di Guido Verna

 

Prendiamo – come i Romani e Carlo Magno, ma ahimè anche come l’esercito napoleonico – la via del Port de Cize, verso la Spagna, puntando diritti al valico.

La Valcarlos – chiamata così perché in essa «Carlo Magno […] si riposava mentre Orlando e i suoi paladini venivano uccisi al passo di Ibañeta» [1] – e il “bosco delle lance fiorite”– dove «53.066 donzelle […] sostituirono coraggiosamente i soldati morti dell’esercito di re Carlo» [2]  –, siamo riusciti solo ad immaginarli…

 

Quando ci fermiamo in cima, a Ibañeta, ci rendiamo conto di essere entrati in terra iberica senza accorgercene, perché non c’è stata frontiera, non c’è stata discontinuità di alcun genere: da una parte e dall’altra solo Navarra. Per una volta la cesura amministrativa ha fatto un passo indietro rispetto alla continuità storica e culturale.

Santiago da quassù è ancora lontano, ma, quasi all’improvviso, cominciamo a sentirlo vicino e ad avvertire i “doveri” del buon pellegrino.

«La tua guida – nel caso nostro, la signora Elena – ti indicherà, di volta in volta, i riti usuali dei pellegrini, passando in certi luoghi: non sono cose folcloristiche; ripetendo questi gesti che milioni di uomini hanno compiuto in quel luogo per secoli, ti sentirai anche tu parte di questo fiume di speranza, di ricerca, di sofferenza, di grazia che corre dentro alla storia essendo più in là della storia … ultreya» [3].

 

Compiamo allora – con una emozione che sorprende anche noi – il primo rituale del pellegrino sulla via di Navarra: costruire una crocetta con due pezzi di legno uniti da fili d’erba e deporla sotto una grande Croce – la Croce di Carlo – a fianco della Chiesa dedicata alla Vergine di Roncisvalle; e prima di deporla, inginocchiarsi e – con lo sguardo rivolto verso la casa di Santiago – pregarlo, come fece, appunto, Carlo Magno.

 

 

Ce ne sono tante, tantissime di crocette sotto la grande Croce. Anzi, il rialzo su cui questa si erge non sembra di terra, ma di crocette. Ce ne sono di tutti i tipi, non solo classiche e povere come le nostre; qualcuna è più lavorata, qualcuna ha i nomi o una data incisi; qualcun’altra è di metallo. Sono le piccole croci, tutte diverse ma anche tutte uguali, di una umanità che – non importa quanto volontariamente – ha deciso di gerarchizzarle, ponendole sotto la grande Croce. Le nostre sono appoggiate sulla terra, a marcire, l’altra è eretta verso il cielo. è la nostra realtà umana che poniamo a far da concime al nostro destino. Che – immagino – non tutti, però, riescono a intuire, se due camper italiani sono tranquillamente fermi, a pranzare, proprio a ridosso della Croce, togliendo spazio e concentrazione ai pellegrini e dando al rituale l’odore non sgradevole, ma improprio, del caffè appena uscito dalla Moka.

Piove e c’è nebbia. Se fosse notte, sentiremmo la campana della Chiesa che suona da mille anni a far da guida ai pellegrini. Ma è giorno e noi siamo pellegrini in automobile…

Proprio quassù, reduce dall’assedio di Saragozza, nel 778, la retroguardia dell’esercito di Carlo Magno, con in testa Orlando, fu assalita e massacrata dai saraceni. Non possiamo ripartire senza salire fino al monumento – moderno, un blocco di pietra con una grande spada e una breve dedica in basco, spagnolo e francese – eretto in onore di Orlando – Roland – e recitare per lui un Requiem pieno di gratitudine.

 

La Chanson de Roland… Penso al tradimento di Gano, che «per venti cavalli carichi d’oro, d’argento e di stoffe» [4] vendette Orlando e ventimila soldati cristiani ai saraceni Marsilio e Baligant. Penso a Orlando e alla sua Durlindana. Penso alla sua morte «Signore Gesù Cristo, per la cui fede ho lasciato la mia terra e sono venuto in questi paesi stranieri per far trionfare il tuo regno terreno […] in questa ora affido a te la mia anima».[5]  Penso alla morte dei soldati cristiani. «Rivolgi la tua misericordia, o Signore, sui tuoi fedeli che oggi sono morti in battaglia» [6] . Penso al dolore di Carlo Magno.

 

 

E mentre penso a tutto questo, vedo i tanti Gano che girano nel mondo cristiano. Ma Orlando e i suoi soldati, dove sono?

 

Guido Verna

1996

 

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[1] Elena Manzoni di Chiosca, Guida al Cammino di Santiago de Compostella, Sugarco Edizioni, 1989, p.56.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.

[4] AA.VV., Compostella – Guida del Pellegrino di S.Giacomo, Edizioni Paoline, Milano 1989, pag 152.

[5] Ibid., p.154

[6] Ibid., p. 155.

 

 

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