Il beato di oggi
22 gennaio
Ladislao Il Conte medico
Ungheria 1870-1931

Laszlo Batthyàny-Strattmann
“Sono felice. Soffro atrocemente, però amo i miei dolori e mi consola il fatto che li sopporto per Cristo”
Laszlo Batthyàny-Strattmann
Il glorioso signore
“Egli utilizzò la ricca eredità dei suoi nobili antenati per curare gratuitamente i poveri e per costruire due ospedali. Il suo interesse più grande non erano i beni materiali, né tanto meno il successo e la carriera furono gli obiettivi della sua vita (nonostante il significato del suo nome: “glorioso signore”). Insegnò e visse tutto ciò nella sua famiglia divenendo così il miglior testimone della fede per i suoi figli”.
(Giovanni Paolo II, 23 marzo 2003, beatificazione di Ladislao Batthyàny Strattmann).
“Diventerò medico e curerò gratuitamente i malati poveri”
E così fa. E dimostra che se è tanto “difficile per un ricco entrare nel regno di Dio” non è però impossibile.Tuttavia non è da pensare che l’avventura di Ladislao (Laszlo) Batthyàny-Strattmann sia stata facile. La sofferenza segna la sua infanzia: il padre si fa luterano, lascia la madre per un’altra. In seguito si convertiranno alla fede cattolica. La madre, sola con i figli e gravemente malata, nel 1879 invia i due maschi, Giuseppe di undici anni e Ladislao di nove, dai Gesuiti a Kalksburg presso Vienna, dove rimangono quattro anni. Lei a soli 39 anni muore. Laszlo ne ha 12 e risente di questi dolori. La sua giovinezza è inquieta. Tormentato dalla nostalgia, non si preoccupa minimamente dello studio, per cui deve ripetere alcune classi.Nel 1885, i due fratelli sono trasferiti dal padre nel collegio dei Gesuiti a Kalocsa in Ungheria. Ma Laszlo un giorno arriva ad apostrofare il Rettore: “Sporco Prussiano!”. Viene espulso. Grazie all’interessamento di un altro Padre è ammesso al liceo di Ungvár, dove consegue, il 13 giugno dello stesso 1890, la maturità classica. Morto di tubercolosi il fratello maggiore, il padre vuole che Laszlo si prepari alla gestione dell’enorme proprietà Batthyány. Si iscrive all’università, nella facoltà di agraria. Sei mesi, senza fare esami.
Il suo progetto di vita
non è affatto chiaro. Interrompendo gli studi, assolve il servizio militare presso il reggimento “Radeczky” degli Ussari, congedandosi come tenente della riserva. Nel 1893 torna all’università. Per sei semestri frequenta corsi di filosofia, agricoltura, chimica, astronomia, fisica, lettere, musica, suona il pianoforte in maniera straordinaria; sostiene persino un esame da macchinista e autista.
L’avventura
È di questo periodo una relazione amorosa con una giovane. Nel 1896 viene alla luce una bambina di nome Aloysia. Ladislao provvede scrupolosamente a madre e figlia con larghezza di mezzi: affida alle suore Orsoline di Sopron Aloysia che consegue il diploma magistrale; mette a disposizione della madre una casa e la dota di un ricco appannaggio. Tutta la vita sentirà l’umiliazione per questo episodio.
Sposo, papà e medico
Nel 1900 Laszlo si laurea in medicina. Ancora studente, si è sposato nel 1898 con la contessa Maria Teresa Coreth, donna di profonda religiosità. Matrimonio felice, armonico, benedetto, ricco di 13 figli.
Il sogno del bambino
Questa vita inquieta trova chiarezza sulla via della carità operosa. Quel proposito da bambino non si è perduto. Nel 1902 fonda un ospedale privato con 25 letti a Kittsee. Vi lavora da medico, all’inizio generico, poi si specializza come chirurgo. Egli cura quasi esclusivamente i poveri. Sostiene tutte le spese ospedaliere, compreso il personale. Anche da paesi lontani i pazienti affluiscono in massa.
La conversione
Nel 1906, proprio a causa dell’eccessivo lavoro, la sua cagionevole salute desta serie preoccupazioni. Deve rinunciare ad esercitare la chirurgia. Si ritira con la famiglia in un lungo soggiorno a Nizza, ove, incoraggiato dalla moglie, fa una confessione generale che gli riporta la serenità interiore, anzi la sua “conversione”, come suole dire.
Oculista
Recuperate le forze, si specializza in oculistica. La fama sua personale di ottimo oculista e quella dell’ospedale crescono talmente che le ferrovie statali attivano appositamente un treno giornaliero (un’ora da Vienna) per i pazienti che sempre più numerosi accorrono alle sue efficaci ed amorevoli cure. Durante la prima guerra mondiale l’ospedale viene ampliato a 120 letti per i soldati feriti. Nel 1915, Ladislao eredita i beni di famiglia, il titolo di “principe” e il nome “Strattmann”, con obbligo di residenza nel castello di Körmend, in Ungheria. Nel 1920 la famiglia vi si trasferisce. Qui, in una parte del castello, un altro ospedale, soprattutto per l’oculistica.
Il dottor Ladislao Batthyány-Strattmann diviene ben presto un noto specialista, in patria come all’estero. È notorio che lui vuole essere un medico per i poveri. Arrivano da diverse regioni. Lui li cura gratuitamente. Prezzo: un “Padre nostro” per lui. Anche chi non ha denaro può andare in farmacia: il suo economato paga regolarmente. Spesso i bisognosi ricevono anche un notevole aiuto finanziario. Il dottore mantiene a sue spese anche due monasteri.
Il bene vero dei poveri
Il dottore non si preoccupa solo della salute fisica dei suoi pazienti. Prima delle operazioni chiede, insieme con i malati, la benedizione del Signore: come medico dirige solo l’operazione e la guarigione è un dono di Dio. Si sente uno strumento nelle mani di Dio. Dimette i pazienti con immaginette e un libretto che ha preparato dal titolo: “Apri gli occhi e vedi”. Questo dovrebbe aiutare gli uomini per la loro vita religiosa.
I poveri e la famiglia
Molti suoi pazienti lo considerano un santo già in vita. Così anche pensano i famigliari. Molto significativo il diario di suo figlio Ödón, Servo di Dio, morto a ventuno anni: “In mio padre ci sono tutte le caratteristiche buone che possiamo immaginare in un padre ideale. Lui è giusto e buono, sapiente e umile, serio e allegro, in gamba, un vero santo. Anzi, noi rispettiamo in lui non soltanto il nostro padre ideale, ma anche il nostro migliore, più altruista e generoso amico”. Non è una presentazione di circostanza. È il pensiero intimo, espresso nella riservatezza sincera di un diario, che viene dall’esperienza vissuta in famiglia. Infatti Laszlo, tanto dedito ai malati, 20 mila interventi oculistici in poco più di dieci anni, non trascura la famiglia, anzi la coltiva proprio costantemente. Profondamente legato alla spiritualità francescana, il 4 ottobre 1916, con la moglie e il figlio Edmund, entra nel Terz’Ordine francescano con il nome di Fra Giuseppe. In piena armonia con la sposa cerca di educare i figli come uomini timorati di Dio e onesti. Tutti i giorni l’intera famiglia partecipa alla Santa Messa. Segue da parte del padre una breve istruzione cristiana e i figli ricevono un compito concreto da svolgere, come opera buona. La sera, dopo il rosario si discute insieme del giorno appena trascorso e del compito assegnato.
La sua fede convinta
lo aiuta nella morte del figlio Ödón ventunenne e, dal 1926, nella sua grave malattia. Scrive a sua figlia Lilli dal sanatorio Löw a Vienna: “Non so per quanto il buon Dio mi farà soffrire. Mi ha dato tanta gioia nella mia vita, perciò adesso, a 60 anni, devo accogliere anche i tempi difficili con gratitudine”. E a sua sorella: “amo i miei dolori e mi consola il fatto che li sopporto per Cristo”. Il 22 gennaio 1931, dopo 14 mesi di gravi sofferenze, muore, a Vienna, in fama di santità. Viene beatificato da Giovanni Polo II nel 2003.
AR gennaio 2019
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