di Guido Verna
«Gaude, Mater Hungaria »
Beato Giovanni Paolo II, Udienza Generale, 28-08-1991
- Il Santuario di Mariazell tra Pöcking e Vienna
- Giovanni Paolo II a Mariazell: per Maria e per l’ “ospite”
- Le lezioni di Dottrina Sociale dalle Memorie del Cardinale
- Noi, pellegrini a Mariazell: le lampade a olio e la promessa
- Il cero pasquale di Budapest, nella cattedrale di Santo Stefano
- Esztergom: il premio per la promessa adempiuta
- La via Pal, la via che non c’è più, e la Corona sacra che è tornata a “vivere”
- Buda e la collina dell’Incoronazione
- Le patrie del beato Carlo
- Infine, nella Cripta dei Cappuccini… ma il cuore a Pannonhalma.
- Tout se tient
1.Il Santuario di Mariazell tra Pöcking e Vienna

il Santuario di Mariazell (AustriaSantuario di Mariazell tra Pöcking e Vienna
L’ultimo viaggio di Otto d’Asburgo da Pöcking a Vienna, dalla sua dimora alla cripta dei Cappuccini, ha previsto una sosta intermedia a Mariazell, per una funzione funebre nel più importante Santuario mariano dell’Austria, nella basilica fondata dai Benedettini, dove si venera da più di otto secoli la statuetta di legno di tiglio della Madonna col Bambino, intorno alla quale, il 21 dicembre del 1157, il monaco Magnus costruì la sua “zell” (cella).
La “sosta” avrà fatto molto piacere anche al regnante pontefice Benedetto XVI, per il quale «Mariazell è molto più di un “luogo”: è l’attualizzazione della storia viva di un pellegrinaggio di fede e di preghiera nei secoli» [BXVI] e verso cui nutre un sentimento particolarissimo se ancora arriva a dire: «Secondo ogni probabilità, in questa vita non riuscirò più a recarmici in pellegrinaggio fisicamente, ma ora lì ci vivo veramente ed in questo senso lì sono sempre presente. E nelle passeggiate che faccio nei paesaggi dei ricordi, torno sempre a fare una sosta a Mariazell, proprio anche perché sento come la Madre, lì, ci viene incontro e ci riunisce tutti» [ibidem].
Ma se si è trattato di una “sosta” straordinariamente evocativa in assoluto, essa ha avuto però anche un piccolo risvolto personale: ha fatto riemergere dalle nebbie del tempo molti ricordi, fra i quali anzitutto un pellegrinaggio fatto insieme a mia moglie in quello stesso santuario nel 1985 e originato da un motivo “specifico”, di carattere generale e non familiare, che può essere non inutile ricordare.
2. Giovanni Paolo II a Mariazell: per Maria e per l’ “ospite”
Era l’epoca del comunismo sfolgorante e apparentemente invincibile, anche in Italia, quando il rosso sembrava aver mangiato il bianco e il verde della nostra bandiera. Era tanto forte da permettersi, in quell’anno, anche un nuovo look, con il volto “buono” di Gorbaciov, con le sue qualità “liberali” cantate in coro dai Gorki occidentali: finalmente dall’Est arrivava l’“uomo nuovo”. Ma il vero “uomo nuovo” era già venuto dall’Est, da otto anni ormai, e si chiamava Karol Woityla.
E nel 1983, cioè due anni prima dell’insediamento di Gorbaciov, quest’ “uomo nuovo“— vestito ormai di bianco e col nome per sempre cambiato in Giovanni Paolo II — era voluto andare pellegrino al Santuario di Mariazell, per inginocchiarsi davanti alla Madonna col Bambino venerata non solo come Magna Mater Austriae ma anche come Mater gentium Slavorum e Magna Hungarorum Domina, gli stessi titoli che poi — nell’Angelus del 15 gennaio 1989, agli albori dell’anno “fatale” dell’abbattimento del Muro — ritenne di dover magnificare ancora, quando volle ritornare «[…] in spirituale pellegrinaggio tra le montagne e le vallate della Stiria»[GPII].
Nel 1983, aveva desiderato pregare “da vicino” e intensamente “quella” Madonna per la libertà del “suo” Est. Ero certo, però, che, se questo era il motivo fondamentale, ce n’era tuttavia anche un altro, meno evidente ma di altrettanta intensità emotiva: perché lì c’era sepolto “qualcuno” che, in questa prospettiva di libertà, gli avrebbe senz’altro dato una formidabile mano, una mano forte, vigorosa, virile come il suo portamento e il suo carattere.
Lì, infatti, riposava nella sua tomba provvisoria l’indomito Primate d’Ungheria, il cardinale József Mindszenty, morto nel 1975 nell’esilio “coatto” di Vienna, mentre nella sua patria era ancora pesantemente vigente lo spietato regime comunista che egli tanto aveva combattuto e che tanto lo aveva fatto soffrire.
Lì, nella Ladislauskapelle, a sinistra della navata, in prossimità dell’altare principale, il Cardinale aveva stabilito che il suo corpo riposasse fino a che la sua Patria non fosse tornata libera, quando, finalmente, avrebbe potuto tornare nella sua Estzergom e rimanerci per sempre.
3.Le lezioni di Dottrina Sociale dalle Memorie del Cardinale
I cattolici senza aggettivi “specificativi” della mia generazione avevano voluto — e volevano ancora e vorranno sempre — molto bene al Cardinale, che — se pure a prima vista “vinto” — aveva dimostrato come, con il coraggio della Verità, dopo il “bruno” nazionalsocialista anche il “rosso” socialcomunista potesse essere arginato, alimentando così ancor di più la speranza accesa e tenuta viva da Fatima per cui anche quest’ultima variazione cromatica del socialismo potesse essere respinta e addirittura sconfitta.
Il Cardinale era una figura assolutamente esemplare, che un personaggio altrettanto grande ed esemplare come padre Werenfried van Straaten — il mitico padre Lardo, il fondatore nel 1947 di quella straordinaria macchina della carità che è L’Aiuto alla Chiesa che soffre, da lui stesso consacrata, nel ’67, alla Madonna di Fatima — descriveva così: «Egli soffrì soprattutto per la decisione di Paolo VI, a lui incomprensibile, di dichiarare vacante la sede arcivescovile di Esztergom nella speranza di alleviare così le sofferenze della Chiesa perseguitata in Ungheria. Il fatto che egli non si sia ribellato a questa decisione, ma abbia accettato la croce impostagli da colui dal quale mai se la sarebbe aspettata, dal punto di vista della fede fu il coronamento della sua vita eroica. Il suo destino amaro ci ricorda che tutti gli sforzi per salvare la Chiesa minacciata rimangono sterili senza la silenziosa Via Crucis di martiri ignorati e le suppliche di oranti sconosciuti. Da costoro la Chiesa attinge sempre nuova forza vitale. Cosi, quel che accadde al Cardinale, si manifesterà un giorno come la vittoria della Croce. Ecco perché il Signore lo ha permesso» [WVS].
Del Cardinale avevamo letto con affetto e passione, nel 1975 — purtroppo, anche l’anno della sua morte —, le Memorie, che una coraggiosa casa editrice, infrangendo la cappa di omertà che gravava sull’Italia di allora, aveva avuto l’“ardire” di pubblicare.
In più, per chi come noi si occupava tematicamente di Dottrina sociale della Chiesa — soffocata dalla “scelta religiosa” dei “cattolici adulti” di allora insediati ai vertici dell’Azione Cattolica — era un sollievo e un incoraggiamento straordinario poter leggere pensieri come questi: «Dove vivono cittadini timorati di Dio là si osserva la legge; dove si osserva la legge là l’ordine interno è assicurato; dove l’ordine interno è assicurato là lo Stato è forte. Chi è in grado di moderare gli uomini meglio della religione, che mantiene l’ordine non con mezzi esterni e incutendo timore, bensì insegnando a sorvegliare e a dominare gli istinti e le passioni? Difendere e assicurare perciò i nostri diritti necessari a una vita cattolica nella Chiesa, che è il luogo santo della vostra unione con Dio; nella scuola, che è una educatrice importantissima dei vostri figli; nella società, che determina l’ordine esteriore e l’ambito della vostra vita» [dalla lettera pastorale comune dei vescovi ungheresi, stesa da József Mindszenty su incarico del presidente József Grösz, maggio 1945, in JMI, pp.44-45].
O come questi: «Un detto molto citato suona così: “La religione è una faccenda privata”. Il 20 ottobre 1946 presi posizione nei suoi riguardi a Pécs: “Portare i capelli a spazzola o con la riga, mangiar carne o essere vegetariani, può essere una faccenda privata. Sono cose che non toccano gli altri e la società. Ma per lo Stato non è più una faccenda privata se nel mio giardino ho più di duecento piante di tabacco e se distillo vinacce e susine con o senza l’autorizzazione della finanza. Io penso che per la società sia almeno altrettanto importante se uno ammette l’esistenza di Dio e di un’anima immortale; se riconosce l’esistenza di una relazione tra i due; se riconosce l’esistenza del prossimo o pensa che noi siamo soltanto un branco di lupi ululanti. Chi vuole accantonare la religione nella vita pubblica, mira in realtà a imporre la propria vita privata piuttosto povera di valori. Non c’è quindi motivo perché non si debbano proclamare al di fuori delle mura delle chiese comandamenti come quelli che dicono di non uccidere, di non fornicare, di non dire il falso e di non calunniare. La pertinenza del detto sopra citato, così come la bontà di qualsiasi albero, si misura dai suoi frutti. Dove la religione è una faccenda privata, la vita viene soffocata nella corruzione, nel peccato e nelle atrocità». [JMI, p.114]
O, ancora come questi: «[…] imparai tempestivamente a conoscere quale nemico della Chiesa si parava davanti a noi e quante cose terribili ci aspettavano. “Ogni concetto di Dio è una viltà innominabile, un esecrabile autoinsulto”, aveva scritto Lenin a Gorki, affermando chiaramente che i comunisti si proponevano come programma di diffondere l’ateismo. Come essi combattono l’individuo e la proprietà privata, così cercano di trasformare nel senso da loro voluto la famiglia e il matrimonio, eliminando l’opposizione, anche se il modo di perseguitare i cristiani di Stalin è un pò diverso da quello di Nerone, di Giuliano l’apostata e delle rivoluzioni. Uno degli slogan comunisti suona infatti così: “Noi non togliamo le chiese al popolo ma il popolo alle chiese”. Questi studi storici mi avevano insegnato a tempo che i compromessi con un tal nemico avevano giovato quasi sempre a lui. […] I castelli e le fortezze cadono ma la Chiesa, pur con tutta la sua debolezza umana, non andrà mai a fondo. Il sangue dei martiri è stato sempre seme da cui la Chiesa spunta per andare incontro al suo mattino di Pasqua». [JMI, p.35].
Chi credeva in Fatima, non poteva, avendone la possibilità, non andare a Mariazell.
6 agosto 2011, Trasfigurazione del Signore
(continua il 1 agosto 2018)
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[BXVI] Benedetto XVI, Parole pronunciate in occasione del conferimento al Santo Padre della Cittadinanza Onoraria di Mariazell, 21 gennaio 2009, in
[GPII] Giovanni Paolo II, Angelus, domenica 15 gennaio 1989, in
http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/angelus/1989/documents/hf_jp-ii_ang_19890115_it.html
[WVS] Werenfried van Straaten, o. prem., in Kevin Gran, L’intrepido Pastore Card. Joseph Mindszenty, estratto da L’eco dell’amore, n. 5, luglio 1986, Introduzione.
[JMI] József Mindszenty, Memorie, Rusconi editore, Milano 1975.
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