di Guido Verna
Andiamo a ritrovare Santiago, che oggi, a causa delle visite alle Signore, abbiamo un po’ trascurato. Entriamo dall’ingresso delle Platerias, incantati, come succede da quasi mille anni a tutti i pellegrini, dallo splendore romanico della facciata, dalla sua armonia e dal trionfo scultoreo che avvolge il doppio portale in basso. Saliamo la scalinata con gli occhi rivolti all’insù, a salutare Re Davide ma anche a verificare come nemmeno la balaustra in copertura, costruita molto dopo e così piena di pennacchi e di sfere, sia riuscita a scalfire l’armonia originaria.
Il posto a sedere che avevo occupato ieri – quel pezzettino strappato alla base della colonna – è ovviamente libero e durante la Messa lo rioccupo con sottile piacere: le mani continuano a caricare le spalle di Santiago di un peso ritmato e senza fine. Giriamo la Cattedrale per scoprire i suoi altri e tanti tesori, la Puerta Santa, il corpo di San Silvestro nella Cappella di San Pietro, la testa di Santiago Alfeo nella Cappella delle reliquie, l’Adorazione dei Magi nella bellissima Cappella della Corticella e poi il timpano della battaglia di Clavijo e poi ancora… In una Cappella, però, il giro si ferma. Grazia scopre che, come per santa Sara, anche qui, nella Cappella della Comunione, le richieste si fanno per iscritto e riguardano, per lo più, studenti universitari. Carta abbondante e penna, allora: abbiamo due figli all’Università e il terzo ci arriverà tra poco. La Vergine del Perdono ha altre tre importanti raccomandazioni da inoltrare.
Riusciamo nella piazza dell’Azabachería. All’uscita una gentile ed attempata signora distribuisce bigliettini. Lo prendo incuriosito. Il titolo suona così: El Camino más excelente. E poi: El es – Cristo – el Camino, la Verdad y la Vida. Tutto bene, anche se c’è uno strano odore di bruciato che sento uscire da questo foglietto bianco e nero, triste, solo parole e niente immagini. Nelle pagine interne dai titoli maiuscoli e sottolineati, Solo Cristo salva e Solamente en Jesu Cristo hay salvación, si capisce chi brucia. Brucia Santiago, bruciano i santi! Inutile Santiago, inutile il Camino per questi protestanti misteriosi e quasi anonimi (c’è solo uno scarno indirizzo: Apartado … Santiago de Compostela)! Sento, ancora una volta, come a Roncisvalle, il desiderio – o il dovere? – di ringraziare Iddio per essere nato e, spero, per morire dentro Santa Romana Chiesa. Vogliono spegnere anche per noi quelle cento, mille e ancora mille luci che illuminano il nostro oscuro e tormentato cammino verso il Padre. Qui, però, non ce la possono proprio fare, contro Santiago matamoros… Però ci provano, con una costanza ed una applicazione senz’altro degne di miglior causa, ma che per noi cattolici hanno qualcosa di terribilmente esemplare e su cui riflettere molto.
Una volta questa signora, con vestiti fuori moda che distribuisce sorridente e silenziosa bigliettini tristi, mi avrebbe irritato. Ora, in fondo, la ammiro anche un po’. Impiega il suo tempo libero per una causa che non è solo orizzontale, lo impiega per tentare di evangelizzare, a modo suo, certamente, vendendo latta per argento, ma convinta di vendere argento. Noi, che invece potremmo vendere oro, perché non lo facciamo più? Perché abbiamo lasciato campo libero ai magliari? Perché Sua Santità rimane inascoltato e deve incessantemente reiterare l’appello alla nuova evangelizzazione? Non è per caso, allora, che questa signora è qui perché nessuno di noi è mai andato da lei? E allora continui pure, signora, a distribuire bigliettini tristi e in bianco e nero. Noi pregheremo perché riesca a Santiago quello che ad altri come noi non è riuscito, probabilmente per il semplice fatto di non averci nemmeno provato, come invece sta facendo lei. Pregheremo perché i suoi bigliettini diventino a colori: per la sua conversione. In ogni caso ci sta a cuore anche la sua libertà, perché siccome «l’Anticristo sarà contrario non solo a Cristo, ma a ogni Dio» [1] siamo sempre più dalla stessa parte.
Non compriamo l’amuleto di azabache, l’ambra nera, quella mano chiusa con pollice fuori, di cui parla la guida turistica: rinunciamo alle sue proprietà magiche e continuiamo a preferire la Croce di Santiago, in platas. Riscendiamo, perciò, verso la Plaza de las Platerías. Le pietre luccicanti della Piazza della Quintana sembrano riflettere – più che la severità del Monasterio de San Pelayo – la dolcezza e la serenità della Primavera di Vivaldi suonata da due bravissimi giovani, di bell’aspetto e ben vestiti, all’angolo dei portici della Casa dei Canonici. Mi vergogno un po’ a mettere qualcosa nel piattino, ma loro son lì per questo…


Il verde alle finestre della Casa da Parra, unica tentazione a colori in questa vasca di pietra, prova a sedurci, ma l’invadenza sgradevole del bianco della facciata di una casa alla sua sinistra – che nemmeno il suo leggero ritrarsi riesce a mitigare – fa vincere la furbizia barocca della Casa do Cabildo e il luccicare degli argenti, che hanno buon gioco perciò a richiamarci dall’altra parte.

Un po’ di libertà ai figli e noi grandi approfittiamo per andare da soli al bar dell’Hostal, a bere qualcosa, qualcosa che dà una certa emozione, anche se dal colore e dal sapore e dal profumo continua naturalmente a sembrare solo caffè. Il portale è delizioso, stile plateresco – e come poteva essere altrimenti?. Il Re e la Regina cattolici, modesti nei loro tondi a sinistra e a destra della porta, non sembrano lì per essere riveriti ma per controllare chi entra e chi esce, che abbia tono e stile adeguati non certo alle cinque stelle del Parador ma a quella che illuminò il Campo che conservava le reliquie di Santiago. Si può fare un piccolo peccato di orgoglio proprio qui? Ebbene sì, io l’ho fatto e lo confesso pubblicamente: in alto c’è una grande finestra bianca, al centro ed alla stessa altezza di due coppie di statue, Cristo, la Vergine, San Giovanni Evangelista e Santiago. Io vorrei aprirla insieme a Grazia e stare a lungo affacciati, a rimirare, da lì, in mezzo a Loro, la Plaza dell’Obradoiro…

Guido Verna
1996
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[1] Cornelius A lapide, Commentaria in II epistolam ad Thessalonicenses, citata in Giovanni Cantoni – Massimo Introvigne, Libertà religiosa, “sette” e “diritto di persecuzione”, Cristianità, Piacenza 1996, p.50, in Nota a proposito della libertà religiosa di G. Cantoni.
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