Il santo di oggi
8 giugno
Nicola da Gèsturi
Frate Cappuccino
Gèsturi (Oristano) 1882 – Cagliari 1958
“Ci salveremo? Questo è il punto più difficile. Se ci salviamo avremo fatto tutto”
Nicola da Gèsturi
Vi prego accettare la mia ampia dichiarazione sulle ottime qualità morali dell’interessato che, non senza rincrescimento, vedo sparire da questa parrocchia, dove è stato di continua edificazione a tutti, non solo per la specchiata pietà, ma anche per l’illibatezza della vita e per l’austerità dei costumi”. Così il parroco di Gèsturi presenta ai Frati Cappuccini il ventinovenne Giovanni che chiede di entrare da loro.
Giovanni Angelo Salvatore Medda
è il quarto di cinque figli, in una famiglia che vive di agricoltura e qualche capo di bestiame, ricca di fede e di opere di bene verso il prossimo, indicata da tutti come modello, per la concordia, l’unità e l’amore che vi regna. A tredici anni orfano di padre e madre, Giovanni, pur potendo vivere di qualcosa di suo, con l’eredità paterna, lavora in casa della sorella in cambio di vitto e alloggio.
Vuole farsi Cappuccino
ma vuole essere certo che sia una chiamata di Dio. Un lungo mese di malattia gli offre l’occasione di riflettere intensamente. Superata ogni esitazione, nel 1911 bussa al convento dei cappuccini di Cagliari. Dopo un bel periodo di verifica, nel 1919 è frate cappuccino con il nome di Nicola.
È una delusione
come cuoco al convento di Sassari e a Oristano come ortolano. Però i frati apprezzano la sua obbedienza e la grande umiltà, con cui cerca sempre l’ultimo posto per dedicarsi alle cose meno appariscenti. A Sanluri, il luogo di noviziato, fra Nicola ritrova una dimensione sua. I superiori intuiscono qualcos’altro. Nel 1924 lo destinano come questuante a Cagliari. Darà il meglio di sé per tutta la vita.
Ben presto
i cagliaritani si abituano a vederlo per le loro strade, scendere e salire i tortuosi vicoli di Castello, bisaccia sulle spalle, passo lento, rosario in mano, labbra perennemente atteggiate a preghiera. Chi riesce a vedere un attimo i suoi occhi, tenuti solitamente bassi, si ritiene fortunato: due luminosi occhi celesti sono lo specchio purissimo della sua anima. Emana un fascino irresistibile, come una calamita. Anche dai paesi vicini tutti vogliono vederlo. È l’amico e il confidente di tutti, piccoli, grandi, ricchi, poveri, ignoranti, dotti. Diverse famiglie scombinate ritrovano equilibrio e pace grazie al suo aiuto. Ascolta tutti e consola con una semplice parola, un gesto, una promessa di preghiera. E prega davvero, davanti al Sacramento o nella cappella dell’Immacolata. Interminabili ore del giorno o della notte, in silenzio.
Istantanee
A Ireneo da Masala chierico dei frati minori, malato, che poi muore: “paradiso, paradiso”.
L’ossessa, in escandescenze, indica al sacerdote fra Nicola, che non conosce: “ringrazia quello lì”.
All’attesa del bus, un uomo gli tira la barba e scherza: – “stiamo invecchiando, eh, fraticello” – “importante che non invecchi lo spirito”.
Nella guerra
L’uomo si fa del male organizzato, armato, propagandato, e poi, affogata nel mare di morte e distruzione, una folla di volontari a raccogliere gli stracci umani. Il santo va in soccorso dell’uomo. Cagliari è una delle città più martoriate. Il convento è rifugio di tanti sventurati. Qui quattro frati, tra cui Nicola, da mendicanti si cambiano in generosi donatori di cuore, mente, tempo, per ascoltare, confortare, incoraggiare, cercare provviste. Quando la sirena annuncia la fine del bombardamento, fra Nicola sguscia fuori per primo e raggiunge i punti più colpiti per recare i primi soccorsi. La miserabile folla di cenciosi e di affamati rifugiata nelle grotte sparse per tutta la città, lo ha soccorritore e apostolo inarrestabile. Quel deserto senza testimoni gli ispira nuovo zelo.
Un militare gli domanda come mai sia in città e non tra gli sfollati. Risponde: “e lei, tenente, perché si trova qui?” – “per obbedire al mio Re” – “e io ci sto per obbedire al mio Signore”.
Frate silenzio
Riservatissimo, entra nelle case solo per i malati. Senza conoscere la casa va diritto alla stanza dell’ammalato. La caratteristica di fra Nicola, da tutti notata, è il silenzio. Chi non lo conosce può crederlo muto; per chi lo conosce il suo silenzio è eloquente.
Perché
tanto silenzio? È il suo temperamento sardo riservato? Geloso dei propri pensieri e sentimenti? Permaloso? Responsabilità per il peso delle parole? Il suo silenzio è un modo di esprimersi essenziale, senza ‘fiori’ letterari, che spesso mascherano o nascondono il vuoto. In fra Nicola il silenzio è un punto di arrivo, una virtù grandissima, non una mancanza.
Anche nell’ingiustizia
fra Nicola si esprime con il silenzio. Nell’infuocato clima politico del 1948, viene scambiato per un agitatore propagandista clericale e doverosamente caricato di legnate. Anche in questa deprecabile circostanza fra Nicola risponde, come sua abitudine, con il silenzio; in questura rifiuta categoricamente di denunciare i responsabili. Preferisce condividere con Gesù la sofferenza dell’ingiustizia. Del resto quelle persone hanno famiglia …
Rompe il silenzio
“Padre guardiano, non ne posso più”. Non si è mai lamentato di nulla. I frati vivono una settimana mista di sofferenza e gaudio per il passaggio di un santo. Stringendo il Crocifisso, “preghiamo, preghiamo”, con i sacramenti della Chiesa, Frate Silenzio conclude il suo pellegrinaggio. 8 giugno 1958.
Non chiude però
il suo generoso cuore per i poveri, i sofferenti, i bambini. Ricorda un testimone: “Verso i bambini usava particolari attenzioni, intrattenendosi volentieri a parlare con loro; ciò che in genere non faceva nei riguardi di altre persone …”. Ha ancora da fare per
Valeria
Il 21 gennaio 1986 nasce a Cagliari, dopo 23 settimane di gravidanza, una bambina tanto attesa dai coniugi Pietro Atzori e Giovanna Caschili. Un esserino vivente, 550 grammi di peso e lungo 30 centimetri. I medici alzano le mani.
Il padre, Pietro Atzori:
“ci dissero di farci forza, che la bambina non si sarebbe salvata, che tanto eravamo giovani e avremmo potuto avere altri figli. Io non li ascoltavo più perché a me pareva che mi fosse caduto il mondo addosso e dicevo tra me e me: perché proprio a noi che abbiamo fatto tanti sacrifici? Allora decisi di andare a pregare sulla tomba di fra Nicola. … ci andai l’indomani … il frate mi disse: “prega, figliolo, tanto siete giovani e potrete avere altri figli” e rincuorandomi mi dette un’immaginetta di fra Nicola e una della Madonna delle Grazie. Io dopo mi recai alla tomba di fra Nicola a pregare perché ci facesse la grazia. La sera andai all’ospedale, al reparto immaturi e chiesi ad un’infermiera se poteva mettere le due immaginette nell’incubatrice e così questa le mise. Io mi avvicinai all’incubatrice e guardavo Valeria così piccola e rosa e le dissi: coraggio, Valeria, ti aspettiamo a casa, e poi, rivolto a fra Nicola, gli dissi: dalle forza e la vita, proteggila da tutto, perché è tanto indifesa”.
La mamma
Maria Giovanna Caschili in Atzori precisa per i teologi:
“l’invocazione era diretta esclusivamente a fra Nicola, anche se nell’incubatrice di Valeria, assieme all’immagine di fra Nicola, c’era anche quella della Madonna delle Grazie”.
Forse fra Nicola, che “scriveva su foglietti di carta varie invocazioni sentite dai predicatori, in onore della Madonna”, gliene passa uno. Imprevedibilmente sopraggiunge qualcosa di nuovo che permette ai medici di intervenire.
Valeria combatte
con quelle due immaginette inizialmente bene in vista, poi un po’ più nascoste, sotto il materassino, dopo la protesta di alcuni medici. Il 28 maggio 1986 Valeria viene dimessa, in braccio ai genitori, 4 mesi e 7 giorni dopo la nascita. I medici sono soddisfatti, ma sono consapevoli, e lo dicono con chiarezza, che la sopravvivenza di Valeria è un fatto naturalmente inspiegabile.
Alla beatificazione di fra Nicola in piazza san Pietro il 3 ottobre 1999 c’è anche lei.
Notizie da Fra Nicola da Gèsturi detto ‘frate silenzio’, di L. Cossu, Roma 1982 e Atti del processo per la beatificazione.
AR giugno 2019
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