di Guido Verna

nov. 2004

 

Per l’«uomo nuovo» c’è bisogno di una «famiglia nuova», nella quale il legame interfamiliare non è più il decrepito e borghese amore orizzontale genitore-figlio o padre-madre, bensì è l’«amore nuovo» verticale a cui tutti i vecchi amori debbono essere subordinati, capace di innalzarsi verso il grande e affettuoso genitore collettivo che è lo stato comunista.

 

I bambini pionieri

Come esempi brillanti di questo «amore nuovo», si possono ricordare i  «[…] casi in cui ai bambini è stato ordinato di uccidere i loro genitori» [RP]; o i casi dei bambini-pionieri che «”[…] nei campi dei […] kolhozy, […] danno la caccia ai loro padri, complici del nemico di classe nell’appropriazione di beni della proprietà socialista e li conducono dinnanzi ai tribunali rivoluzionari”», come si raccontano «soddisfatti» gli scrittori sovietici durante il loro primo Congresso nell’estate del 1934 [MG-AN-1].

 

 

Morozov

Tra questi, va anzitutto menzionato «[…] il celebre Pavlik Morozov (1918-1932) che a quattordici anni denunciò il padre  alle autorità per aver fatto “incetta di cereali”. Il padre che fu fucilato, e per vendetta i compaesani uccisero il giovane Morozov. Questi divenne un eroe di primo piano per i pionieri. Fu iscritto nel loro “libro dell’eroismo” insieme ad altri giovani che avevano denunciato i genitori; gli vennero dedicate statue, furono scritti libri edificanti su di lui. Il palazzo della Cultura dei giovani pionieri di Mosca prese il suo nome» [RC-Sta-1]. Nel suo villaggio, gli fu dedicato un Museo, con questa indicazione che si commenta da sola: «“In questa casa di legno si svolse il processo in cui Pavlik smascherò suo padre che aveva dato rifugio a dei kulaki. Qui si trovano le sue reliquie [sic!], vicine al cuore di tutti gli abitanti di Gerasimovka”» [RC-Rd-1]. Il grande gesto di questo povero eroe della delazione infantile apre anche una «nuova» prospettiva spirituale al cantore del mondo comunista albeggiante, Gor’kij, che «[…] pretende che gli scrittori inneggino all’adolescente che, “passando sopra alla parentela di sangue, scopre [appunto] quella spirituale”» [MG-AN-2].

Ma già nel famoso processo di Šahty [N1] del 1928 si poteva cogliere il modello dell’«amore nuovo» familiare, nella versione «amore filiale», rappresentato da quel figlio dodicenne di un imputato, il quale «nel corso della campagna d’odio condotta dalla stampa […] chiedeva che il padre venisse fucilato» (Ibid., p. 240).

la statua di Morozov

Poiché, come nota Conquest, la denuncia di padri e madri da parte dei figli era «un punto fondamentale nella concezione staliniana dello stato» [RC-Sta-2], il modello fu evidentemente affinato e organizzato: «In seguito ai figli degli imputati chiedevano sempre di denunciare e ripudiare i genitori durante riunioni pubbliche nelle loro scuole» (Ibidem).  Come fece Morozov, ma anche il tredicenne Pronja Kolibin che nel 1934 «[…] denunciò la madre per aver rubato del grano, e ciò gli valse grande notorietà e ammirazione» [RC-Rd-2]; o come  il pioniere Sorokin, che viveva nel Caucaso settentrionale: «[…] colse il padre a riempirsi le tasche di grano e lo fece arrestare» (Ibidem); o come fece il quattordicenne pioniere Kolja šelgov, tanto «perfettamente» che Mikojan [Anastas Ivanovic (1895-1978)], nel 1937, in occasione della celebrazione del ventesimo anniversario dell’istituzione della polizia segreta, ritenne di citarlo «[…] con particolare orgoglio […]:Il pioniere Kolja šelgov sa cosa sia il potere sovietico, per se  stesso e per tutto il popolo. Quando ha visto che suo padre rubava la proprietà socialista, lo ha riferito alla Nkvd”» (Ibid., pp.340-341). Mikojan, al XX congresso del 1956, denunciò i crimini di Stalin, senza denunciare se stesso.

 

Ma l’affezione al vecchio amore familiare era dura a morire e il cuore di tanti genitori andò in pezzi. La sintesi drammatica di questa condizione è crudamente descritta da quello che «la madre di un ragazzo scomparso durante la carestia» disse a Conquest: «[…] avrebbe preferito, e ancor oggi, preferirebbe, la morte del figlio anziché la sua distruzione spirituale e la sua trasformazione in ciò che lei definiva qualcosa di subumano» (Ibid., p.341).

Per la completezza del quadro, non va però dimenticato che il comportamento delatorio doveva interessare l’intera «famiglia nuova» e, quindi, non era sollecitato solo nella direzione «dai figli ai genitori», ma doveva esercitarsi anche in quelle «dai genitori ai figli» o «da coniuge a coniuge». E «la letteratura, il cinema, qualsiasi arte, celebravano il tradimento della famiglia a vantaggio dello stato. […] Per questo, nel film La tessera del partito (1936) una donna smaschera il marito e lo consegna agli organi di polizia. […] In un romanzo, Skutarevskij, lo scrittore Leonid Leonov [(1899-1994)] ci mostra un grande scienziato, un vecchio intellettuale che tradisce il figlio. L’appello a denunciare i propri parenti si rivolge indistintamente a tutti i membri della famiglia: anche in questo regnava una completa uguaglianza» [MG-AN-4].

La completa uguaglianza era soprattutto nel dolore dell’anima che un mondo siffatto generava dentro questi poveri uomini: «Dover recitare, pretendere l’entusiasmo per un enorme sistema di falsità malvagie, significava corrompere l’anima […], la peggiore fra tutte le cose per molta gente. Morire o perdere i propri cari è abbastanza duro. Farlo per una falsa accusa, e praticamente tutte le accuse erano false, è peggio. Ma essere costretti a denunziare il proprio padre o marito nella speranza di salvare il resto della famiglia, e, in generale, essere obbligati ad esprimere in pubblico la propria gioia per tutta la strage, dev’essere addirittura intollerabile. La verità quasi scomparve» [RC-Cuc].

Con essa scomparvero anche la natura umana, la famiglia, la religione, che erano le sorgenti da cui nasceva e gli argini in cui fluiva l’amore dell’uomo. Furono sostituiti dalla Ideologia e dal Partito, padre unico e dio unico, per ciascuno e per tutti. Dalle sorgenti nuove fuoriusciva solo odio, che, senza più argini, si spandeva — si doveva spandere — ovunque.

Si generò un altro Arcipelago, se possibile ancora più spaventoso di quello dei Gulag, quello degli uomini soli: «Ogni uomo divenne, in un certo senso, ciò che Donne [John (15721631)] dice che l’uomo non dovrebbe essere; un’isola» (Ibidem). Con qualche isola un po’ più fortunata, come  quelle in cui si poteva godere la libertà di cui parla lo scrittore Isaac[Ėmmanuilovič] Babel (1894-1940): «”Oggi un uomo parla liberamente solo alla propria moglie, di notte, con le coperte sopra la testa» (cit. in ibidem).

Tutti per Uno, Uno per tutti, infine. Uno è il Partito del «mondo nuovo», onnipervadente e distruttivo anche dei legami naturali più intimi, delle relazioni naturalmente più piene d’amore, da cui deriva, almeno in genere, molta parte della felicità terrena dell’uomo. Uno è il Partito del «mondo nuovo», che — convinto ideologicamente della sua capacità di essere per l’uomo totalmente esauriente — pretende anche di essergli dio. Ma il ruolo di dio assunto non è da «mondo nuovo», è bensì da mondo antico, antichissimo: è quello del dio Moloch [N2]. Questo Uno è solo la forma novecentesca nella quale si è reincarnato questo dio che reclama sacrifici umani.

Moloch

 

Guido Verna

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[RP] Richard Pipes, Comunismo, trad. it., 2a ed. it., Rizzoli, Milano 2003, p. 184.

[MG-AN] Mihail Geller– Aleksandr Nekrič, Storia dell’URSS. Dal 1917 a Eltsin, trad. it., Bompiani, Milano 1997, p. 311. La citazione è tratta dagli autori da Stenografičeskij otčet, p. 550, trad. it., Rivoluzione e letteratura, Bari 1967, p. 62.

[RC-Sta-1] Robert Conquest, Stalin. La Rivoluzione, il Terrore, la guerra, trad. it., edizione speciale per Il Giornale, Mondadori, Milano 1993, p. 22.

[RC-Rd-1] R. Conquest, Raccolto di dolore. Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica, trad. it., Liberal edizioni, Roma 2004, p. 340.

[MG-AN-2] M.Geller–A.Nekrič,  op.cit., p. 329. La citazione è tratta dagli autori da M.Gor’kij, Sobranie socinenij v 30 tomah, vol. XXVII, p. 440.

[N1] Il processo di Šahty fu celebrato a Mosca nell’estate del 1928 per l’accusa di spionaggio e sabotaggio rivolta a cinquantatre ingegneri e tecnici dell’industria carbonifera del Donbass.

[RC-Sta-2] R. Conquest, Stalin etc., cit., p. 189.

[MG-AN-4] M.Geller–A.Nekrič, op.cit., pp. 328-329.

[RC-Cuc] R. Conquest, in Idem, Richard Louis walker, Stephen T. Hosmer, James Oliver Eastland (1904-1986), il costo umano del comunismo, trad. it., Edizioni del Borghese, Roma 1973, p.55.

[N2] «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono sarebbe meglio per lui che gli passassero al collo una  mola da asino e lo buttassero in mare . Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile» (Marco, 9, 42-43). La Geenna è la valle di Hinnom, tristemente famosa per i sacrifici umani al dio Moloch, che, al tempo di Geremia (VII sec. a.C.), consistevano nel bruciare corpi di bambini sgozzati. (cfr. Francesco Spadafora [1913-1997] (diretto da), Dizionario Biblico, Editrice Studium, Roma 1963, voce Geenna, p. 262).

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