La Beata di oggi

21 agosto

 

Vittoria Rasoamanarivo

Principessa del Madagascar

1848-1894

 

“Santifichiamo anzitutto noi stessi, poi ci preoccuperemo di santificare gli altri”       

Vittoria Rasoamanarivo

 

 

Nell’immensa spianata Analamahitsy della capitale Tananarive, un anfiteatro naturale, oltre cinquecentomila persone sono accorse per ono­rare la loro principessa. Il 29 aprile 1989, Giovanni Polo II eleva agli onori degli altari la prima donna dell’Isola Rossa. Fulgido esempio di donna sposata, fedele fino in fondo ai suoi impegni nel matrimonio e nella sua condizione sociale.

Vittoria Rasoamanarivo

nasce in data incerta nel 1848 a Tananarive da una delle più potenti famiglie del Madagascar, quella degli Hova. Per oltre sessant’anni il padre e due fratelli della madre di Vittoria, Rambohinoro, ricoprono l’incarico di primo mini­stro, mentre nel Paese si succedono quattro regine e un re. Del padre di Vittoria, Rainiandriantsilavo, si sa poco. Secondo le usanze del Paese, la bambina è adottata dal fratello maggiore di suo padre, Raini­maharavo, comandante in capo dell’esercito malgascio, e riceve, specialmente dalla madre, un’ottima educazione mo­rale e segue la religione indigena dei suoi antenati.

La luce, la fortezza, la missione

Per l’istruzione è tra le prime ragazze iscritte alla scuola aperta dalla missione dei Gesuiti, affiancati dalle Suore della Congrega­zione di S. Giuseppe di Cluny. Toccata profondamente dall’insegnamento e dall’esempio della vita dei Padri e delle Suore, la tredi­cenne chiede di farsi cristiana. È Battezzata il 1° novembre 1863, con il nome di Vittoria, presagio delle molte lotte che dovrà sostenere a causa della sua fede e del suo amore per la Chiesa cattolica.

Infatti Vittoria si trova in un periodo tutt’altro che tranquillo. La Missione cattolica, a causa della nazionalità dei missionari, è a torto identificata con gli interessi coloniali della Francia e in vari momenti è perseguitata. Nel 1863 viene perfino ucciso il re Radama II, ritenuto troppo amico della Francia.

Il padre adottivo e i familiari si adoperano energicamente affinché Vittoria rinneghi la fede e aderisca piuttosto alla Chiesa anglicana che in quell’epo­ca, per motivi politici, è fortemente protetta dal governo. Vittoria però non cede a promesse né minacce, né alle pene corporali che le vengono inflitte. Alla fine, i parenti devono arrendersi alla sua fortezza e fedeltà. Vittoria vorrebbe farsi religiosa. Ma i missionari stessi giudicano che in queste circostanze sarebbe un’imprudenza e le indicano la sua missione nell’ambito della famiglia e della corte reale che ella deve fre­quentare quotidianamente.

Il matrimonio

Le viene scelto uno sposo dagli stessi parenti, come vogliono le usanze, il giovane Radriaka, alto ufficiale dell’esercito e figlio del primo ministro. Vittoria insiste perché le nozze siano celebrate alla presenza di un sacer­dote cattolico. Ciò avviene il 13 maggio 1864.

Il matrimonio sarà un vero e proprio martirio: il marito è dissoluto, schiavo dell’alcool e delle passioni, un vero scandalo pubblico. La    prova è grande e lei subisce forti pressioni da tutta la sua famiglia, dalla Regina e dal padre stesso del marito perché lo lasci, ma lei non accetta di mettere in discussione l’impegno sigillato davanti a Dio. Pensa anche alle gravi conseguenze che avrebbe un tale gesto per la religione cattolica nell’opinione pubblica.

Resiste  eroicamente, nel desiderio ardente che il marito si volga verso il Signore e si converta. Con il sostegno della grazia, rispetta lo sposo e gli conserva il suo amore fino alla morte di lui (1887). Alla fine riceve la consolazione: il marito accetta il Battesimo.

Padre e madre

La sua vita cristiana esemplare e la grande nobiltà nelle tante umiliazioni le conquistano presto la stima incondi­zionata della corte e di tutto il popolo. Ciò sarà provvidenziale nel periodo di espulsione dei missiona­ri cattolici (1883-1886). I cattolici sono accusati frequentemente di essere traditori delle usanze malgasce e del Paese. Vittoria continua a professare la sua fede nella maniera più aperta possibile e si fa protettrice della Chiesa, insistendo anche in pubblico e presso le au­torità perché le chiese e le scuole cattoliche rimangano aperte. Percorre i villaggi più lontani per incoraggiare i cattolici e man­da ovunque messaggi di sostegno e di aiuto. La sua grande autorità morale le permette di mantenere le promesse: in difesa dei loro diritti, intercede continuamente presso la regina e il potente primo ministro. Si fa – secon­do l’espressione malgascia – «Padre e Madre» dei cattolici ed è la colonna sulla quale poggia la Chiesa, privata dei suoi pastori. Quando i missionari, nel 1886, possono finalmente ritornare trovano una comunità vigorosa e fiorente, per merito, soprattutto, dell’attività di Vittoria Rasoamanarivo.

 Il vero segreto

Vittoria ha messo in campo la sua altissima posizione nella società malgascia e la sua fortezza d’animo, nonché le singolari qualità organizzative. Pur tuttavia il segreto ultimo del­la straordinaria efficacia dell’attività di questa donna si trova nella sua vita spirituale. «Giungeva a trascorrere in chiesa anche sei o sette ore al gior­no», scrive Paolo Molinari S.I. «Ogni momento libero fino a notte inoltrata veniva da lei dedicato all’orazione». Anche nelle sue innumerevoli opere di carità in favore dei poveri ed abbandonati, dei prigionieri e dei lebbrosi, come pure nel governo della sua grande casa, vive un’intensa vita di unione con il Signore, che è sempre l’unico suo fine e l’unica norma di ogni sua attività.

La sua azione

testimonia che la sua non è una pietà chiusa in se stessa. Non si accontenta di donare, ma va incontro ai poveri, agli ammalati o ai prigionieri a testimoniare loro tutto l’amore di cui è capace, e lo fa con umiltà, dimenticando il suo rango sociale privilegiato.

Cristiana malgascia

Cristiana nella sua casa, cristiana nell’ambiente della corte di cui fa parte, attiva nel movimento delle Figlie di Maria, Vittoria si trova pronta ad assumere delle responsabilità eccezionali. Di lei impressiona la gioia interiore, la fiducia ottimista, anche nei momenti più inquietanti. Vittoria non si stacca mai dai legami ancestrali di solidarietà molto forti nel suo popolo. Anzi l’intimità con Cristo e i doni della grazia esaltano le sue virtù umane e la conducono a unire meravigliosamente i valori della tradizione e della cultura malgasce con la luce del Vangelo.

Nell’intensa vita di preghiera e di carità sopporta con grande pazienza varie malat­tie, che ai santi non mancano mai. Muore il 21 agosto 1894 all’età di quaranta­sei anni, tra il pianto generale del popolo malgascio.

 Fama di santità e processo canonico

Contrariamente alla sua volontà, ella viene trionfalmente sepolta nel mauso­leo dei suoi antenati, e la tomba rimane inaccessibile alla sua gente, che la considera una vera santa. È noto che la devozione dei fedeli verso tali persone suole concentrarsi proprio sulla tomba, ove esse sono sepolte. Ma, come risulta dalle te­stimonianze, per i malgasci cattolici dei primi tempi si tratta di un’esperienza nuova. Così, per varie circostanze, il processo per la beatificazione si può aprire solo il 14 gennaio 1932. Nella beatificazione il suo popolo può finalmente manifestare la stima e l’affetto verso la sua principessa e raccogliersi in preghiera davanti alla sua immagine.

«Sono felice di aver potuto celebrare con voi la beatificazione di una figlia del vostro nobile popolo malgascio, che è stata “colonna e fondamento” per i suoi fratelli e sorelle».               (San Giovanni Paolo II)

 

 

 

 

 

 

 

Per saperne di più: www.Beati e Santi di Giovanni Paolo II – IGW-Resch

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