Le “frantumazioni” della Madre: dalla statuetta alla storia (Parte 1 di 3)

di Guido Verna, 20-11-2011

 

Indice

 

  1. Frantumazioni “fisiche” figlie di frantumazioni “culturali”
  2. Lepanto, per cominciare a ricomporre i frantumi

2.1 La «piccola» storia di Lepanto (1571)

2.2 Il legame tra Lepanto, il Rosario e la Madonna

  1. Santiago, Nuestra Señora de Covadonga e la Reconquista
  2. Le battaglie di Vienna (1683) e di Zante (1697)

4.1 Il Beato Marco d’Aviano, legato pontificio e missionario apostolico, alla corte imperiale

4.2 Il leggendario Re di Polonia, Giovanni Sobieski, e la Vergine di Częstochowa

4.3 L’«altro» 11 settembre: la battaglia di Zante e Eugenio di Savoia

  1. La battaglia della Montagna Bianca (1620), il Bambino di Praga e Santa Maria delle Vittorie
  2. Il miracolo della Vistola (1920) e ancora la Vergine di Czestochowa
  3. La visita alla cappella di Loreto per meditare sulla «grande ingiustizia» degli immemori

 

 

«Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli — siete infatti il più piccolo di tutti i popoli —, ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri, il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile, dalla mano del faraone, re di Egitto. Riconoscete dunque che il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele, che mantiene la sua alleanza e benevolenza per mille generazioni, con coloro che l’amano e osservano i suoi comandamenti; ma ripaga nella loro persona coloro che lo odiano, facendoli perire; non concede una dilazione a chi lo odia, ma nella sua stessa persona lo ripaga»

[Deuteronomio, 7,7-9].

 

«Lucia: “Che cosa vuole da me Vostra Signoria?

La Madonna: “Voglio che veniate qui il 13 del mese prossimo, che continuiate a recitare tutti i giorni il rosario in onore della Madonna del Rosario per ottenere la pace del mondo e la fine della guerra, perché soltanto Lei ve la potrà meritare“. […]

Per impedire tutto questo, sono venuta a chiedere la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato e la comunione riparatrice nei primi sabati. Se ascolterete le mie richieste, la Russia si convertirà e avrete pace; diversamente, diffonderà i suoi errori nel mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa; i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre dovrà soffrire molto, diverse nazioni saranno annientate; infine il mio Cuore Immacolato trionferà”»

[Fatima, Terza Apparizione, 13 luglio 1917].

 

  1. Frantumazioni “fisiche” figlie di frantumazioni “culturali”

La Madonna di Via Merulana

 

1.1 Dopo gli atti sacrileghi perpetrati agli “indignados” contro una statuetta della Madonna di Lourdes e un Crocifisso — a Roma, in Via Merulana, durante la manifestazione del 15 ottobre scorso —, mi aveva molto sorpreso e amareggiato la sordina posta sull’episodio dalla gran parte del mondo cattolico, che, in alcuni casi, mi pareva addirittura quasi infastidita da chi volesse riflettere un po’ sull’episodio, fosse solo per una preghiera di riparazione. Il rischio temuto, forse, era che si potesse risalire ad una cultura “genitrice” che, per le contingenze del momento, era meglio non toccare.

Ma qualche giorno fa — partecipando alla presentazione di un libro sulle Monarchie cattoliche degli Asburgo — ho assistito, attonito, ad una nuova “frantumazione” della Madonna (e non solo), forse non meno grave della precedente: se nel primo caso, infatti, la violenza si è esercitata fisicamente, con un calcione alla statuetta di gesso da parte di non credenti furibondi, questa volta è stata praticata “culturalmente”, “scientificamente” e con calma, da parte di un “credente” non proprio di ultima fila, un signore acculturato, insegnante di religione, per di più con un posto di rilievo pubblico nell’Azione Cattolica diocesana (per inciso: l’assenza di nomi e di riferimenti geografici e temporali non è casuale o maliziosa, ma voluta, perché quanto dirò vuole avere valenza generale, con i personaggi e le loro tesi assumibili come modelli).

 

1.2 La presentazione del volume, coordinata da un noto giornalista, dopo i saluti dell’Assessore ospitante, iniziava con l’intervento di un sacerdote — un ampio excursus storico per inquadrare il XVI secolo —, al termine del quale esternavo alla persona seduta vicino a me la piacevole meraviglia per il fatto che nessuno, fin a quel momento, avesse “sparato” sul cattolicesimo e sulla Chiesa. Ma questa sensazione di piacevolezza  era destinata ad avere vita breve, cioè fino all’intervento successivo del dirigente dell’Azione Cattolica

Il suo incipit era già ampiamente chiarificatore: confessava coram populo che il termine cattolico vicino a Monarchia o a governanti monarchici gli procurava qualche fastidio. E fin qui, nessuna sorpresa: abituati come sono a considerare “uomini politici cattolici” Moro o Andreotti o Scalfaro o, più correntemente, la Bindi, comprendo perfettamente come i “cattolici democratici” possano avere difficoltà con Carlo Magno o Carlo V o Ferdinando II e Isabella di Castiglia (ai quali ultimi, peraltro, il titolo di “re cattolici” fu attribuito dal Papa Alessandro VI).

Carlo Magno

Ferdinando II e Isabella di Castiglia

La comprensione, però, cessava di fare da filtro attenuatore subito dopo, quando l’oratore negava il sostegno della Madonna per la vittoria di Lepanto, utilizzando lo schema seguente: la Madonna — considerando “tutti” figli allo stesso modo — non può schierarsi a protezione “solo” dei cattolici.

Se la condivisione di questo schema da parte del giornalista era comprensibile —giacché, per quello che sapevo, la sua matrice culturale era in qualche misura radicale, quindi, presumibilmente, almeno areligiosa —, il medesimo atteggiamento “culturale” da parte del rappresentante dell’Azione Cattolica mi pareva invece una mancanza grave, meritevole di molte riflessioni, sollecitate ancora di più da una sorprendente coincidenza personale: aver riscontrato, appena qualche giorno prima, durante un viaggio in Terra Santa, la medesima tesi enunciata da una guida dell’Opera Romana Pellegrinaggi e da un volontario dell’Unitalsi.

Si trattava, dunque, di un corrosivo “giro mentale” ormai diffuso anche “dentro” il mondo cattolico, che in teoria avrebbe dovuto invece risultarne immune.

 

  1. Lepanto, per cominciare a ricomporre i frantumi

 

2.1 La «piccola» storia di Lepanto (1571)

In una prospettiva di “ricomposizione dei frantumi”, mi avvicino anzitutto alla battaglia di Lepanto, utilizzando la sua “piccola” storia, dal momento che, in vista di tale obbiettivo, quella “grande” [cfr MT1] ritengo che interessi meno.

Lo stendardo di Lepanto restaurato (Gaeta)

La “piccola” storia racconta della corona del Rosario data a tutti i combattenti. Dello stendardo benedetto dal Papa S.Pio V [1504; 1566-1572] — raffigurante Gesù crocifisso tra S.Pietro e S.Paolo, su cui «[…] erano ricamate le parole del primo inno di battaglia cristiano “In hoc signo vinces”» [AL1, p.225], dipinto da un artista di Sermoneta e conservato a Gaeta — fatto spiegare da Don Giovanni d’Austria [1629-1679] sulla Real, la nave ammiraglia. Della recita in comune delle preghiere. Della Santa Messa prima della battaglia. E, soprattutto, del comportamento di S.Pio V, quando — alle 5 del pomeriggio di quel 7 ottobre 1571, testimoni tutti i suoi collaboratori presenti — interruppe improvvisamente, come folgorato, le sue attività: aveva misteriosamente “sentito” la vittoria della flotta cristiana! E senza il minimo indugio, dopo aver comunicato agli astanti la straordinaria notizia, li invitò a seguirlo in cappella per ringraziare Dio e Sua madre dell’aiuto ricevuto in battaglia dall’esercito cristiano — ma, forse, anche per la tempestività del “messaggio celeste”.

 

 

S. Pio V

S.Pio V aveva affidato al Rosario e alla Madonna la protezione della flotta cattolica. Nessuno, perciò, poteva “sapere” meglio e più di lui: se ritenne di attribuire la vittoria all’intercessione della Madre; se volle aggiungere, nelle Litanie Lauretane (che recitiamo ancora oggi), anche l’invocazione alla Sua funzione di auxilium christianorum; se stabilì il 7 ottobre la festa per nostra Signora della Vittoria; ebbene, penso che tutto ciò, per un cattolico in “buona fede” — cioè con fede limpida, “infantile”, non turbata da pregiudizi ideologici —, dovrebbe essere più che sufficiente per non avere dubbi e soprattutto per sentire il dovere di non alimentarli prubblicamente. Aggiungo che Pio V divenne santo. E non certo malgrado questo, bensì certamente anche per questo.

 

Gli stessi combattenti — chi può essere più “sensibile” di loro? — avvertirono la forza dell’auxilium e, quindi, l’obbligo di ringraziare Maria. Come fece subito il principe Marcantonio Colonna [1535-1584], che, sbarcato a Porto Recanati con molti dei 12.000 galeotti cristiani liberati, si recò in pellegrinaggio con loro «[…] al Santuario dei Loreto, dove vennero consegnate le catene della schiavitù, dalle quali vennero ricavate le cancellate in ferro battuto che oggi cingono le cappelle interne» [AL1, p.225]. O come ritenne di dover fare il Senato veneziano quando sul grande quadro che commemorava la battaglia di Lepanto, nella sala delle adunanze del Palazzo Ducale, fece scrivere quella frase che per secoli ha identificato il senso profondo di tale battaglia: “Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii victores nos fecit”.

Nel Martirologio romano il 7 ottobre si celebra la Beata Vergine Maria del Rosario, con questa premessa esplicativa «Questa memoria Mariana di origine devozionale si collega con la vittoria di Lepanto (1571), che arrestò la grande espansione dell’impero ottomano. San Pio V attribuì quello storico evento alla preghiera che il popolo cristiano aveva indirizzato alla Vergine nella forma del Rosario. (Mess. Rom.)». Lo scrittore cattolico Piero Bargellini [1897-1980] nel suo commento ricorda che «la celebrazione [di questa] festività […], istituita da S.Pio V per commemorare la vittoria riportata nel 1571 a Lepanto contro la flotta turca (inizialmente si diceva “S. Maria della Vittoria”), il giorno 7 ottobre, che in quell’anno cadeva di domenica, venne estesa nel 1716 alla Chiesa universale, e fissata definitivamente al 7 ottobre da S. Pio X [1835; 1903-1914]  nel 1913» [Link 1].

 

 

2.2 Il legame tra Lepanto, il Rosario e la Madonna

 

2.2.1 Il legame tra Lepanto, il Rosario e la Madonna è un continuum all’interno della Chiesa. Sarebbe troppo lungo, ancorché facilissimo, dimostrarlo.

Ricordo solo una coincidenza. La festa di Maria Ausiliatrice (24 maggio) fu fissata, nel 1815, da Pio VII [1742; 1800-1823], in memoria della battaglia di Lepanto e in ringraziamento alla Madonna perché — come rileva don Roberto Spataro SDB, professore presso l’Università Pontificia Salesiana e già Preside dello Studium Theologicum Salesianum “Saints Peter and Paul” di Gerusalemme — «[…] consapevole del [Suo] intervento […] per liberare la Chiesa e il Papato dalla situazione dolorosa in cui versavano» [RS1] a causa delle persecuzioni napoleoniche, culminate in cinque anni di prigionia dello stesso Papa, lontano da Roma. E proprio in quell’anno, a Dio piacendo, nacque S.Giovanni Bosco [1815-1888], il figlio più devoto di Maria auxilium christianorum e il propagatore più intenso del Suo culto, che fece erigere  a Torino-Valdocco — come monumento di riconoscenza alla Vergine Maria con il titolo di Ausiliatrice — il grande Santuario a Lei dedicato, che sarebbe poi diventato la Chiesa Madre e il centro spirituale dell’Opera Salesiana nel mondo.

S. Giovanni Bosco

Arrivo rapidamente ai giorni “nostri” — a quei giorni, cioè, in cui la sensibilità di molti cattolici viene stravolta, per modularla sulle frequenze del “politicamente corretto”.

La Supplica alla Madonna di Pompei (che si recita l’8 maggio e la prima domenica di ottobre) comincia con l’invocazione all’Augusta Regina delle vittorie, un titolo ─ sia detto per inciso ─ che, a suo dire, provoca nell’oratore qualche fastidio. Ebbene, il Card Sodano — nell’omelia rivolta ai fedeli l’8 maggio 2002 in occasione della Concelebrazione Eucaristica in onore della Madonna del Rosario, nel Santuario di Pompei — ricordava ancora che: «[…] questo […] titolo mariano […] era particolarmente caro al Beato Bartolo Longo, [1841-1926] fondatore di quest’oasi di preghiera. [Perché] é un titolo che gli ricordava la festa della Madonna del Rosario, istituita dal Papa San Pio V dopo la vittoria di Lepanto nel 1571. In occasione di quella celebre battaglia, la comunità cristiana aveva avvertito una speciale protezione della Madre di Dio, invocata come Aiuto dei cristiani, “Auxilium christianorum» [Link 2].

 

2.2.2 Se i principi generali del cattolicesimo fossero ancora ricordati e “vigenti” — ovviamente, nel cuore e nella mente di tanti cattolici “moderni” —, in quanto esposto c’è già evidente la risposta alla possibilità della presunta parzialità della Madonna.

Il nostro Dio, ricordo, ha una peculiarità: pur potendo “fare” da solo, preferisce che il “da fare” gli venga chiesto: “bussate e vi sarà aperto”, “chiedete e vi sarà dato”. In più, un cattolico non immemore ha ben presente anche un altro elemento assolutamente peculiare della nostra religione: la “comunione dei santi”, cioè la possibilità di cumulare le preghiere di tutti indirizzate ad uno scopo specifico, foss’anche “terreno”, e cioè non solo — e questo, se Dio vuole, qualcuno forse lo ricorda ancora — inerente la salvezza di una o di due o di tutte le anime del Purgatorio, comprese quelle di sconosciuti. Un cattolico di fede limpida, per esempio, “capisce” — e perciò ha gratitudine verso di essi e non li considera inutili — il ruolo degli ordini di clausura, la cui unica funzione è pregare e delle cui preghiere ognuno di noi beneficia.

Nel caso in questione, un cattolico che ha una fede siffatta “capisce” al volo: la Madonna — che ha tutti come figli — ha esaudito però quelli che l’hanno pregata, per di più intensamente e coralmente; ha risposto ad una chiamata di auxilium, considerandola legittima e perciò si è sentita obbligata a rispettare fedelmente le regole del gioco: ha sentito bussare e, come a Cana, ha “costretto” il Figlio ad aprire. Lepanto fu anzitutto una straordinaria preghiera “in comune”, un formidabile esempio di “bussata” collettiva.

Dal punto di vista degli “oranti” — che conoscevano quelle regole e le praticavano e che, in più, erano umili e non orgogliosi come gli uomini di oggi, presuntuosamente autosufficienti — il grande merito della vittoria è stato perciò attribuito subito all’intercessione di Maria, alla quale, quasi on line, hanno riconosciuto le funzioni e i titoli  di auxilium christianorum e Madonna delle Vittorie.

Poi, tanti secoli dopo… si passa alla loro “frantumazione”. E a giustificazione di questa attività demolitoria, spesso ci si serve anche di una accusa ridicola, cioè che la Chiesa avrebbe piegato gli eventi a suo vantaggio, “inventandosi” un impossibile contributo mariano. Mi chiedo, en passant, con quali serenità un cattolico che pensa e che dice queste cose possa continuare a muoversi senza imbarazzi dentro questa Chiesa immaginata “furba”, con santi creduloni e con pontefici che obbligano a preghiere inutili, raccontano storie “costruite” e non verificate e, per di più, raccontandole, conquistano la gloria degli altari.

Mi tornano in mente — guardandomi intorno — i “taluni cattolici” mirabilmente descritti più di trent’anni fa da Paolo VI [1897; 1963-1978]: «Taluni si esercitano nell’autocritica, si direbbe perfino nell’autodemolizione» [PVI].

(continua)

 

Guido Verna

20-11-2011

 

————–

[MT1] Per un inquadramento della battaglia di Lepanto nella prospettiva della storia più “grande”, cfr. Marco Tangheroni, La Battaglia di Lepanto, in Cristianità, n.80, Piacenza 1981.

[AL1] Alberto Leoni,  La Croce e la mezzaluna, Edizioni Ares, Milano 2002.

[Link 1] [http://www.santiebeati.it/dettaglio/24800].

[RS1] Roberto Spataro sdb,  Il Papa agli “arresti domiciliari”, in

Link  http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/devozione/08-10/08-Pio-7-festa-Ausiliatrice.html

[Link 2]

http://www.vatican.va/roman_curia/secretariat_state/documents/rc_seg-st_doc_20020508_sodano-pompei_it.html

[PVI] Paolo VI, Discorso ai membri del Pontificio Seminario Lombardo, 7 dicembre 1968.

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