di Guido Verna

Entriamo nella Chiesa con ancora tanta polvere di gloria negli occhi e nel cuore. La navata è alta, splendidamente romanica, in penombra. Apprezzo come un regalo provvidenziale la mancanza del coro al centro della navata [1]: perché in fondo c’è l’oro di Santiago e io posso subito vederlo.

La navata della Cattedrale

Sembra che il giallo infinito – come può essere infinito l’orizzonte di un uomo – ma spento, orizzontale della meseta, si sia concentrato laggiù, in fondo alla navata, sull’Altare, per diventare luce profonda, intensa, attraente. Tanto lo sguardo voleva perdersi nell’orizzonte della meseta, altrettanto qui cerca di concentrarsi e di entrare. Vivo questa alchimia spirituale: attraversando la penombra delle navate, la pietra grigia delle colonne man mano che mi avvicino all’Altare diventa oro; e man mano che mi avvicino sento che quest’oro mi si sta posando sul cuore. Dio, come è mediocre la mia umanità! Perché l’oro dell’Altare è dovunque, anche nel Tabernacolo della chiesetta di campagna modestamente postbellica vicino casa mia: e faccio fatica a vederlo. Ci voleva un Camino per aprire gli occhi e un mediatore come Santiago per farmi luce? Sembrerebbe di sì, anche se, sovrastimandomi, pensavo di no.

Ora sono sotto l’Altare, posso avvicinarmi con una certa tranquillità perché a Labacolla, anche se mi sono lavato solo un po’, l’ho fatto come se mi immergessi completamente nelle acque del fiume… Saluto con una preghiera il vero Padrone del mondo nel Tabernacolo ma poi, vergognandomi un po’ e chiedendoGli scusa, non posso con gli occhi che correre dal Mediatore.

L’Altare

Ci sta aspettando, d’oro seduto al centro dell’oro. Come poteva aspettarci se non seduto, vista non tanto la lunghezza del Cammino, quanto la nostra lentezza, i nostri passi grevi e incerti, i nostri tempi lunghi?

Santiago seduto

Ha gli occhi aperti e chiari, luminosi: e mi guarda con vigorosa serenità. La bocca è aperta, di chi sta parlando: benvenuto, mi pare che dica, finalmente! E forse mi sorride leggermente. O forse no, è solo dolcemente serio. é vecchio, Santiago. Ha la barba e i capelli bianchi: sono novecento anni che aspetta quelli come noi al termine del Cammino per caricarsi delle nostre miserie e presentarle al Padre comune. Oh, se ha pazienza! Ha aspettato e benedetto l’umanità della Reconquista, ha illuminato i cuori della cristianità medievale, ha trasformato peccatori in Santi, ha fatto crescere fiori da sterco. Chino la testa e il cuore: fallo ancora, Santiago!

Statua di Santiago

Mi chiamano: è l’ora di mettersi in fila per il secondo rituale del pellegrino, l’abbraccio al Santo. La fila è lunga [2], mai abbastanza comunque per predisporsi degnamente con qualche preghiera all’incontro. Si arriva dietro l’altare e da una porticina si sale una scaletta fino a portarsi all’altezza della statua, alle sue spalle.

Sono arrivato. Non posso vederlo in viso, ma posso abbracciarlo da dietro e, attraverso il pieno dell’aureola, toccare con la mia fronte la sua nuca e appoggiare le labbra alla conchiglia che ha sulla mantellina. La mantellina è d’oro, colorata da pietre preziose. Fu un regalo successivo dell’Arcivescovo Monroy: per proteggere le sue vecchie spalle dall’umidità della Galizia? No, per proteggere le sue vecchie spalle dai pesi e dall’unto della nostra umanità, anche della mia che insistentemente continuo ad appoggiare ad esse, fino a che il garbato colpo di tosse della signora che mi segue mi richiama ai ritmi della fila. Avanti, adelante, ci sono peccati e peccatori nuovi: Santiago aspetta, ha spalle robuste e protette.

C’è un’altra fila da fare, per l’ultimo rituale del pellegrino: la visita alle reliquie di San Giacomo, che sono qui sotto, nella parte inferiore dell’Altare. Scendiamo: l’urna d’argento è cesellata come solo gli spagnoli sanno fare. Il tempo di una preghiera, ormai a cuore gonfio, e siamo fuori pressati dalla fila spietata che continua e continuerà ininterrotta per tutti i giorni della nostra permanenza.

Guido Verna

1996

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[1] Il coro — ho letto da qualche parte — è stato comunque eliminato solo qualche anno fa.

[2] Una piacevole curiosità. Domani, a La Coruña, si assegnerà il trofeo Teresa Herrera, un classico del precampionato di calcio. La finale sarà giocata dai brasiliani del Botafogo e dalla Juventus. La TV italiana ha previsto la diretta, che — ne sono certo — sarà perfetta, perché il “grande” telecronista B.P. inviato per raccontarla ora è qui in fila per abbracciare Santiago…

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