di Guido Verna
Mentre attraversiamo velocemente gli ultimi lembi di Navarra, vado con la mente all’idea che di essa mi porto appresso da quasi trent’anni: una tradizione viva [1].
Allora, la nostalgia dei fueros [2] aveva intorno l’ovatta del sentimentalismo, sembrava solo il bicchierino di rosolio prima dell’ingresso nel grande e terribile gulag. Oh, com’era bello e sereno e armonico il mondo del passato, per noi senza futuro! Eppure, per noi – o forse solo per me – uomini di poca fede, dove la terra iberica si perde nell’oceano, a Fatima…
Oggi siamo ancora qui, a vivere il futuro di allora; il totalitarismo statalista ha perso il colore del sangue e nell’enorme gulag non si sente più il rumore delle catene. Ma il grande Moloch non è regredito, anzi ha fatto un lungo passo in avanti: non vuole più soltanto il nostro corpo, vuole la nostra mente e il nostro cuore; vuole che il nostro modo di vivere e di pensare, la quotidianità e il senso ultimo siano aderenti al progetto.
Oggi – nell’epoca dei post (postmoderno, postcomunista etc.), questa sorta di prefisso che avverte solo che qualcosa non c’è più ma che non dice niente di ciò che sarà – avverto la stessa nostalgia, ma senza più l’ovatta intorno. In questa specie di sospensione della storia in cui si può scegliere di continuare nella discesa, ma si può anche decidere finalmente di risalire, questa nostalgia liberata dal sentimentalismo è diventata consapevolezza di princìpi, carburante per muoversi ancora in avanti, voglia di continuare a difendersi dal grande Moloch, certezza che il futuro esiste ed è tutto da giocare.
Ecco le carte che traggo dal mazzo di Navarra: all’«idea dell’uomo astratto» [3] contrapponiamo «l’dea dell’uomo concreto, come essere storico» [4] al mondialismo, «la concezione dell’ordinamento politico come insieme organico di posizioni vitali concrete» [5]; alla Libertà proclamata, le libertà riconosciute; in una parola: alla poltiglia informe del progetto, la forma e la solidità dei fueros.
La Navarra sta allontanandosi alle nostre spalle ma la dolcezza di questo rosolio non sfuma; anzi, ora percepisco distintamente anche la sua forza, perché nel frattempo è molto aumentato di gradazione, pur conservando la sua trasparenza e il suo colore pastello. La marea monta e monterà ancora, ma noi sappiamo dove trovare la barriera e l’alveo.

Fueros de Navarra
«Nel pensiero spagnolo i Fueros significano due cose: barriera e alveo. Barriera protettrice della sfera d’azione che a ciascun individuo compete secondo il posto che occupa nella vita sociale, come padre di famiglia, professionista, membro di un municipio o di una regione; ed alveo entro cui scorre la sua libera attività, segnata giuridicamente tra i limiti della sua posizione nel seno della vita collettiva. Di modo che i Fueros sono garanzia e limite all’abuso della libertà umana» [6].
Logroño e La Rioja le passiamo senza fermarci, ma non senza ricordare la battaglia di Clavijo, il tributo delle vergini, la vittoria dei cristiani e il cavallo bianco di Santiago [7].

La vergine della Rosa – chiesa Santa Maria la real – Najera
Come un lampo, attraversando velocemente un gruppo di case, rimango colpito da una scritta che va sbiadendosi su un muro e che – fatte salve le incertezze della memoria – suonava più o meno così: In camino pelegrino; in Najera, najerino. Perché questa scritta – a prima vista scontata, quasi banale, da ente del turismo – mi ha colpito? Perché trovo in essa quel potere di sintesi e di memorizzazione che hanno solo certi proverbi nel trasmettere la ricchezza di un principio o di un dato naturale? Sarà l’aria del regno e il pensiero di Santa Maria la Real [8], ma c’è qualcosa in più in questa scritta, che mi pare di leggere chiaramente nella sua filigrana: c’è non solo la dichiarazione pubblica di una identità storica e geografica ma anche di una condivisione di prospettiva “grande”. Mi manda a dire: tu che vieni da così lontano e parli un’altra lingua, sei nostro fratello e concittadino; ma lo sei non perché sei un turista, ma perché sei un pellegrino.

Monasterio Santa Maria la Real – Nájera
Un pellegrino come noi: perché noi, a Najera, siamo consapevoli, come te, di essere su questa terra tutti pellegrini. Perciò tu, che con il mantello, la borraccia e la conchiglia ce lo ricordi in modo così esplicito ed evidente, puoi sentirti davvero a casa, tra fratelli.
Stiamo ormai uscendo dalla Navarra, e questa scritta – così diversa da quelle volgari che intristiscono i nostri muri – non posso non considerarla come l’arrivederci caldo e garbato di questa terra: quel pennello che l’ha tracciata si è intriso nello spirito dei fueros! Guardo in alto per vedere se vedo qualche colomba e qualche falco [9]: ma sarebbe davvero chiedere troppo alla Madonna gotica di Najera. D’altra parte, io non sono don García…
Guido Verna
1996
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[1] F.E.De Tejada, op.cit., p.57. Si tratta del titolo di un capitolo
[2] Cfr. Ibid., p.94. «La parola castigliana “fuero” deriva dalla latina “forum”, denominazione del luogo dove si amministrava la giustizia; passa poi a significare le sentenze dettate e, più tardi, le leggi particolari di una città o “estamento”, fino a raggiungere il significato di corpo di norme particolari sul quale si regge ciascun popolo spagnolo; quest’ultima accezione è quella dei classici della Tradizione spagnola». La sottolineatura è mia.
[3] Cfr. Ibid., p.95. «Ma liberalismo e totalitarismo hanno entrambi fondamento nello stesso errore filosofico: l’idea dell’uomo astratto».
[4] Ibid., p.94.
[5] Ibid., p.95.
[6] Ibid., p.107
[7] «La leggenda vuole che nell’844 si svolgesse tra Abderraman il Grande e Ramiro I la battaglia di Clavijo, poiché la città spagnola rifiutava di versare al primo l’odioso tributo di cento vergini. San Giacomo comparve, armato e a cavallo, al fianco dei cristiani e li condusse alla vittoria. Di qui l’iconografia di Santiago “matamoros”, ammazzamori» (E. Manzoni di Chiosca, op.cit., p.86).
[8] Cfr. Ibid., p.91. «[…] Garcia I «El de Najera» fondò il monastero di Santa Maria la Real, con ospizio di pellegrini. […] Santa Maria la Real, incastrata nella roccia rossa». Najera — dal 918 al 1.076 — fu il centro politico più importante della Reconquista, sede del regno di Navarra. Un riflesso di questa sua grandezza è proprio il Monastero di Santa Maria la Real, dove sono sepolti molti re e nobili legati alla dinastia di Sancho Garcés.
[9] Cfr. Ibid., «All’interno [di Santa Maria la Real], vedrai la statua della leggenda di don García. Questo re stava seguendo, per cacciarla, una colomba e la vide fuggire, inseguita da un falco, in una grotta. La seguì: tutti e due gli uccelli, riappacificati, erano posati ai piedi di una statua della Madonna. Questa statua, gotica, sta ancora nella grotta che fa parte della più recente (1400–1500) chiesa con splendido chiostro».
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