di Franco Maestrelli

“I salmoni dopo un periodo di permanenza in mare affrontano una migrazione fino all’alto corso dei fiumi, dove si riprodurranno nel luogo dove sono nati, che riconoscono grazie alla memoria della migrazione di ritorno al mare. Per raggiungere quel luogo devono affrontare un faticoso percorso, nuotando con una forte corrente contraria, spinti da irrefrenabile istinto al loro fiume nativo.”

Come salmoni in un torrente, secondo romanzo di Susanna Manzin, attraverso una trama apparentemente semplice, quasi da fiction televisiva, affronta temi d’attualità, il disagio giovanile, l’assenza della figura paterna, il dramma psicologico del post aborto.

Il personaggio principale del libro è infatti il padre Riccardo. Sposato con Marianna, l’aiuta nella gestione di un agriturismo. Ha due figli in età adolescenziale e alle prese con i problemi di quell’età, soprattutto la figlia maggiore. La vita sembra scorrere nella tranquilla quotidianità quando l’ingresso di un personaggio porta scompiglio nelle vite di tutti i personaggi.

Giunge infatti inaspettata e ribelle la diciannovenne Greta. Nel precedente romanzo di Susanna Manzin Il destino del fuco, che verte tutto sulle conseguenze dell’inseminazione artificiale, Greta giunta per la prima volta all’agriturismo insieme alla madre single scopre con sgomento che è nata attraverso quella pratica e che il padre naturale è proprio Riccardo il gestore dell’agriturismo che da giovane studente, a fini di lucro, donava senza molti pensieri il proprio seme in una clinica specializzata. Per il caso del destino, come si confà a ogni romanzo, alla stessa scoperta giunge anche il giovane Lodovico ospite assieme al padre divorziato.

La scoperta della consanguineità di ben tre personaggi del romanzo innescherà una serie di problemi e reazioni che sconvolgeranno la tranquilla vita dell’agriturismo e della famiglia che lo abita.

Nel secondo romanzo il tema della fecondazione artificiale resta sullo sfondo e si portano in primo piano invece il ritrovamento della figura del padre da parte della giovane ribelle Greta e il dramma psicologico della donna che ha provato l’esperienza dell’aborto.

Non è il caso di raccontare le trame dei due romanzi per non togliere il piacere della lettura: è sufficiente dire che attraverso le vicende di tutti i protagonisti si affrontano i temi d’attualità della fecondazione artificiale e delle sue imprevedibili conseguenze e dei problemi della fragilità dei giovani d’oggi privati della figura paterna. Come dice lo psicologo Claudio Risè “Non c’è cammino, non c’è Esodo che porti fuori dalla prigionia della sofferenza e del amale se non c’è un Padre che a quel viaggio presieda e consenta”.

La scelta della forma narrativa consente di raggiungere anche i lettori che, pur interessati al dibattito, non se la sentono di affrontare ponderosi saggi o partecipare a convegni e conferenze, ma limitano le loro scelte alla narrativa da leggere magari in treno o sotto l’ombrellone. L’opinione pubblica infatti è condizionata anche dalle idee veicolate dai romanzi. Basti ricordare il notevole impatto che ebbero sulla società ottocentesca le opere  della nostra letteratura romantica. Apprezzabile quindi questo tentativo di affrontare temi etici in discussione con una forma “leggera”, con un’esemplificazione di casi concreti, inventati e apparentemente poco realistici ma che, a uno sguardo più approfondito, potrebbero benissimo essere tratti dalla cronaca e dall’esperienza quotidiana. Si aggiunge poi che Susanna Manzin, curatrice del blog “Pane & focolare”, e autrice di un libro con lo stesso titolo che trattano della cultura della tavola orientata alla bellezza e alla valorizzazione dei valori famigliari e sociali connessi con il mondo del cibo e del vino, utilizza nei suoi romanzi ripetuti riferimenti al mondo dell’enogastronomia e alla cura dell’apparecchiare la tavola rendendo ancor più gradevole la lettura in un’epoca in cui siamo “assediati” da rubriche televisive di cucina e vari Masterchef.

Se il titolo del primo romanzo Il destino del fuco evidenzia chiaramente il ruolo del protagonista, per cogliere il senso del titolo del secondo libro occorre riportare la bella frase dello stesso protagonista alla fine del libro: “Ci piacerebbe nuotare tranquilli nel grande mare della vita, ma ad un certo punto siamo costretti a nuotare controcorrente, a faticare lungo le rapide del fiume, tra pericoli e forze contrarie. Per andare dove? Dove ci sono le nostre origini, le nostre radici. Solo lì troveremo il senso della nostra vita, solo lì potremo lasciare traccia feconda della nostra esistenza. Ci muove un istinto irrefrenabile, verso le nostre origini.”

In conclusione due romanzi che vanno controcorrente rispetto al politicamente corretto per cui la fecondazione artificiale e l’assenza del padre o il ricorso all’aborto rappresentano una conquista di civiltà da non mettere in discussione senza preoccuparsi dei drammi che tali scelte causano alla persona concreta e alla famiglia sempre più sotto attacco.

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