croce benedetta, brilla sempre nelle terre dell’Europa!».
10. Noi, pellegrini per aiutare altri pellegrini
Quelli come noi sono pellegrini sui generis: pellegrini per essere d’aiuto ad altri pellegrini.
Questa peculiarità si capirà meglio dalla lettura di una pagina tratta da un pellegrinaggio a Santiago.
«Nella enorme piazza d’armi del Castello dei Templari di Ponferrada, camminando sull’erba scarsa e rinsecchita, cerco qualche orma e qualche memoria. Il sigillo dei Cavalieri del Tempio aveva due facce: su una era raffigurata la cupola del Santo Sepolcro, sull’altra due cavalieri sullo stesso cavallo; da un lato il riferimento e la devozione, dall’altro il comportamento, costruito sull’intesa, l’armonia e la disciplina [3]. Il principio e l’azione: posso incontrare orme di monaci e di guerrieri, ma, se le misuro, scopro che sono orme dello stesso piede. Tornei cavallereschi e processioni, zoccoli e gocce di cera, una spada brandita di giorno e piantata nella terra, a farsi Croce, di sera: gli stessi uomini e gli stessi cavalli.

Niente, nella storia, succede per caso e nulla, della storia, è da buttar via, anche se mai più potrà accadere allo stesso modo quello che accadde allora. È l’analogia — non fattuale, ma spirituale ed anche metaforica — che fa della storia la magistra vitae. Riflettevo su questo ieri sera, prima di prendere sonno, dopo aver letto, in uno dei due libretti acquistati a Carcassonne, dell’inizio dell’Ordine del Tempio. Quando, nel 1118, Ugo di Payns e pochi altri cavalieri, fondano l’ordine dei “Poveri Cavalieri di Cristo” «si danno per vocazione quella di assicurare il servizio e la difesa dei pellegrini tra il luogo di sbarco e l’arrivo a Gerusalemme e di farsi carico della pulizia della strada» [4].
Ha ancora senso, oggi, anche se solo per analogia, questa vocazione? Ogni uomo è pellegrino; ogni uomo ha un luogo di sbarco e una Gerusalemme da conquistare. La condizione di viator è una condizione della natura umana, di cui il pellegrinaggio a Santiago — per esempio — è solo esplicitazione, metafora, pro memoria. Ma il viator — destinato inesorabilmente ad incontrare i cattivi e le tentazioni — ha una natura lapsa, è debole e vulnerabile, ha bisogno di aiuto e di indirizzo, di strada pulita e sicura: ha bisogno, sempre, di Templari.
È una vocazione che non può e non deve scomparire, pena l’ampliarsi a dismisura — è il dramma attuale — di pellegrinaggi esistenziali senza meta, in alcuni casi — quelli migliori — girovagando in tondo fino alla nausea, ma per lo più addirittura camminando verso l’altra direzione fino al disfacimento. I viatores di oggi incontrano nemici diversi, molto peggiori di quelli che si incontravano al tempo di Ugo di Payns, perché sono nemici che non si accontentano più della tua roba e nemmeno della tua vita: vogliono la tua anima. La preghiera dei Templari moderni dovrà essere perciò, se possibile, ancora più intensa e la spada, ancorché immateriale e metaforica, continuamente più affilata di cultura e identità cristiana. Ma, come allora, bisognerà sempre tener presente che — quanti e comunque siano o saranno i Templari di oggi e di domani — quello che vale per Ponferrada vale per il mondo e per ciascuno. Quello che vale per Ponferrada è scritto in un salmo in latino conservato nella Torre del Homenaje, che si alza a sinistra della piazza d’armi: “Si el Senor no protege la ciudad, en vano vigila quien la guarda” “Se il Signore non protegge la città, invano vigilano i guardiani” ».
Buon pellegrinaggio a tutti!
(fine)
Guido Verna
2017
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[1] Cfr. Raymond Oursel, pellegrini del medio evo. Gli uomini, le strade, i santuari, Jaca Book, Milano 1978, p.61.
[2] Benedetto XVI, Santa Messa in occasione dell’Anno Santo Compostelano nella Plaza del Obradoiro a Santiago de Compostela – Omelia, del 6-11-2010.
[3] cfr. Alain Demurger, Vita e morte dell’ordine dei Templari, Garzanti, 1987, p.67
[4] R. Pernoud, Les Templiers, Decouvertes Gallimard, 1996, p.18.
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