COME FINISCONO I FIUMI (1 di 2)

di Guido Verna

 

 

  1. Il Danubio
  2. L’Inn
  3. Passau
  4. Il ču
  5. Come finiscono i fiumi. E come può finire la vita degli uomini…

 

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  1. Il Danubio

 

Nella prima metà degli anni ‘80, forse nell’ ‘83, facemmo la conoscenza del Danubio nella dolcezza sinuosa della valle di Wachau, una dolcezza inaspettatamente esaltata dall’aver sbagliato riva, di modo che, mentre dall’altra parte si profilavano i paesi e i campanili, di qua eravamo invece “dentro” la natura, con le piante di susine a portata di mano dal tettuccio apribile della nostra Dyane. In compenso, potevamo concentrarci solo sul Donau e sul silenzio che sembrava promanare dal suo incedere lento e maestoso.

Ma l’intrigo con esso s’infittì una decina di anni dopo, nel ’90 o nel ‘91, quando un caro amico mi segnalò l’uscita di Danubio di Claudio Magris. Secondo quest’amico — che sapeva bene come il triestino non facesse propriamente parte del bouquet dei miei riferimenti culturali praticati o preferiti — il nuovo libro conteneva tuttavia qualche elemento che mi avrebbe perfidamente “tentato”, a cominciare dall’inizio, dalla diatriba, cioè, sull’origine del grande fiume.

 

Nel ‘92, andammo a “vedere”. Volevamo cogliere de visu i termini dell’annosa questione che divideva Donaueschingen e Furtwangen, le due cittadine della Selva Nera distanti tra loro circa 30 km, ognuna delle quali rivendicava per sé la sorgente del Danubio. Avevano ragione i principi Fürstenberg o il borghese dottor Ohrlein? La “vera” sorgente era la fonte della Brigach nel parco dei principi o quella della Breg nel terreno del dottore? Quello che riporta oggi l’enciclopedia popolare Wikipedia alla voce “Danubio” — «Le sue sorgenti sono nella Foresta Nera in Germania, dove due piccoli fiumi, il Brigach e il Breg, si riuniscono a Donaueschingen» [WIK] — è in pilatesca analogia con quello che riportava allora la nostra Guida Verde del TCI del 1970: «[…] in realtà è la fonte della Brigach che subito dopo si unisce alla Breg (m 250 più a S), formando il Danubio vero e proprio». Niente su possibili “nascite” altrove.

Quando ci fermiamo all’incrocio tra la Brigach e la Breg ci rendiamo subito conto che non poteva essere così, perché lì il Danubio è già nato, la Breg che viene da “su” è già Danubio e la Brigach, vissuta solo 250 mt, è, se mai, solo il suo primo affluentino. Aveva ragione, allora, il dottor Ohrlein, «[…] proprietario del  terreno in cui sgorga la Breg, a pochi chilometri da Furtwangen […] [a combattere la sua] battaglia, a suon di carte bollate e di certificati contro Donaueschingen […],  [che — come aveva scritto Magris, con una chiave di lettura che allora mi parve più sorridente che marxista — poteva considerarsi] una piccola tarda ripercussione della Rivoluzione francese nella arretrata “miseria tedesca”, il borghese dedito alle professioni liberali e piccolo proprietario che si erge contro la nobiltà feudale e i suoi stemmi. I bravi borghesi di Furtwangen si sono schierati compatti dietro il dottor Ohrlein e tutti ricordano il giorno nel quale il borgomastro di Furtwangen, seguito da un codazzo di concittadini, ha versato con disprezzo nella fonte di Donaueschingen una bottiglia d’acqua della Breg» (CMA, p.18).

 

A Furtwangen, arriviamo che sta calando il sole. In “quel” piccolo Hotel café ai limiti della Schwarzwald e vicino alla “vera” sorgente, era rimasto libero, come se ci aspettassero, solo un appartamentino da due camere, perfettamente calibrato per la nostra famiglia.

Qui avevamo un altro problema da risolvere: il problema di quell’acqua che in rivoli scendeva dalla collina rendendola acquitrinosa e che sembrava alimentare la polla nella terra del dottor Ohrlein; il problema di quell’acqua che veniva da lassù, dalla casa della “vecchia”, più precisamente da una grondaia, a cui arrivava «[…] da un lavandino che si riempie in continuazione per via di un rubinetto che nessuno riesce a chiudere, collegato a un tubo […] vecchio forse come la casa che va a perdersi chissà dove» (ibid., p.23). Ma ora sta facendo buio e la cucina chiude presto.

A cena, prima della “comanda” che è venuto a prendere, rivolgiamo al baffuto gestore del Kolmenhof — così si chiamava l’Hotel —, timidamente e in un abbozzato tedesco, la domanda “fatale” che consiste solo in un sostantivo: la “vecchia”? Dai baffi esce istantaneamente un sorriso: aveva capito al volo! Si trattava — presumemmo — di una domanda diventata ormai classica per lui. Ma con altrettanta evidenza gestuale ci fa capire che l’unico modo per vederla è andare a trovarla subito, perché fra poco si sarebbe coricata e la mattina non riceve. Usciamo perciò velocemente e, in un attimo, raggiungiamo la “casa della vecchia” e siamo dentro quell’antica cucina — del 1715, avevamo letto — che «[…] è nera, un nero che odora di passato e di speck» (ibid., p.26)

La signora — burbera quanto basta — ci degna di poca attenzione, ha qualcos’altro di misterioso da fare: rapidamente esce e poi dopo qualche minuto rientra… e dietro di lei rientra, lasciandoci a bocca aperta, il suo piccolo gregge di ovini, che attraversa la nostra cucina e va a riposare di là, oltre la porta. Ora, la signora può finalmente dedicarsi a noi. Lo fa con piglio perentorio, imponendoci una posizione ben definita. Capiamo subito il perché, quando attiva il registratore e… :  “alla vostra destra, potete vedere… davanti a voi, potete notare… “. Dal nostro “libro-guida”, sapevamo già prima che la voce del nastro avrebbe descritto «[…] il bruno  focolare, gli utensili settecenteschi, gli usi e i costumi di un tempo» (ibidem), ma la sorpresa non è per questo minore.

Prima di tornare in albergo per la cena — dopo aver posto sulla «[…] sua mano, scorza di antico albero che incute rispetto e soggezione», (ibidem) un piccolo contributo per il disturbo della visita e le informazioni “audio” — chiediamo alla vecchia signora se è possibile fare una foto con lei. Risponde qualcosa che non comprendiamo, ma il tono non è affabile, sembra quasi di rimprovero; poi, si allontana per qualche minuto. Si sarà offesa? Non facciamo in tempo a immaginare una risposta, che si ripresenta con una padella in mano ma “aggiustata” per bene, con una vestaglia tutta nuova grigia a fiori bianchi e lilla e un fazzoletto scuro sul capo: è pronta alla foto con noi! È una immagine che conserviamo affettuosamente nell’album di famiglia.

 

Il mattino dopo, andiamo alla polla nel terreno del dottore, la “vera” sorgente del Danubio, come riporta la lapide in ottone: «Qui nasce la fonte principale del Danubio, il Breg, ad un’altezza di 1078 m slm, 2888 km di distanza dal Donaumundung, a 100 m dallo spartiacque tra il Danubio e il Reno. Nasce più in alto e fa più strada: giù, intorno alla fontana circolare dei Fürstenberg, si leggevano altri numeri: «Bis zum Meere 2840 Kilometer» e «Uber der Meere 678 m». Sì, ha proprio ragione il dottore…

 

Mio figlio, che allora aveva dieci anni, poggiando i piedi sulle due “rive” distanti meno di un metro, rappresenta il primo ponte sul Danubio. Ma nella polla arrivano davvero quei rivoli che scendono dalla collina e che provengono visibilmente dal rubinetto e dalla grondaia davanti la casa della vecchia signora alimentati misteriosamente chissà da dove? Oggi, parrebbe di no. Risaliamo la china per raggiungere la casa, affondando i piedi nell’erba, che però è molto meno umida di quanto ci aspettavamo. La signora è fuori, col suo gregge forse.

 

Giriamo tutt’intorno ma non risolviamo il problema del rubinetto e della grondaia, da cui sarebbe dovuta uscire quell’acqua che, infiltrandosi tra l’erba del pendio, in fondo avrebbe dovuto alimentare la polla. Rubinetto e grondaia sono asciutti. Lo scioglimento del nodo dell’ulteriore, misteriosa sorgente del Danubio sarà per un’altra volta…

 

 

 

Infine, non possiamo non arrivare — è proprio lì … — al culmine che funge da spartiacque tra il bacino del Danubio e il bacino del Reno. Quando qui piove — scherziamo tra noi, con due dei nostri figli — gocce “sorelle” che dall’alto scendono insieme, appena toccano terra, possono avere destini separati e “lontanissimi”, verso il Mar Nero o verso il Mare del Nord. Ma dovunque arrivino, possono tornare e ricongiungersi in cielo…

 

Per ora, godiamoci il sole che è già alto e l’unità familiare ancora senza spartiacque, recitando le preghiere del mattino nella MartinsKapelle che protegge il culmine.

 

  1. L’Inn

 

L’Inn lo avevamo conosciuto prima del Danubio, più di trent’anni fa, durante un viaggio familiare “tematico” sulle tracce di Andreas Hofer. Prima Mantova e poi, via via, San Romedio, San Leonardo in Val Passiria, Berg Isel. E da qui, infine, la discesa a Innsbruck, per visitare la sua tomba nella Hofkirche.

 

Fuori è un tardo pomeriggio d’agosto e i tavoli del Goldener Adler invitano a bere un boccale di birra, vicini alla lapide che ricorda l’eroe tirolese. Più avanti, scorre l’Inn.

 

 

 

 

 

 

Andiamo a conoscerlo, camminando sul lungofiume e poi guardandolo dal ponte. Non si muove impetuoso, anzi pare tranquillo, quasi non volesse guastare l’armonia di quei momenti.

 

 

 

Poi, negli anni successivi — ogni anno, fino ad oggi, quasi senza soluzione di continuità — lo abbiamo incontrato in tanti altri posti intorno a Innsbruck, imparando però a voler bene, più che a lui, a un suo affluente. La Stubaital divenne la valle di “famiglia” così come Milders di Neustift divenne il paese di “famiglia”. Ogni anno — prima con i figli, oggi con i nipotini — si risale quasi ritualmente verso Franz Senne Hütte o Sulzenau Hütte, a vedere come nasce un “fiume”: prima quella poca neve sul costone che sembra “sudare” sotto il sole e che fa uscire da sé un rivolo luccicante come un filo d’argento… e poi, altri rivoli, altri fili d’argento, che a un certo punto si mettono insieme e acquistano via via consistenza, vigore e sonorità… finché, infine, vanno ad arricchire e irrobustire lo Stubai, che corre lungo la valle fino a gettarsi nell’Inn.

 

 

Guido Verna

24 giugno 2013, festa di S.Giovanni Battista

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[CMA] Claudio Magris,  Danubio,  Garzanti, Milano 1990.

[WIK] Wikipedia, voce “Danubio”, http://it.wikipedia.org/wiki/Danubio.

 

 

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