La Giustizia e la giustizia

di Guido Verna

25 novembre 2001

 

Il senso comune — che in una società non malformata coincide con il “buon” senso — ricorda a “uno del popolo” come me che esistono la Giustizia, la Magistratura — cioè l’insieme dei magistrati — e la giustizia.

Esistono, cioè, come in ogni attività umana, il Fine ultimo, lo strumento utilizzato per conseguirlo e il fine invece con esso raggiunto: lo scarto tra il Fine ultimo e quello raggiunto è proprio anzitutto della imperfezione della natura dell’uomo, alla quale può aggiungersi in sovrappiù la malizia o la malafede di  “quell’uomo”.

Nel faticoso e irraggiungibile — almeno nella vita  storica — passaggio dalla minuscola alla maiuscola, anche  nella giustizia si annidano — sommandosi — la lesione del peccato d’origine comune ad ogni uomo e le eventuali lesioni prodotte dalla storia, dal carattere e dai “talenti” di “quel” magistrato.

In ogni segmento omogeneo di società  — ingegneri o metalmeccanici, medici o infermieri — i “talenti” di ognuno sono diversi ab origine e sono da ognuno impiegati diversamente nel proprio agire: in altre parole, in ogni contesto, ci sono infine uomini di “qualità” più o meno rilevante: anche nel contesto giudiziario, che non può fare eccezione a questa regola sociale verificata sempre e dovunque, a meno di un’autoconsiderazione “angelica”.

Questa lunga premessa di senso comune non ha lo scopo — nelle ricorrenti tensioni tra politici e magistrati — né di una difesa previa dei politici né tantomeno di una accusa altrettanto previa ai magistrati, non avendo “uno del popolo” come me né il bagaglio tecnico adeguato né le informazioni sufficienti.

Lo scopo è in fondo decisamente più piccolo: un modesto appello a riportare le suddette tensioni dentro al “quadro” descritto. Siamo un po’ stanchi, noi del popolo, — in presenza di un “attacco” politico ad “un” magistrato (o a un gruppo, fa lo stesso) — di sentir costantemente rispondere dagli “attaccati” che si tratta di un attacco non a “loro” bensì alla Magistratura; che così — usando il termine imposto dalla semantica politicamente corretta — la stessa viene “delegittimata”; che così la Giustizia (con la maiuscola) tende ad allontanarsi.

A noi del popolo piacerebbe, per esempio, — e lo leggeremmo, con entusiasmo pieno di speranza, come un segnale di “sfebbramento” del nostro corpo sociale — che i vertici dell’ANM qualche volta ricordassero — e si comportassero di conseguenza — di rappresentare non una schiera angelica, bensì una associazione di uomini, pur investiti di un compito e di una responsabilità straordinari, ma pur sempre uomini.

In questi giorni è stata emessa la sentenza di assoluzione degli ex dirigenti del Petrolchimico di Porto Marghera. Senza riportare i commenti di Casarini e del milieu politico-culturale che gli è vicino, mi limito a trascrivere due dichiarazioni di due Magistrati .

La prima (La Stampa, 3-11-01): «Mi pare chiarissimo. Questa è una sentenza che si  commenta da sola», firmato: il Pubblico Ministero Felice Casson; che, «uscendo dall’aula bunker in mezzo ai familiari e ai giovani manifestanti di Greenpeace e dei centri sociali», tra applausi e strette di mano, riteneva di dover aggiungere: «Io vado in mezzo alle persone con le quali sto bene».

La seconda (Corriere della Sera, 5/11/01), di Ivan Nelson Salvarani, presidente del Tribunale che ha emesso la sentenza, «tra i fondatori di Magistratura democratica» e «tra i candidati sindaci in pectore della sinistra veneziana»: «Una sentenza dev’essere credibile per quella che è. Certo, non va paragonata ad altre, e tanto meno deve avere a che fare con i precedenti del giudice».

Senza commenti. Chi dei due iscritti ha avuto un comportamento deontologicamente corretto? Casson, con le sue dichiarazioni e il suo comportamento, “delegittima” — e, nel caso, lo farebbe all’ennesima potenza, essendo uno di “dentro” e non uno di “fuori” — o no? Cosa dirà e cosa farà l’ANM?

Un’ultima osservazione: la speranza che i «precedenti del giudice» potessero, nella sentenza, «avere a che farci», non “legittima” questo timore anche in altre sentenze?

Bisogna quanto prima ritornare al “reale”: i giudici sono uomini come tutti gli altri, belli e brutti, buoni e cattivi, intelligenti più o meno: come in ogni contesto umano. Fortunatamente, per noi cattolici, c’è almeno una certezza: la Giustizia con la maiuscola, “dopo”, finalmente, la vedremo. Per ora, ci accontenteremmo solo di una minuscola, magari graficamente ben curata.

 

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