di Guido Verna
Ora mi sento nel cuore della Civiltà Cristiana. Mi guardo intorno e mi rigiro, con lenta voluttà, nel calore e nella ricchezza nutritiva del mio sacco amniotico. Mi guardo intorno, e, prima di succhiare dal cordone ombelicale, mi faccio vincere dalla nostalgia. Di un mondo in cui forse non avrei meritato di vivere, ma che amo profondamente. Rimpiango la serenità, i vestiti, la cavalleria? No, sono un realista. So che non potranno mai più esistere due mondi uguali. Ma analoghi sì. Potrà esistere ancora un mondo in cui Dio sia al primo posto, anche nelle costruzioni. Un mondo in cui un architetto, anche grande, piega il suo ingegno e la sua creatività al Creatore. Un mondo in cui chi progetta l’ingresso di una basilica si rende perfettamente conto che è l’ingresso della casa di un Altro e non ci pone il sigillo orgoglioso e gravitazionale della sua personalità, che, al contrario, fa levitare ed esaltare, cercando con umiltà soltanto di descrivere – per quanto un uomo può, e può molto, se vuole – il sigillo dell‘Altro.
Incomincio ad alimentarmi dal cordone ombelicale. Duecento sculture di granito galiziano, alle quali, come leggo sulla guida «il maestro Mateo seppe donare vitalità ed espressività gotica di così profonda autenticità da far esclamare a Rosalia de Castro “[…] ècome se le labbra si muovessero, come se parlassero tra loro. Saranno di pietra quei volti così veri, quegli occhi colmi di vita?”» [1].
Sì, sono di pietra, come la piazza e le facciate dei palazzi. Fuori ci voleva l’humus per far uscire luce anche dal nero della lavagna. Qui, invece, le pietre, plasmate e organizzate da un uomo, hanno luce propria, senso teologico profondo ma da tutti comprensibile e, quindi, da tutti ammirabile ed amabile. Biblia pauperum, infine, ma prima teologia limpida e condivisa. Mateo – il magister – era un architetto medievale, cioè un uomo che faceva parte di una società, di una cultura in cui l’essere architetto – o contadino o nobile o guerriero – si fondava anzitutto sull’essere un cristiano integrale; un uomo cioè che sapeva come il Paradiso si guadagni anche – solo! – nella propria attività ordinaria, nell’integralità della propria vita sposata all’integralità della dottrina. Guardo l’opera di Mateo. É la memoria architettonica di un tempo che fu, certo, ma è anche il pro-memoria di un tempo che potrà essere ancora. Ancor di più: sopra la storia, è la rappresentazione del tempo che è.

Il popolo ebreo nell’arcata di destra, il popolo pagano nell’arcata di sinistra e, al centro, il Cristo nella gloria «secondo la visione apocalittica di S. Giovanni» [2]. E ai piedi di Cristo – sulla colonna spartiluce centrale su cui è rappresentata «la storia genealogica del Cristo […] l’Albero di Jesse […] fino alla Vergine Maria il cui capitello rappresenta la Santissima Trinità» [3]— la statua di Santiago. E sotto la colonna, quasi a staccarla dal pavimento, Maestro Mateo, di spalle, con losguardo rivolto all’altare e con la pergamena con su scritto Architectus.

…la terra, il pavimento, un uomo integralmente cristiano che opera guardando al Centro, che si fa carico volontariamente del suo essere figlio, ramo dell’albero e che perciò trova in alto i grandi Mediatori, la Vergine e Santiago, che lo aprono infine alla gloria di Cristo: e lassù – lui, aderente al suolo, piccolo uomo e misero peccatore –, lassù trova gli angeli, gli Evangelisti, gli Apostoli, i Profeti…; trova, nel passato, il sempre presente, l’eterno.

Mia moglie mi richiama bussandomi ad una spalla. È ora che cominciamo la fila, c’è il rituale d’ingresso da compiere: la mano nella colonna, che tante mani di pellegrini hanno consumato fino a scavarla, e poi in ginocchio a dare qualche colpo di testa su quella di Mastro Mateo, perché ci trasferisca qualcosa della sua santa genialità.

Il mio figlio maggiore deve dare fra poco l’esame di Scienza delle Costruzioni, un esame molto duro. Gli chiedo – o gli impongo? – di forzare la testata e di ripeterla più volte. Se non altro per dar conferma alla devozione popolare, che, come leggo sulla guida, ha ribattezzato Mateo «O santo dos croques», il santo dei bernoccoli…

Guido Verna
1996
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[1] Guida Turistica in italiano Santiago de Compostela, Collecioni: Destinos Turisticos, Turespaña, Ministerio de Transportes, Turismo y Comunicaciones, p.13,
[2] Ibid., p.13.
[3] Ibid., p.14.
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