Alla memoria di Manuel Graña Etcheverry

 

 

di Stefano Aviani Barbacci

 

 

70 anni fa George Orwell pubblicava “1984”, intuizione di un futuro distopico dove l’autorità si esercita attraverso un soffocante controllo del pensiero e con la trasformazione del linguaggio in una cosiddetta “neo-lingua”, che non prevede la sopravvivenza di parole pericolose per il Potere e rovescia significati basilari nel loro contrario. Formidabile anticipazione dell’odierna ossessione per il linguaggio “politicamente corretto” che ha invaso la comunicazione (con i medesimi esiti grotteschi descritti da Orwell). La “neo-lingua” fa strame della libertà di espressione affermata ancora nella teoria ma resa impossibile nella pratica. Con ciò Orwell mostra la deriva del mondo moderno verso una dittatura del “pensiero unico” e, francamente, la somiglianza con ciò di cui siamo testimoni oggi (si pensi alle trasformazioni di contenuto e di linguaggio imposte per assecondare l’ideologia del Gender…) appare impressionante come pure l’impegno profuso dal Potere sempre più opaco e impersonale (oggi sovranazionale) nella soppressione o manipolazione della coscienza individuale. Non a caso, prima ancora del reato, è perseguito lo “psicoreato”: il semplice sospetto che qualcuno possa pensare in modo sconveniente o conservare uno spazio segreto di libertà interiore nel riferirsi ancora a qualcosa che non coincide con la nuova coscienza immateriale e collettiva prodotta dal sistema. Il nuovo Potere è infatti intrusivo e moralistico: non si accontenta di un ossequio formale, ma pretende di giudicare e controllare il singolo anche nella sua dimensione privata: è ciò che Orwell chiama “Il Grande Fratello”. Infine, recita uno slogan del nuovo Potere: “Chi controlla il passato controlla il futuro, e chi controlla il presente controlla il passato”. La memoria dunque è temuta e deve essere soppressa o manipolata a giustificare come ineluttabile e buona la fase presente. La dimenticanza (anche dei legami familiari) è di conseguenza scientemente ricercata per sottrarre all’attenzione del singolo ogni chiave di lettura critica o modello alternativo di riferimento. L’uomo nuovo non deve avere un passato perché se il mondo reale è unicamente quello che è, nessuna alternativa sarà più concepibile e nessun giudizio critico sulla bontà delle “magnifiche sorti e progressive” (una formidabile intuizione leopardiana) sarà possibile.

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